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Ancora una volta la guerra è in prima serata e il ruolo del giornalismo è tabù

John Pilger

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di John Pilger

1° dicembre 2011

Il 22 maggio 2007, la prima pagina del Guardian annunciava: “Il piano segreto dell’Iran per l’offensiva di estate per costringere gli Stati Uniti a ad andarsene dall’Iraq.” L’autore dell’articolo, Simon Tisdall, sosteneva che  l’Iran aveva piani segreti per sconfiggere le truppe americane in Iraq e questi comprendevano “creare dei  legami con elementi di al-Qaida”. L’imminente resa dei conti era un complotto iraniano per influenzare un voto al Congresso degli Stati Uniti. Basato interamente su informative di anonimi funzionari statunitensi, la “esclusiva” di Tisdall  è piena di  clamorose  storie di celle omicide” iraniane e di “azioni belliche quotidiane contro le forze statunitensi e britanniche”. Su 1200 parole del suo articolo ce ne erano soltanto 20 riguardanti la secca smentita  dell’Iran.

Era un mucchio di sciocchezze: in effetti era  un comunicato stampa del Pentagono presentato come pezzo giornalistico  che ricordava la famigerata      invenzione che giustificava la sanguinosa invasione dell’Iraq nel 2003. Tra le fonti di Tisdall c’erano “consiglieri importanti” del generale David Petraeus, il comandante militare statunitense che nel 2006 spiegava la sua strategia di intraprendere una “guerra di percezioni…..condotta continuamente per mezzo delle notizie fornite  dai mezzi di informazione”.

La guerra dei mezzi di informazione contro l’Iran è cominciata nel 1979 quando l’incaricato dell’Occidente Mohammad Reza Shah Pahlavi, un tiranno, è stato spodestato da una rivoluzione popolare islamica. La “perdita” dell’Iran, che quando regnava lo Scià era considerato il “quarto pilastro”  del controllo occidentale del Medio Oriente, non è stata mai perdonata a Washington e a Londra.

Il mese scorso, la prima pagina del Guardian recava un’altra “esclusiva”: “Il ministero della difesa  si prepara a prendere parte agli attacchi occidentali  contro l’Iran”. Ancora una volta si citavano funzionari anonimi. Questa volta il tema era la “minaccia” posta da un’arma nucleare iraniana. La più recente “prova” erano documenti riciclati presi da un computer portatile nel 2004 dallo spionaggio statunitense e passato all’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica. Numerose autorità  sollevato dubbi su queste contraffazioni sospette, compreso un ispettore capo di armi dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (International Atomic Energy Agency – IAEA).  Un dispaccio diplomatico statunitense diffuso  da WikiLeaks,  descrive il nuovo capo della IAEA, Yukiya Amano, come “solidamente   alla corte degli Stati Uniti” e “pronto a comparire in  “prima serata”. (leggi tutto)

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Fonte:  ZNET Italy

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