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Cosa resterà del 2012? Te lo dice Twitter!

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di Fabrizia Memo

Attraverso i suoi cinguettii mette in comunicazione milioni di persone in ogni angolo remoto del mondo, documentando (e talvolta contribuendo a..) rivoluzioni, elezioni, eventi sportivi o significativi che entreranno nella storia. Ecco il 2012 visto dagli hashtag di Twitter

In attesa dell’inizio dell’anno nuovo, che porta con sé sempre un po’ di speranza ed aspettative insite e peculiari di ogni venturo inizio, è tempo di bilanci e valutazioni: analizzando i 12 mesi che ci stiamo per lasciare alle spalle, ognuno di voi avrà la curiosità di comprendere quali siano stai gli avvenimenti che hanno maggiormente influito e che ricorderete associandoli al “fu 2012”.

E quale migliore indicatore di Twitter può aiutarci a ricostruire le tendenze e gli argomenti più discussi, che hanno colpito al cuore milioni di utenti della rete, i quali prima di essere navigatori del web sono cittadini di quel mondo che il social network si prefigge di raccontare? Le voci remote che attraverso il cinguettio riescono a metterci al corrente di guerre, scherzi, festival, elezioni, disastri naturali, libri, film, sono raccolte ogni anno dallo stesso Twitter che stila una classifica dei suoi hashtag più influenti e ritwittati al fine di comprendere quali sono stati gli argomenti più diffusi e discussi. È quanto troverete se andrete a curiosare su 2012annosuTwitter, il sito che il social network ha realizzato per stilare le sue personali classifiche.

Di alcuni episodi forse neanche vi ricorderete, di altri non avrete mai sentito parlare, dal momento che la classifica è redatta tenendo conto dei trend mondiali e quelli italiani risultano molto marginali, ma basterà una foto o un tweet a richiamare alla memoria l’avvenimento.

Probabilmente è scontato, ma l’assegnazione del “Tweet d’oro” è andata al messaggio fatto da Barack Obama la notte in cui ha annunciato la sua vittoria alle elezioni, attraverso una tenera foto in cui abbraccia la moglie Michelle con una semplice scritta esplicativa “Four more years”.

Nella sezione denominata “Il battito del pianeta” sono elencate le più famose conversazioni intercorse nel corso dell’anno riguardo gli eventi più seguiti che hanno generato il maggior numero di tweet e retweet.

Questa volta le elezioni in America si aggiudicano solo il secondo posto e lasciano il podio alle Olimpiadi di Londra, che hanno tenuto incollati al teleschermo e al web milioni di utenti ed appassionati in tutto il mondo. Durante i 16 giorni in cui si sono alternate diverse discipline sportive, sono stati 150 milioni i tweet che hanno animato il web (nella sola cerimonia di chiusura sono stati 116.000 i Tweet al minuto)

Se volete invece curiosare tra le esclusive che il social ha riservato in anteprima per i suoi utenti, c’è la sezione “Solo su Twitter”: l’evento più seguito è stato sull’account della Jet Propulsion Laboratory Nasa che ha documentato in diretta, con l’hashtag #JPL lo sbarco della sonda Curiosity su Marte (la stessa sonda continua ad inviare in diretta foto della sua avventura dal pianeta rosso attraverso il suo account personale)

Una delle notizie più interessanti che troverete in questa sezione è l’iniziativa dello zoo di Washington DC che ha testimoniato in diretta l’inseminazione artificiale di Mei Xiang, il loro panda gigante di 13 anni con l’hashtag #pandaAI. Oppure il romanzo del premio Pulitzer Jennifer Egan, pubblicato a puntate dallo stesso autore in 140 caratteri all’interno della sezione fiction del New Yorker. Per comprendere invece quanto sia importante questo mezzo per la professione giornalistica, magistrale è l’esperienza del Direttore del Dipartimento della BBC in Medio Oriente, Paul Danahar, il quale trovandosi in Siria per documentare il conflitto, è riuscito a trasmettere un intero reportage attraverso il suo account Twitter , in assenza della telecamera video.

