Monthly Archives: Giugno 2013

Suicidi, casa e povertà: Rapporto sui Diritti Globali 2103

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Diritti globali 2013

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Diritti globali, 2013. Sotto “i riflettori” allarme suicidi, emergenza casa, maggiore povertà

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”Sono 121 le persone che tra il 2012 e i primi tre mesi del 2013 si sono tolte la vita per cause direttamente legate al deterioramento delle condizioni economiche personali o aziendali: nel 2012 i suicidi sono stati 89, mentre nei primi tre mesi del 2013 32, il 40% in piu’ rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”.
Ad affermarlo è Sergio Segio, nel Rapporto sui Diritti globali 2013, presentato oggi a Roma.

Segio durante la presentaizone del rapporto cita una ricerca della Link Campus University, che rileva come ”la precaria situazione economica personale avrebbe determinato il 49,4% di questi decessi, la perdita del posto di lavoro il 28,1%, i debiti con l’erario il 14,6% e il ritardo nei pagamenti da parte dei committenti il 7,9%. Il 30% delle persone che si sono tolte la vita viveva nel nord-est, il 13,9% nel nord-ovest, il 25,8% nel centro, il 14,6% al sud e il 15,7% nelle isole”.

”Al di la’ delle fonti, del rigore e della completezza o meno dei dati – osserva Segio – e pur assumendo che la comparazione con le cifre dell’Istat mostrerebbe in realta’ un decremento rispetto al 2007-2009 (”numero oscuro” a parte), indubbiamente il fenomeno e’ rilevante e dovrebbe preoccupare”.

“In attesa di un nuovo modello di sviluppo e di una reale riconversione ecologica dell’economia”, il dibattito – aggiunge critico Segio- e’ incentrato sulle risposte alla crisi in termini di rigore e tagli alla spesa: sbagliare i calcoli o enfatizzare una teoria zoppicante, per giustificare drastiche politiche di sacrifici e tagli vigorosi a spesa pubblica e Stato sociale, produce un effetto di ‘condanna a morte per i piu’ poveri’. Eppure – conclude – nessuno se ne sente responsabile e a nessuno ne viene chiesto conto”.

Sulla questione casa non si può non parlare di ”emergenza nazionale”: “L’Italia – è chiaro da quanto emerge nel rapporto – investe in diritto alla casa lo 0,1% della spesa sociale, contro la media Ue27 del 2%, e ha tagliato del 95%, in 10 anni, il fondo che sostiene l’affitto (da 360 milioni di euro a 9,8 milioni). Cosi’ dei 290 mila sfratti emessi negli ultimi cinque anni, ben 240 mila sono per morosita’, con la previsione di un incremento di 150 mila nel prossimo triennio.

A subire gli sfratti – sottolinea il Rapporto – sono per il 21% giovani precari under 35, che nell’ultimo biennio non hanno lavorato, per il 26% famiglie numerose migranti a reddito basso e per il 38% anziani, che vivono da soli. Quelli che hanno perso il lavoro sono nel complesso il 32%, mentre il 60% delle famiglie sotto sfratto ha figli minori.

In generale, in Europa, a causa della poverta’, osserva il documento, ”aumentano le famiglie e le persone costrette a vivere in strada”; in contemporanea ”cresce anche la repressione che Stati e citta’ attuano contro di loro”. Gli homeless in Italia sono stimati in circa 50 mila, vivono soprattutto a nord-ovest (38,8%), sono maschi (86,9%), relativamente giovani (il 57,8% ha meno di 45 anni) e con basso livello di istruzione (65%).

Aumentano in Italia le persone a rischio poverta’ e cresce la deprivazione materiale (+4,3% dal 2010 al 2011). Nei primi nove mesi del 2012 le famiglie indebitate sono passate dal 2,3% al 6,5% e il paese ha speso poco piu’ dell’1% del Pil per i nuclei con minori (2,2% dato Ocse). Nel triennio 2010-2012 il welfare e’ stato la ”vera vittima sacrificale dell’economia italiana”.

A partire dal 2012 a pagare i tagli in modo incisivo – rileva il Rapporto – sono stati i trasferimenti agli enti locali e dunque il welfare (meno 2,2 miliardi nel 2013). Nel 2010-2011 i bambini di eta’ 0-2 anni che hanno la possibilita’ di frequentare un servizio pubblico per l’infanzia non superano l’11,8% (solo +3% sul 2004).

La cooperazione (sociale e non) tra il 2007 e il 2011 ha visto crescere l’occupazione dell’8% (mentre il mercato del lavoro perdeva l’1,2% e le imprese profit il 2,3%): la cooperazione sociale e’ stata il settore trainante, con +17,3% lavoratori, ma rimane ”inchiodata a gare al ribasso e pagamenti pubblici in grave ritardo: alla fine del 2012 il credito dagli enti pubblici si aggira sui 6 miliardi di euro”.

