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Contro le violenze sui manifestanti in Turchia. Cosa puoi fare tu.

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APPELLO

Turchia: stop all’uso eccessivo della forza contro i manifestanti!

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A partire dal 29 maggio, oltre 2000 persone sono rimaste ferite in tutta la Turchia quando la polizia ha usato cannoni ad acqua e gas lacrimogeni contro i manifestanti.

Le proteste sono iniziate il 27 maggio a Gezi Park a Taksim, nel centro di Istanbul, la città più grande della Turchia. Qualche centinaia di manifestanti avevano occupato il parco per manifestare contro la sua distruzione per far posto a un nuovo centro commerciale. Nelle prime ore del 29 maggio la polizia ha iniziato a disperderli facendo ricorso a uso eccessivo della forza e a gas lacrimogeni. Durante la notte di giovedì 30 maggio, quasi 3000 manifestanti si sono uniti alla protesta. Nelle prime ore del mattino, sono stati allontanati dal parco dalla polizia con gas lacrimogeni e cannoni ad acqua. Decine di persone sono rimaste ferite durante l’intervento della polizia.

A partire da venerdì 31 maggio, le proteste si sono diffuse in tutto il paese e, da domenica 2 giugno, ci sono state centinaia di proteste in 67 province. In base a quanto riportato dall’Associazione medica turca,  ci sono state 7478 persone ferite in 13 città; di queste 55 riportano ferite gravi e tra loro 9 persone sono in condizioni critiche. L’Associazione medica turca ha dichiarato che la maggior parte delle lesioni sono state causate dall’uso di cannoni ad acqua e gas lacrimogeni. 

Amnesty International condanna l’ampio uso di gas lacrimogeni e cannoni ad acqua per disperdere i manifestanti pacifici. Alcuni video hanno filmato la polizia mentre spara deliberatamente lacrimogeni contro i manifestanti. I gas lacrimogeni, sparati irresponsabilmente ad altezza di persona e in spazi ristretti se non chiusi, persino all’ingresso del pronto soccorso di piazza Taksim, sono stati responsabili del maggior numero di ferimenti.

Le autorità affermano di aver arrestato oltre 1000 persone. Decine di video amatoriali hanno filmato scene delle manifestazioni e mostrano poliziotti che picchiano, prendono a calci e colpiscono con manganelli i manifestanti, anche quando questi sono resi inermi dagli effetti dei gas lacrimogeni.

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FIRMA SUBITO L’APPELLO!

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Fonte: Amnesty International

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#OccupyTurkey: video degli oltre 60 avvocati arrestati

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Istanbul,  martedì 11 giugno 2013

Gli avvocati che manifestavano contro l’arresto nei giorni scorsi di alcuni loro colleghi  e contro le violente cariche della polizia sui manifestanti, sono stati arrestati presso il Palazzo di Giustizia Caglayan dalle truppe dell’unità di forze speciali.

Lo riferisce l’organizzazione degli avvocati ”Contemporary Lawyers Association”.

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Guarda il video

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Fonte:  Erkan’s Field Diary

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Erdogan: Twitter la più pericolosa minaccia alla società

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Turchia, la protesta sui social media

Il premier Erdogan definisce Twitter la più pericolosa minaccia alla società. E ordina l’embargo digitale. Ma i cittadini trovano il modo di aggirarlo. E si fa vivo anche Anonymous

di Mauro Vecchio

Più di dieci milioni di cinguettii negli ultimi tre giorni di protesta tra le strade di Istanbul, in un flusso inarrestabile di micropost dagli hashtag #occupygezi e #geziparkieylemi. Su Twitter, l’infuocata situazione turca ha trovato un canale perfetto per diffondersi a macchia d’olio verso l’opinione pubblica internazionale. La proliferazione incontrollata dei commenti in 140 caratteri non sembra affatto gradita alle autorità.

“Esiste ora una nuova minaccia chiamata Twitter – ha dichiarato il contestato premier turco Recep Tayyip Erdogan – Dove si possono trovare i migliori esempi di menzogna. Per me, i social media rappresentano la peggiore minaccia alla società”. In seguito allo scoppio della rivolta di piazza, lo stesso Erdogan ha ordinato al suo staff di bloccare tutti gli accessi dalla Turchia a piattaforme della condivisione social come Facebook e appunto Twitter.

In realtà, gli utenti locali hanno mostrato grande perizia nell’aggiramento di questi stessi blocchi governativi, un livello di esperienza high-tech ancora maggiore di quello offerto nel corso dell’ormai celebre Primavera Araba. A colpi di VPN – più di 120mila download per il software Hotspot Shield, in appena due giorni– e servizi proxy, i netizen turchi riescono a comunicare in barba alle strategie censorie delle autorità nazionali.

Fotografie di giovani insanguinati, immagini dal vivo nel corso delle proteste di piazza. Gli utenti turchi approfittano delle nuove tecnologie – dall’app di streaming fornita da Ustream a Zello, che funziona come un tradizionale walkie talkie – per raccontare al mondo la violenza della polizia e l’evolversi della vicenda. Al blocco dei siti social da parte del governo Erdogan ha risposto anche Anonymous, ovviamente alla maniera degli hacktivisti.

Nel corso dell’#OpTurkey, il collettivo ha abbattuto dozzine di siti governativi in terra turca, con la promessa di proseguire senza sosta a base di DDoS contro un regime paragonato a quello di Cina e Iran. Dalla Siria, la milizia nota come SEA ha rivendicato un’azione cibernetica contro le infrastrutture di rete del governo turco, con il conseguente rilascio di informazioni private sullo staff di Erdogan.

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Fonte: Punto Informatico

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Approfondimento (madu)

Anonymous – #OpTurkey – Il popolo turco si aspetta il tuo aiuto!

Lettera da Istanbul: da Gezi Park al mondo

Perché la Turchia non vuole più Erdogan

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