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Lo scippo dei Referendum!

Noi per loro siamo un problema, un grosso problema. Credo sia ormai chiaro che i loro obiettivi non sono i nostri. Noi vogliamo il bene del paese e lottiamo affinché la democrazia non sia cancellata.  Urliamo la nostra rabbia!  I referendum non si toccano!!  (madu)

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Governo all’attacco sui referendum: tocca ai quesiti sull’acqua

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Continua l’offensiva del governo nei confronti dei referendum del 12 e 13 giugno. L’altro ieri è toccato al nucleare, oggi è scoccata l’ora dei quesiti sull’acqua. Quel popolo continuamente invocato dal Presidente del Consiglio come suo unico mandante e in nome della cui volontà ogni legge o questione etica passava in secondo piano è divenuto improvvisamente un temibile nemico da mettere urgentemente a tacere. Non c’è voluto gran che. È bastato un minimo segno di vita, l’ipotesi appena paventata che possa alzare la testa, prendere parola e dire la sua, per scatenare una controffensiva senza precedenti.

Parlando dell’acqua, il ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani ha dichiarato a Radio Anch’io che “anche su questo tema, come per il nucleare il referendum divide in due. Ma – ha continuato – è un tema di grande rilevanza, e ho l’impressione che anche su questo sarebbe meglio fare un approfondimento legislativo”. Già. Accanto alla posizione del Governo, neanche a dirlo, si schierano compatti Confindustria e Federutility, la federazione che riunisce le aziende (spesso private) dei servizi pubblici. Pare che sia stata proprio quest’ultima a sollecitare un intervento governativo. Qualche giorno fa, infatti, il suo presidente si era domandato “se non sia il caso di evitare un referendum che ha sempre più un taglio puramente ideologico”. (leggi tutto)

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Fonte: il Cambiamento

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Annullare Referendum Nucleare? Deciderà un giudice!

Spetterà all’Ufficio centrale presso la Corte di cassazione stabilire se il referendum indetto per il 12 e 13 giugno sul nucleare potrà essere annullato dall’approvazione della nuova normativa che il governo ha intenzione di fare approvare dal Parlamento. La decisione che i giudici dovranno adottare è delicata e non può essere data per scontata. Non è infatti sufficiente l’abrogazione della normativa oggetto della richiesta di referendum.

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Escamotage nucleare (il Manifesto)

di Gaetano Azzariti

Sul punto la giurisprudenza della Corte costituzionale si è espressa in modo chiaro sin dal lontano 1978 (sent. n. 68 del 1978): lamodifica legislativa intervenuta nel corso del procedimento referendario non è in grado di impedire lo svolgimento del referendum qualora l’abrogazione non colpisca «i principi ispiratori della complessiva disciplina preesistente » ovvero «i contenuti normativi essenziali dei singoli precetti ». In tali casi il referendum si effettua egualmente, sebbene «sulle nuove disposizioni legislative ». Il linguaggio della Corte sarà tecnico,mail senso è del tutto evidente. Ciò che si vuole evitare è che lamaggioranza parlamentare introducamodifiche marginali ovvero adotti un escamotage normativo – come ben evidenziava l’intervento ieri del ministro per lo sviluppo economico Romani – al solo fine di impedire l’espressione della volontà popolare. È perciò che è stato assegnato a un giudice (l’Ufficio centrale) il delicatissimo compito di valutare la natura dell’abrogazione e se questa soddisfi o meno la pretesa dei promotori del referendum. Per stabilire se l’abrogazione delle norme sottoposte al referendum del 12 e 13 giugno abbiano tale carattere l’Ufficio centrale dovrà prendere in considerazione gli effetti conseguenti all’intervento del legislatore. E il punto più delicato sembra essere il carattere definitivo o meno della scelta contraria alla produzione dell’energia tramite la costruzione delle centrali termonucleari. (leggi tutto)

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Fonte: controlacrisi.org

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Piemonte – Referendum sulla Caccia, dopo 23 anni si dovrà votare

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Nel 1987 vennero raccolte in Piemonte 60.000 firme alla richiesta di un referendum popolare sulla caccia. I cittadini del Piemonte avrebbero dovuto votare nel 1988. Per 23 anni le Amministrazioni regionali di ogni colore, con strumentali iniziative legislative ed illegittimi provvedimenti amministrativi hanno sempre impedito il voto popolare. Dopo ben 23 anni la Corte d’Appello di Torino – Sezione prima civile, con sentenza del 29 dicembre 2010 ha dato ragione al Comitato promotore del referendum regionale.  La Regione Piemonte dovrà da subito riattivare le procedure referendarie per fare esprimere gli elettori piemontesi sulla caccia.

Il quesito chiede ai cittadini se sono favorevoli a ridurre drasticamente l’attività venatoria attraverso le seguenti azioni:


a) protezione per 25 specie selvatiche oggi cacciabili (17 specie di uccelli e 8 specie di mammiferi);

b) divieto di caccia sul terreno innevato;

c) abolizione delle deroghe ai limiti di carniere per le aziende faunistiche private;

d) divieto di caccia la domenica.


Non era possibile nel 1987 proporre un quesito che abolisse del tutto la caccia attraverso un referendum regionale, essendo l’attività venatoria prevista da una legge nazionale.

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Fonte:  LAC (Lega per l’Abolizione della Caccia)


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