L’impoverimento degli italiani cresce a ritmi sostenuti: il 60,6% afferma di essere costretto a metter mano ai propri risparmi per arrivare a fine mese, il 62,8% ha grandi difficolta’ ad arrivarci e quasi l’80% non riesce ad accantonare un euro. Aumenta inoltre il denaro che gli italiani devono sborsare di tasca propria per le spese sanitarie: nel 2011 raggiunge i 2,8 miliardi, l’1,76% del Pil e il 17,8% di tutta la spesa.

”Il peso della crisi non e’ ‘democratico’: il quinto piu’ povero degli italiani ha l’8% del reddito totale, mentre il quinto piu’ ricco ne detiene il 37,4%, in area euro siamo tra i piu’ diseguali: peggio di noi solo Grecia, Spagna e Portogallo”. Per questo secondo il rapporto serve ”un’altra economia, con tre pilastri: sostenibilita’ sociale e ambientale, i diritti di cittadinanza, del lavoro, del welfare, e la conoscenza come base di un sistema di istruzione e di formazione che porti innovazione e qualita”. Occorre inoltre uno ”sviluppo basato sulla riduzione delle diseguaglianze” e ”il rilancio del reddito di cittadinanza”.

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Fonte: controlacrisi

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Vittoria! Espulso Borghezio dal Parlamento Europeo

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Borghezio

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BORGHEZIO ESPULSO! VITTORIA DEI 130MILA FIRMATARI DELLA PETIZIONE

“Abbiamo appreso che il gruppo parlamentare degli “euroscettici” Efd ufficializzerà “da oggi” l’espulsione di Mario Borghezio. E’ la notizia che aspettavamo dopo aver consegnato due settimane fa a Strasburgo al presidente del Parlamento europeo e ai presidenti dei principali gruppi le 130mila firme raccolte sul sito Change.org in cui chiedevamo le dimissioni dell’eurodeputato del Carroccio per le affermazioni razziste rivolte nei confronti del ministro all’Integrazione Cecile Kyenge”. Lo afferma Stefano Corradino, direttore di Articolo21 e autore della petizione. “A Strasburgo il presidente Schulz e i parlamentari di schieramenti diversi ci avevano manifestato con parole nette e una dichiarazione congiunta, la loro presa di distanza comune dalle parole dell’esponente del Carroccio. E questo era l’esito che attendevamo. L’espulsione di Borghezio non è una vittoria di Articolo21 e Change.org ma di oltre 130mila cittadini che con la loro firma hanno detto chiaramente che nessun atteggiamento razzista può essere consentito in un consesso così importante come quello del Parlamento europeo”.

3 giugno 2013

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Fonte: articolo 21

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Lettera da Istanbul: da Gezi Park al mondo

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Turchia

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Si protesta per fermare la demolizione di qualcosa di più grande di un parco: il diritto a vivere in democrazia. La città si stringe solidale contro il governo.

“Ai miei amici che vivono fuori dalla Turchia: scrivo per farvi sapere cosa sta succedendo a Istanbul da cinque giorni. Personalmente sento di dover scrivere perché la maggior parte della stampa è stata messa sotto silenzio dal governo e il passaparola e internet sono i soli mezzi che ci restano per raccontare e chiedere sostegno.

Quattro giorni fa un gruppo di persone non appartenenti a nessuna specifica organizzazione o ideologia si sono ritrovate nel parco Gezi di Istanbul. Tra loro c’erano molti miei amici e miei studenti. Il loro obiettivo era semplice: evitare la demolizione del parco per la costruzione di un altro centro commerciale nel centro della città. Ci sono tantissimi centri commerciali a Istanbul, almeno uno in ogni quartiere. Il taglio degli alberi sarebbe dovuto cominciare giovedì mattina. La gente è andata al parco con le coperte, i libri e i bambini. Hanno messo su delle tende e passato la notte sotto gli alberi. La mattina presto quando i bulldozer hanno iniziato a radere al suolo alberi secolari, la gente si e’ messa di mezzo per fermare l’operazione.

Non hanno fatto altro che restare in piedi di fronte alle macchine. Nessun giornale né emittente televisiva era lì per raccontare la protesta. Un blackout informativo totale. Ma la polizia è attivata con i cannoni d’acqua e lo spray al peperoncino. Hanno spinto la folla fuori dal parco.

