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Pronta dal governo la mattanza in Sanità: via 17mila strutture mediche

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Sanità il governo Monti taglia 17 mila strutture mediche

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In corsia scatta l’allarme rosso. Reparti ospedalieri dimezzati, ambulatori soppressi, consultori depennati, ecco la cura dimagrante imposta dal governo al Servizio di Sanità Nazionale : oltre 17.000 strutture chiuderanno.

Il dottor Spandonaro, economista del Centre for economic and international studiose (Ceis) di Tor Vergata ha espresso forti dubbi sui possibili tagli alla sanità italiana, secondo l’economista, in breve, ulteriori tagli sono possibili soltanto a patto di ridurre drasticamente i servizi e le prestazioni. La manovra che il governo Monti vorrebbe attuare modificando quelle che chiama “spese rivedibili” nel reparto sanità sono, per Spandonaro, la fine della sanità come siamo abituati a pensarla in Italia. Ed ecco che il governo vara ed impone i suoi tagli: tutte le regioni ricevono il piano inviato dal dipartimento della programmazione e dell’ordinamento al servizio sanitario nazionale, un piano che indica gli standard su cui regolarsi per tenere aperte le strutture semplici e quelle complesse. Tutte le regioni sottoposte ai piani di rientro che ad oggi non rispettano i parametri dovranno comunicare nero su bianco entro il 31 Dicembre 2012 come intendo adeguarsi. Il risultato? Secondo la Cgil medici, che ha incrociato i dati Istat sulla popolazione e quelli del ministero della salute sulle strutture esistenti, sarà una vera e propria mattanza.

Nel Lazio 1.774 strutture complesse (reparti ospedalieri o territoriali di medicina e chirurgia) dovranno diventare 1.533, mentre quelle semplici ( come day hospital, ambulatori e consultori vari) saranno ridotte di ben 1.053 unità. Una perdita complessiva di 1.294 strutture (e i relativi posti di lavoro?) Non migliora la situazione anche in altre regioni come ad esempio il Piemonte dove il taglio complessivo sarà di ben 1.892 unità, in Campania dove i numeri si alzano ancora, dovranno sparire ben 8.998 strutture, di cui 8.203 sono semplici. Da Nord a Sud rischiano di sparire 17.160 strutture di cui 11.173 sono territoriali, significa rinunciare a tutti quei servizi legati a pazienti malati cronici e/o disabili, all’assistenza di consultori per tossicodipendenti, famigliari, pediatrici.

Se poi andiamo a vedere i risultati del rapporto del Monitor Biomedico 2012 c’è da mettersi a piangere: ad un campione di  1.000 cittadini è stato somministrato per via telefonica un questionario strutturato dal quale è emersa una situazione poco rosea. Tra le problematiche maggiormente rilevate emerge  quella della lunghezza delle liste di attesa (68,5%), un meccanismo di vero e proprio razionamento occulto della sanità, che da tempo opera nel nostro Paese e che tuttora è percepito come la criticità decisiva.  Il 26,4% degli italiani fa riferimento alla  lunghezza delle code di attesa nelle varie strutture, dagli sportelli ai laboratori, agli studi medici; quasi il 16% alla mancanza di coordinamento tra strutture, servizi e personale, che costringe le persone a girare da un ufficio all’altro; e quasi il 14% circa alla eccessiva rapidità delle dimissioni ospedaliere. La situazione sanitaria è inoltre decisamente differente di regione in regione. I dati medi nazionali sono, ovviamente, il frutto di situazioni territoriali  molto diverse, poiché coloro che si esprimono nei termini di un peggioramento sono più numerosi nel Meridione (38,5%) e al Centro  (34,2%) rispetto al Nord-Ovest (21,2%) e al Nord-Est (15,6%); ed anche la  percentuale di coloro che al Sud e nelle isole segnalano performance  sanitarie in miglioramento è più bassa (pari al 7%) che al Nord.
Oltre il 38% degli intervistati delle Regioni con Piani di rientro afferma che  la sanità della propria regione è peggiorata rispetto ai due anni precedenti; la sanità delle Regioni senza Piani di rientro ha invece subito un peggioramento secondo il 23,3% dei cittadini intervistati. Nonostante tutte queste informazioni il Ministro Balduzzi afferma : ” Riorganizze, ristrutturare e riqualificare il sistema. Ciò che va invece rifiutato è la logica dei tagli lineari, anche in considerazione del fatto che abbiamo dei volumi di spesa per il nostro Ssn che sono già al di sotto della media europea – ha precisato Balduzzi -riuscendo allo stesso tempo a garantire servizi di altissima qualità. Il nostro compito – ha proseguito – è andare ad individuare le ancora tante zone di inefficienza e di spreco. Bisogna fare una revisione della spesa non solo sul settore del farmaco, ma anche sui beni e servizi, sui dispositivi medici, su categorie di prodotte molto estese sulle quali fissare costi standard che prevedano dazi per chi vi si discosta” – Anche all’interno dello stesso Ministero, come precisato dal ministro – “si può ancora migliorare in tal senso, ad esempio calcolando in maniera più efficiente il rapporto costi-benefici delle proprie azioni, proprio per questo ho voluto potenziare l’Oiv (Organismo indipendente di valutazione)”.

Immediata la risposta della Cgil con secco “No” su ticket e sistema di franchigia per tutti. “Una fuga in avanti che azzera la discussione su come rendere più equo l’attuale sistema di compartecipazione alla spesa sanitaria a carico dei cittadini”, affermano il segretario confederale della Cgil, Vera Lamonica, e il responsabile Politiche della salute del sindacato, Stefano Cecconi. I due dirigenti sindacali ricordano che “avevamo dato la disponibilità a discutere su come rendere più equo il sistema, senza rinunciare all’obiettivo di arrivare, seppur gradualmente, al superamento dei ticket. Ma bisogna farlo all’interno di un confronto per dare respiro e risorse al Servizio Sanitario Nazionale, strangolato da 17 miliardi di tagli lineari in tre anni, e ora nel mirino di una spending review – continuano – che annuncia nuovi tagli invece che proporre come rendere appropriata la spesa, riqualificando i servizi e con una vera lotta agli sprechi”. In questa situazione, osservano Lamonica e Cecconi, “anziché aprire il confronto richiesto, il Ministro annuncia manovre sui ticket vecchi e nuovi (che non vengno affatto aboliti, anzi aumentano: con le manovre finanziarie si aggiungono altri due miliardi di nuovi ticket) e oltretutto preconfezionate, i cui esiti in termini di equità e appropriatezza sono tutti da dimostrare”, concludono.

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Fonte:  Net1news

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