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Le risate di Vendola e la delusione dei militanti di Sel

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Le risate di Vendola: il popolo di Sel si infuria sui social network

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La delusione dei militanti di Sel e dei simpatizzanti è profondissima ed è esplosa sui social network. Ma la vicenda della telefonata racconta soprattutto il tradimento di un popolo e di un modo di fare politica che si credeva distante anni luce dalle “beghe quotidiane” del Palazzo. La “rivoluzione gentile” di Vendola ha fallito?

C’era una volta la sinistra. Quella che leggeva Marx e cercava di capirlo e applicarlo, quella delle Frattocchie – la scuola di formazione politica del Pci -, quella che andava in piazza contro le guerre e non era disposta a scendere a patti con quelli che chiamava “padroni”. Quella sinistra aveva come stella polare un concetto, quello di “lotta di classe”, spiegato benissimo da Karl Marx nel suo “Manifesto del Partito Comunista”: “La storia di ogni società finora esistita è storia di lotte di classi. Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in una parola oppressori e oppressi sono stati sempre in contrasto tra di loro, hanno sostenuto una lotta ininterrotta, a volte nascosta, a volte palese: una lotta che finì sempre o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la rovina comune delle classi in lotta”. Oggi c’è chi dice che quei concetti sono ormai antiquati.  Legittimamente, Nichi Vendola aveva deciso nel 2008 di abbandonare l’allora fiorente partito della Rifondazione Comunista per tentare un’altra strada, quella di Sel, in grado di riportare le ragioni della sinistra dentro un dibattito politico nel quale concetti come comunismo, rivoluzione, conflitto sociale non trovavano più ospitalità. Vendola proponeva una “rivoluzione gentile”, a partire dalla sua Puglia. Il governatore ebbe un periodo assai fortunato: per un po’ a sinistra venne visto come il leader del futuro, finché la sua scelta di “compatibilità” con il PD (con la firma della carta degli intenti e la partecipazione alle ultime primarie) non disilluse molti suoi sostenitori, convinti che il leader di Sel aveva ormai imboccato una parabola discendente.

Poi ci sono state le elezioni. In coalizione con il PD Sel è riuscita a superare la soglia di sbarramento ed eleggere i suoi parlamentari. Il partito ha continuato ad avere uno zoccolo duro di militanti e simpatizzanti: centinaia di migliaia di uomini e donne che nel progetto politico di Sel vedevano – e forse vedono tuttora – l’unica speranza in un parlamento che considerano o troppo compromesso con il “Sistema” (Pd, Pdl) oppure così populista da non offrire soluzioni reali (M5S). Fino ad oggi. Il Fatto Quotidiano rende pubblica una telefonata tra Vendola e Girolamo Archinà, ex responsabile delle relazioni esterne dell’Ilva. Il governatore pugliese confessa di essersi assai divertito nel guardare un video che mostrava Archinà strappare il microfono al giornalista Luigi Abbate, colpevole di aver chiesto a Riva un commento sul boom di tumori a Taranto. Nella telefonata Vendola afferma:  ”Io e il mio capo di gabinetto abbiamo riso per un quarto d’ora” della “scena fantastica”, dello “scatto felino”, con cui Archinà ruba il microfono dalle mani di Abbate, definito “faccia di provocatore”, un improvvisatore “senza arte né parte”. Un giornalista, in realtà, che stava facendo il suo lavoro.

La scena è quella che nessuno a sinistra vorrebbe mai vedere. Un presidente della regione compromesso con il “padrone” dell’Ilva. Non in conflitto, ma “a disposizione”. Altro che “lotta di classe” virata in una “narrazione moderna”, in una “rivoluzione gentile”. Quella di Vendola è la storia della compatibilità con il sistema. Antonio Moscato, storico del movimento operaio e tra i massimi studiosi mondiali della vita di Che Guevara, scrive nel suo ultimo libro: “Per Guevara la verità è sempre rivoluzionaria, come lo era per la prima generazione di dirigenti socialisti e comunisti, da Lenin a Rosa Luxemburg, da Trotskij a Gramsci; per Castro non è un obbligo dirla, il dirigente deve decidere cosa si può rivelare e cosa bisogna tacere. Lo ribadisce dal primo all’ultimo giorno: si dice la verità solo quando e quanto è possibile”. (Ovviamente in questa citazione non si vogliono mettere a paragone Castro e Vendola…).