Nella sezione dedicata alle tendenze sono riportati tutti gli hashtag più diffusi organizzazioni per categorie, mentre nell’ultima parte “Nuove voci” sono elencate tutte le personalità significative che entrano a far parte della community dei cinguettii. L’account che ha riscosso più successo quest’anno è il recentissimo profilo aperto da Benedetto XVI.

Infine se siete curiosi di conoscere la vostra influenza personale all’interno del mondo dei 140 caratteri, quale sia il vostro follower più affezionato e il vostro tweet più popolare, provate ad accedere alla sezione Il tuo anno su Twitter..noi di Tafter lo abbiamo fatto e abbiamo trovato delle sorprese inaspettate!

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Fonte:  TAFTER

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Processo Arrigoni. Quando i social network sono più informati del governo italiano

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Presentata alla Camera e al Senato un’interrogazione parlamentare scritta per chiedere al Governo di fare luce sui fatti che portarono al rapimento e all’assassinio di Vittorio Arrigoni a Gaza lo scorso anno, e sull’andamento del processo. La risposta non si fa attendere, e conferma il disinteresse e la vacuità della posizione italiana. Twitter 1 – Governo 0.

di Cecilia Dalla Negra

Su Twitter, uno fra i più popolari social network del mondo, le notizie sul processo ai presunti assassini di Vittorio Arrigoni in corso presso la Corte militare di Hamas arrivano puntuali, in tempo reale, e senza l’uso del condizionale.

È sufficiente collegarsi con i ragazzi di Gaza amici dell’attivista italiano ucciso il 15 aprile 2011, o leggere le cronache puntuali de “Il Manifesto” per sapere come procede – o piuttosto  non procede – il dibattimento in tribunale, a Gaza City.

A usare il condizionale, il “forse”, il “potrebbe essere” è invece il Governo italiano, testimone assente sin dall’inizio di questa triste vicenda, che continua a confermare il proprio disinteresse nei confronti dell’uccisione in territorio straniero di un cittadino italiano, considerato a tutti gli effetti di “serie b”. 

Anche per questo Vincenzo Vita, al Senato e Lucia Codurelli, alla Camera (entrambi del Partito Democratico), hanno presentato il 13 aprile scorso un’interrogazione parlamentare ai ministri degli Affari Esteri e della Giustizia, con la richiesta di fare piena luce sui fatti che portarono, lo scorso anno, al rapimento e all’uccisione di Vittorio Arrigoni a Gaza City, per mano di una presunta cellula salafita guidata da Abdel Rahman Breizat e Bilal Omari, uccisi durante uno scontro a fuoco con la polizia di Hamas all’indomani dell’assassinio.

E la risposta, priva di qualsiasi elemento sostanziale, non si è fatta attendere.

Il 24 aprile il Gabinetto del ministro degli Affari esteri ha fatto sapere che “conformemente alla posizione comune decisa in seno all’Unione Europea, il Governo italiano non intrattiene rapporti con le Autorità di fatto della Striscia di Gaza”.

Per “autorità di fatto” s’intende il governo di Hamas, non riconosciuto dalla Comunità internazionale e dall’Italia, che lo considera “organizzazione terroristica”.

Formalismi, che consentono però alle autorità del nostro paese di dire che “le uniche informazioni sulla vicenda giudiziaria legata alla tragica morte del nostro connazionale sono quelle che il nostro Consolato Generale a Gerusalemme riesce a raccogliere”, ma precisa che queste “vengono acquisite tramite fonti aperte o indirette, ed è dunque doveroso mantenere una nota di cautela nel valutarle”.

Segue una lunga lista di “dovrebbe” e “potrebbe” riguardo “le informazioni in possesso”, che non sono niente di più di quanto sia reperibile da qualsiasi cittadino italiano abbia un minimo di confidenza con il web.

Sono piuttosto qualcosa di meno, dal momento che gli utenti di Twitter risultano assai più precisi, puntuali e informati del nostro ministero.

