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Interrogazione parlamentare: abuso di psicofarmaci a bambini e adolescenti

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Interrogazione parlamentare: 1 bambino su 10 assume psicofarmaci non prescritti

Finalmente un’interrogazione parlamentare sull’abuso di psicofarmaci a minori in Italia. Prof.ssa Vincenza Palmieri: “Prozac somministrato a bambini di soli 8 anni”

Roma. Presentata lo scorso 19 settembre, presso la Camera dei Deputati, l’interrogazione a firma dell’On. Eleonora Bechis sull’abuso di psicofarmaci a bambini e adolescenti; una realtà che, fino a oggi, non ha trovato spazio nell’agenda dei media e delle istituzioni.

Secondo un recente studio del CNR, bambini e adolescenti italiani sono i maggiori consumatori di psicofarmaci non prescritti d’Europa, con una media del 10 per cento: un minorenne su dieci.

Il nostro Comitato denuncia da anni i pericoli degli psicofarmaci e la necessità di un controllo rigoroso di tali sostanze psicoattive, specialmente per quanto riguarda i minori. Plaudiamo pertanto a questa iniziativa, auspicandone la massima diffusione, e restiamo in attesa di conoscerne l’esito.

Riportiamo qui il testo integrale dell’interrogazione:

Atto Camera – Interrogazione a risposta scritta 4-17835 – presentato da BECHIS Eleonora – martedì 19 settembre 2017, seduta n. 853. BECHIS, ARTINI, BALDASSARRE, SEGONI e TURCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

  • secondo lo studio ESPAD 2016 Italia realizzato dall’Istituto di fisiologia clinica del CNR di Pisa i giovani italiani sono i maggiori consumatori di psicofarmaci non prescritti, con una media del 10 per cento contro quella europea che si attesta sul 6 per cento;
  • dal succitato studio si evince che un adolescente su dieci utilizza gli psicofarmaci senza la ricetta del proprio medico usando ad esempio quelli che trova in casa nell’armadietto dei medicinali di famiglia, oppure li compra on line;
  • gli psicofarmaci più utilizzati sono i medicinali che garantiscono concentrazione nello studio, quelli per l’umore e anche per far passare il senso di fame;
  • dal recente report dell’Istituto di ricerche farmacologiche «IRCCS Mario Negri» di Milano sono tra i 20 mila e 30 mila i minorenni a cui in Italia vengono somministrati psicofarmaci e antidepressivi;
  • dal report dell’IRCCS emerge come farmaci, quali la Paroxetina, che fra gli effetti collaterali nei casi di depressione contemplano anche l’aumento della propensione al suicidio e la cui somministrazione è espressamente vietata dalla legge n. 648 del 1996 ai minori di 18 anni, vengono somministrati quotidianamente a molti adolescenti;
  • Palmieri Vincenza, presidente dell’Istituto nazionale di pedagogia familiare (INPEF), in una recente audizione presso la Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza ha dichiarato che oltre il 30 per cento dei pazienti, che intraprende un percorso di sostegno per una eventuale dismissione e riabilitazione dichiara che, oltre al farmaco prescritto, acquista prodotti in farmacie, utilizzando le più svariate tecniche di convincimento, ma riuscendo comunque ad ottenere il prodotto anche senza ricetta. Ciò, come risultato di un eccesso diagnostico già in età prescolare;
  • la stessa ha sostenuto altresì: in Italia, 8 anni è l’età a partire dalla quale viene somministrato l’antidepressivo Prozac ai bambini, un’età in cui è possibile attivare invece con successo altri tipi di intervento non farmacologico. Il ricorso allo psicofarmaco viene pertanto utilizzato come prima risposta invece di prevedere prese in carico meno invasive –:
    come, alla luce di quanto espresso in premessa, si intenda intervenire per garantire il pieno rispetto della legge n. 648 del 1996;
  • come si intenda monitorare il consumo di psicofarmaci nell’infanzia per evitare che l’inappropriatezza della somministrazione crei nel tempo danni ancora maggiori nello sviluppo dei bambini;
  • quali iniziative si intendano assumere per porre un freno al consumo di psicofarmaci senza prescrizione da parte dei minori. (4-17835)

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Fonte: Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani (CCDU) Onlus

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Processo Arrigoni. Quando i social network sono più informati del governo italiano

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Presentata alla Camera e al Senato un’interrogazione parlamentare scritta per chiedere al Governo di fare luce sui fatti che portarono al rapimento e all’assassinio di Vittorio Arrigoni a Gaza lo scorso anno, e sull’andamento del processo. La risposta non si fa attendere, e conferma il disinteresse e la vacuità della posizione italiana. Twitter 1 – Governo 0.

di Cecilia Dalla Negra

Su Twitter, uno fra i più popolari social network del mondo, le notizie sul processo ai presunti assassini di Vittorio Arrigoni in corso presso la Corte militare di Hamas arrivano puntuali, in tempo reale, e senza l’uso del condizionale.