Ecco, Vendola non ha detto la verità. Ciò, come era comprensibile, ha addolorato il suo popolo. Come sempre basta mettere lo stetoscopio sui social network per capire quali siano gli umori di una parte del paese. Sulla pagina facebook del governatore pugliese – che nel frattempo ha annunciato che querelerà il Fatto Quotidiano definendo la pubblicazione del video un’operazione “lurida” (evidentemente non capendo che il vero problema è politico) – sono migliaia i commenti da parte di elettori e simpatizzanti. Idem per twitter: migliaia di cinguettii chiedono le dimissioni del leader di Sel. La storia della telefonata è la storia del tradimento di un popolo. Che ora si ribella e chiede a gran voce la cacciata del suo leader.

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Fonte: fanpage.it

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Attenzione: chi vota alle primarie PD-SEL, vota per l’«Agenda Monti»

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di Alternativa

La dimostrazione in termini logici è tanto semplice quanto è ovvia in termini politici.  Sotto la voce “Responsabilità” della “Carta d’Intenti per l’Italia Bene Comune”, ovvero della carta che è stata obbligatoriamente sottoscritta da tutti i candidati alle primarie promosse da PD, SEL e PSI, si legge che le forze della coalizione, “in un quadro di lealtà e civiltà dei rapporti”, si dovranno impegnare a:

–        “assicurare la lealtà istituzionale agli impegni internazionali e ai trattati sottoscritti dal nostro Paese, fino alla verifica operativa e all’eventuale rinegoziazione degli stessi in accordo con gli altri governi;

–        appoggiare l’esecutivo in tutte le misure di ordine economico e istituzionale che nei prossimi anni si renderanno necessarie per difendere la moneta unica e procedere verso un governo politico-economico federale dell’eurozona.”

Tra i nostri “impegni internazionali” e i “trattati sottoscritti dal nostro Paese” ci sono:

  1. Il trattato di Maastricht;
  2. Il trattato di Lisbona;
  3. Il Fiscal Compact;
  4. Il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES)
  5. La NATO.

Il trattato di Maastricht e quello di Lisbona sono stati i due pilastri che hanno retto la costruzione dell’euro non come moneta comune, bensì come moneta di divisione e di predominio di un’area dell’Europa nei confronti di un’altra. In altri termini la moneta che ha indebolito alla base la costruzione europea invertendo il rapporto tra moneta e governo e tra finanza e Stato, subordinando i secondi alle prime, sottraendo sovranità e democrazia ai singoli Stati europei non per ricostruirla a livello europeo ma per permettere a ristretti centri decisionali di utilizzare l’Europa e gli Europei secondo i loro fini ristretti, conflittuali, non sociali, nel quadro finora di uno squilibrante privilegio a favore dell’area tedesca.

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Il Fiscal Compact e il MES sono due meccanismi che approfittando della crisi peggiorano questo processo di sottrazione del potere decisionale reale – quello cioè che ha ripercussioni sulle nostre vite, su quelle dei nostri figli e dei nostri nipoti – ad ogni meccanismo democratico conosciuto, per concentrarlo in ristretti centri politici, tecnici e finanziari che non dovranno rendere conto a nessuno delle decisioni che prenderanno e delle loro conseguenze.

Questi meccanismi sono stati progettati apposta per approfondire l’attuale subordinazione delle società europee ai meccanismi finanziari di accumulazione e pertanto saranno un elemento di aggravamento della crisi e non certo di sua soluzione.

Valgano pochi fatti: il MES sarà un soggetto di diritto privato con sede nel Lussemburgo, paradiso fiscale europeo, protetto dagli articoli 32 e 35 del suo statuto che prevedono l’immunità per gli amministratori e la segretezza degli atti.

Evviva la democrazia! Evviva il popolo sovrano!

Infine, non potrà essere messa in discussione la nostra appartenenza alla NATO e di conseguenza la nostra partecipazione alle missioni di guerra già in atto e a quelle che con moltissima probabilità ci saranno in futuro, dato che le crisi sistemiche hanno sempre condotto a guerre. Senza contare gli impegni internazionali di spesa per armamenti, come quella già prevista per i famigerati super caccia-bombardieri F35 per un totale di quasi 9 miliardi di euro (ma non ci sono i fondi per gli esodati, ci vengono a dire!).

Questi sarebbero dunque i pilastri del “progetto di società di pace, di libertà, di eguaglianza, di laicità, di giustizia, di progresso e di solidarietà” che ci viene raccontato- come un “c’era una volta, tanto, tanto tempo fa” – all’inizio della Carta d’Intenti sottoscritta dai candidati alle primarie.

Quindi in guardia! Chi vota candidati che si sono presi questi impegni, vota ipso facto per questi stessi impegni.

Ad ognuno la scelta.

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Fonte: Megachip

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