Che però, sottolinea, attraverso l’Unità di crisi della Farnesina “ha espresso forte sgomento per il barbaro assassinio” sin dai primi giorni. E niente più di questo.

Una risposta che anche Codurelli definisce “insoddisfacente e scarna nel contenuto, purtroppo confermando la totale assenza da noi denunciata”. La consapevolezza della difficile situazione diplomatica era nota, “ma altra cosa è l’interessamento nei confronti di un nostro connazionale. Ho denunciato che il silenzio del Governo sin dall’inizio di questa amara vicenda è risultato essere assordante”.

Intanto, dopo 15 udienze cadute nel vuoto, l’ultima ha portato un colpo di scena: gli imputati alla sbarra – Mahmud Salafiti, Tarek Hasasnah e Khader Jram – hanno ritrattato le confessioni rese all’indomani dell’arresto, con un voltafaccia inatteso.

Avrebbero confessato sotto pressione, dichiarando di non aver preso parte al sequestro di Vittorio Arrigoni per scambiarlo con al Maqdisi, lo sceicco salafita prigioniero di Hamas, ma per “dare una lezione di moralità” al cooperante italiano considerato troppo occidentale, e colpevole di condurre una vita “immorale”.

Una svolta che, secondo l’opinione dei presenti in aula, non è stata sufficientemente approfondita dalla Corte.

La prossima udienza non “sarebbe” fissata per il 14 maggio, come si legge nella risposta del governo. Lo è. E soprattutto in Italia ci si augura possa essere quella definitiva.

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Fonte:  Osservatorio Iraq

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Censura: Twitter e le ali della libertà

 

Immagine da Latuff Cartoons

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di maribù duniverse

28 gennaio 2012

Il famoso attivista cinese Ai Weiwei sulla pagina del microblogging ha testualmente affermato: “Se Twitter censura smetterò di twittare”. Naturalmente,  queste dure parole suonano come  messaggio di disapprovazione totale verso le nuove decisioni prese dal social network.
Infatti, giovedì 26 gennaio, Twitter ha comunicato che “bloccherà i contenuti ritenuti pericolosi o illeciti in un determinato paese, solo a livello nazionale e non globalmente”. Questo vuol dire che in alcuni paesi  i cinguettii saranno sottoposti ad una censura selettiva,  ci sarà una gestione  calibrata delle cancellazioni.

Tale decisione rappresenta un significativo passo indietro rispetto ad un anno fa, quando i manifestanti anti-governativi di Tunisia, Egitto ed altri paesi arabi coordinarono le rivolte di massa grazie alla rete sociale creata su Twitter. Se questa censura fosse passata un anno fa cosa sarebbe accaduto nei paesi arabi?

Secondo i responsabili del social network ora è possibile “bloccare” un cinguettio muovendosi a livello nazionale senza penalizzare l’informazione a livello globale. L’utente sottoposto a censura sarà comunque avvertito con un messaggio in cui saranno riportate le motivazioni.

Frasi come queste:  “Il twet deve fluire” , “Non rimuovere i twet sulla base del loro contenuto”, frasi che rappresentavano il principio di libertà di parola ed espressione, ormai appartengono al passato.

La responsabile del Centro per la Tecnologia e la Democrazia, Cynthia Wong,  ha dichiarato: “Se Twitter,  in certi paesi, non è d’accordo a limitare alcuni contenuti potrebbe essere vietato totalmente”. Continua la Wong: “La domanda è: Cosa è meglio per la libertà di parola? Che Twitter sia completamente bloccato o che operi parzialmente con l’intento di limitare i danni nei paesi in cui ci sono leggi speciali? “. E’ per questo che Twitter ha riportato i casi di Google e Facebook che negli anni hanno provocato tensioni man mano che si espandevano nei vari Stati.

Ovviamente, Twitter cerca con queste scelte di allentare le pressioni ma nello stesso tempo mina quello che è il principio di natura globale della Rete. La reazione degli utenti su Twitter è subito scattata con twet molto duri e con una protesta di  blackout nella giornata di sabato.

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