È sufficiente collegarsi con i ragazzi di Gaza amici dell’attivista italiano ucciso il 15 aprile 2011, o leggere le cronache puntuali de “Il Manifesto” per sapere come procede – o piuttosto  non procede – il dibattimento in tribunale, a Gaza City.

A usare il condizionale, il “forse”, il “potrebbe essere” è invece il Governo italiano, testimone assente sin dall’inizio di questa triste vicenda, che continua a confermare il proprio disinteresse nei confronti dell’uccisione in territorio straniero di un cittadino italiano, considerato a tutti gli effetti di “serie b”. 

Anche per questo Vincenzo Vita, al Senato e Lucia Codurelli, alla Camera (entrambi del Partito Democratico), hanno presentato il 13 aprile scorso un’interrogazione parlamentare ai ministri degli Affari Esteri e della Giustizia, con la richiesta di fare piena luce sui fatti che portarono, lo scorso anno, al rapimento e all’uccisione di Vittorio Arrigoni a Gaza City, per mano di una presunta cellula salafita guidata da Abdel Rahman Breizat e Bilal Omari, uccisi durante uno scontro a fuoco con la polizia di Hamas all’indomani dell’assassinio.

E la risposta, priva di qualsiasi elemento sostanziale, non si è fatta attendere.

Il 24 aprile il Gabinetto del ministro degli Affari esteri ha fatto sapere che “conformemente alla posizione comune decisa in seno all’Unione Europea, il Governo italiano non intrattiene rapporti con le Autorità di fatto della Striscia di Gaza”.

Per “autorità di fatto” s’intende il governo di Hamas, non riconosciuto dalla Comunità internazionale e dall’Italia, che lo considera “organizzazione terroristica”.

Formalismi, che consentono però alle autorità del nostro paese di dire che “le uniche informazioni sulla vicenda giudiziaria legata alla tragica morte del nostro connazionale sono quelle che il nostro Consolato Generale a Gerusalemme riesce a raccogliere”, ma precisa che queste “vengono acquisite tramite fonti aperte o indirette, ed è dunque doveroso mantenere una nota di cautela nel valutarle”.

Segue una lunga lista di “dovrebbe” e “potrebbe” riguardo “le informazioni in possesso”, che non sono niente di più di quanto sia reperibile da qualsiasi cittadino italiano abbia un minimo di confidenza con il web.

Sono piuttosto qualcosa di meno, dal momento che gli utenti di Twitter risultano assai più precisi, puntuali e informati del nostro ministero.

Che però, sottolinea, attraverso l’Unità di crisi della Farnesina “ha espresso forte sgomento per il barbaro assassinio” sin dai primi giorni. E niente più di questo.

Una risposta che anche Codurelli definisce “insoddisfacente e scarna nel contenuto, purtroppo confermando la totale assenza da noi denunciata”. La consapevolezza della difficile situazione diplomatica era nota, “ma altra cosa è l’interessamento nei confronti di un nostro connazionale. Ho denunciato che il silenzio del Governo sin dall’inizio di questa amara vicenda è risultato essere assordante”.

Intanto, dopo 15 udienze cadute nel vuoto, l’ultima ha portato un colpo di scena: gli imputati alla sbarra – Mahmud Salafiti, Tarek Hasasnah e Khader Jram – hanno ritrattato le confessioni rese all’indomani dell’arresto, con un voltafaccia inatteso.

Avrebbero confessato sotto pressione, dichiarando di non aver preso parte al sequestro di Vittorio Arrigoni per scambiarlo con al Maqdisi, lo sceicco salafita prigioniero di Hamas, ma per “dare una lezione di moralità” al cooperante italiano considerato troppo occidentale, e colpevole di condurre una vita “immorale”.

Una svolta che, secondo l’opinione dei presenti in aula, non è stata sufficientemente approfondita dalla Corte.

La prossima udienza non “sarebbe” fissata per il 14 maggio, come si legge nella risposta del governo. Lo è. E soprattutto in Italia ci si augura possa essere quella definitiva.

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Fonte:  Osservatorio Iraq

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