Nel pomeriggio il numero di manifestanti si è moltiplicato. Così anche il numero di poliziotti, mentre il governo locale di Istanbul chiudeva tutte le vie d’accesso a piazza Taksim, dove si trova il parco Gezi. La metro è stata chiusa, i treni cancellati, le strade bloccate. Ma sempre più gente ha raggiunto a piedi il centro della città. Sono arrivati da tutta Istanbul. Sono giunti da diversi background, da diverse ideologie, da diverse religioni. Si sono ritrovati per fermare la demolizione di qualcosa di più grande di un parco: il diritto a vivere dignitosamente come cittadini di questo Paese.

Hanno marciato. La polizia li ha respinti con spray al peperoncino e gas lacrimogeni e ha guidato i tank contro la folla che offriva ai poliziotti cibo. Due giovani sono stati colpiti dai tank e sono stati uccisi. Un’altra giovane donna, una mia amica, è stata colpita alla testa da uno dei candelotti lacrimogeni. La polizia li lanciava in mezzo alla folla. Dopo tre ore di operazione chirurgica, è ancora in terapia intensiva in condizioni critiche. Mentre scrivo, non so ancora se ce la farà. Questo post è per lei.

Nessun agenda nascosta
Queste persone sono miei amici. Sono i miei studenti, i miei familiari. Non hanno “un’agenda nascosta”, come dice lo Stato. La loro agenda è là fuori, è chiara. L’intero Paese viene venduto alle corporazioni dal governo, per la costruzione di centri commerciali, condominii di lusso, autostrade, dighe e impianti nucleari. Il governo cerca (e quando è necessario, crea) ogni scusa per attaccare la Siria contro la volontà del suo popolo.

E, ancora più importante, il controllo del governo sulle vite personali della sua gente è diventato insopportabile. Lo Stato, dietro la sua agenda conservatrice, ha approvato molte leggi e regolamenti sull’aborto, il parto cesareo, la vendita e l’utilizzo di alcol e anche il colore del rossetto delle hostess delle compagnie aeree.

La gente che sta marciando verso il centro di Istanbul chiede il diritto a vivere liberamente e a ottenere giustizia, protezione e rispetto dallo Stato. Chiede di essere coinvolta nel processo decisionale della città in cui vive. Quello che invece ha ricevuto è violenza e un enorme numero di gas lacrimogeni lanciati dritti in faccia. Tre persone hanno perso la vista.

Eppure continuano a marciare. Centinaia di migliaia si stanno unendo. Duemila persone sono passate sul ponte del Bosforo a piedi per sostenere la gente di Taksim. Nessun giornale né tv era lì a raccontare cosa accadeva. Erano occupati con le notizie su Miss Turchia e “il gatto più strano del mondo”. La polizia ha continuato con la repressione, spruzzando spray al peperoncino tanto da uccidere cani e gatti randagi.

Scuole, ospedali e anche hotel a cinque stelle intorno a piazza Taksim hanno aperto le porte ai feriti. I dottori hanno riempito le classi e le camere di albergo per dare primo soccorso. Alcuni poliziotti si sono rifiutati di spruzzare lo spray e lanciare lacrimogeni contro persone innocenti e hanno smesso di lavorare. Intorno alla piazza hanno posto dei disturbatori per impedire la connessione internet e i network 3G sono stati bloccati. I residenti e i negozi della zona hanno dato alla gente in strada accesso alle loro reti wireless, i ristoranti hanno offerto cibo e bevande gratis.

La gente di Ankara e Izmir si è ritrovata nelle strade per sostenere la resistenza di Istanbul. I media mainstream continuano a raccontare di Miss Turchia e del “gatto più strano del mondo”.

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Scrivo questa lettera così che possiate sapere cosa succede a Istanbul. I mass media non ve lo diranno. Almeno non nel mio Paese. Per favore postate più articoli possibile su internet e fatelo sapere al mondo.

Mentre pubblicavo articoli che spiegavano quanto sta avvenendo ad Istanbul sulla mia pagina Facebook la scorsa notte, qualcuno mi ha chiesto: “Cosa speri di ottenere lamentandoti del tuo Paese con gli stranieri?”. Questa lettera è la mia risposta.

Con il cosiddetto “lamentarmi” del mio Paese, io spero di ottenere:

Libertà di parola e espressione,

Rispetto per i diritti umani,

Controllo sulle decisione che riguardano il mio corpo,

Diritto a radunarsi legalmente in qualsiasi parte della città senza essere considerato un terrorista.

Ma soprattutto dicendolo al mondo, ai miei amici che vivono nel resto del globo, spero di aprire i loro occhi, di aver sostegno e aiuto.”

da Istanbul
Sumandef Hakkinda

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Fonte:  Informare ControInformando News  (Facebook)

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