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Giustizia ed equità per chi manifestò contro la guerra

APPELLO

Il 5 novembre 2010 comincerà il processo di appello per i fatti avvenuti oltre dieci anni fa, il 13 maggio 1999, nei pressi del consolato statunitense di Firenze. Quel giorno migliaia di persone parteciparono a una manifestazione contro la guerra in Jugoslavia, che si concluse appunto sotto il consolato. Vi fu un breve concitato contatto fra le forze dell’ordine e i manifestanti, per fortuna senza conseguenze troppo gravi, se non alcuni manifestanti contusi, fra cui una ragazza che dovette essere operata ad un occhio.


Nessuno, sul momento, fu fermato o arrestato, ma in seguito vi furono identificazioni e denunce. Si è arrivati così alle condanne di primo grado, molto pesanti per i 13 imputati: ben sette anni, per le accuse di resistenza aggravata a pubblico ufficiale. Nel dibattimento si sono confrontate le tesi – molto divergenti – delle forze dell’ordine e dei manifestanti. Non intendiamo sindacare le procedure legali, né esprimere giudizi tecnico-giuridici sulla sentenza, ma ci pare che le pene inflitte in primo grado e le loro conseguenze sulla vita delle persone imputate, siano del tutto sproporzionate rispetto alla reale portata dei fatti. Non vi furono, il 13 maggio 1999, reali pericoli per l’ordine pubblico o per l’incolumità delle persone, e non è giusto – in nessun caso – infliggere pene pesanti, in grado di condizionare e stravolgere l’esistenza di una persona, per episodi minimi: perciò esprimiamo la nostra pubblica preoccupazione in vista del processo d’appello, convinti come siamo che la giustizia non possa mai essere sinonimo di vendetta e nemmeno strumento per mandare messaggi “esemplari” a chicchessia. Seguiremo il processo e invitiamo la cittadinanza a fare altrettanto, perché questa non è una storia che riguarda solo 13 persone imputate, ma un passaggio significativo per la vita cittadina e per il senso di parole e concetti che ci sono cari, come democrazia, giustizia, equità.

*** Primi firmatari: Alessandro Santoro, Comunità delle Piagge | Andrea Calò, consigliere provinciale | Andrea Satta, musicista, Tete de bois | Angela Staude Terzani, scrittrice | Beatrice Montini, Giornalisti contro il razzismo | Carlo Bartoli, giornalista | Catia di Sabato, rappresentante studenti universitari | Chiara Brilli, giornalista | Christian De Vito, ricercatore | Corrado Mauceri, Comitato per la difesa della Costituzione | Cristiano Lucchi, giornalista | Domenico Guarino, giornalista | Emiliano Gucci, scrittore | Enrico Fink, musicista | Enzo Mazzi, Comunità dell’Isolotto | Filippo Zolesi, Sinistra unita e plurale | Folco Terzani, scrittore | Francesca Chiavacci, consigliera comunale | Francesco di Giacomo, musicista Banco del Mutuo Soccorso | Francesco Pardi, senatore | Giuliano Giuliani e Haidi Gaggio Giuliani, genitori di Carlo Giuliani | John Gilbert, Statunitensi contro la guerra | Lisa Clark, Beati i costruttori di pace | Lorenzo Guadagnucci, Comitato verità e giustizia su Genova | Luigi Ciotti, prete | Mauro Banchini, giornalista | Mauro Socini, presidenza Anpi Firenze | Marcello Buiatti, biologo | Marco Vichi, scrittore | Maria Grazia Campus, Comitato bioetica Regione Toscana | Maurizio De Zordo, Lista di cittadinanza perUnaltracittà | Miriam Giovanzana, Terre di mezzo | Moreno Biagioni Rete Antirazzista fiorentina | Ornella De Zordo, consigliera comunale | Paolo Ciampi, giornalista e scrittore | Paolo Solimeno, Giuristi democratici | Petra Magoni, musicista | Pietro Garlatti, rappresentante studenti universitari | Raffaele Palumbo, giornalista | Riccardo Torregiani Comitato fermiamo la guerra Firenze | Sandra Carpilapi, Sinistra unita e plurale | Sandro Targetti, Comitato No Tav | Sandro Veronesi, scrittore | Sara Vegni, Comitato 3 e 32 | Sergio Staino, vignettista | Simona Baldanzi, scrittrice | Ulderico Pesce, attore e regista | Vincenzo Striano, referente associazionismo.

FIRMA  L’APPELLO!!

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Approfondimento:

Video degli incidenti

Il Manifesto cronaca del 13 maggio 1999 (pdf)


Noi eredi di Bush, quel “caro amico George”: la trappola insanguinata dell’Afghanistan

Le signore del Tea Party che minacciano Obama dovrebbero andare in gita a Kabul per capire cos’ha combinato la politica, bombe e mitraglia della destra americana. Che è anche la destra italiana: Berlusconi e Frattini ricordano come “grande Presidente” il figlio meno intelligente di Bush padre. Intanto gli alpini muoiono per “difendere la libertà del mondo libero”

italiani in afghanistan

di Raniero La Valle

L’Afghanistan è l’ultimo – ma non ultimo – frutto avvelenato che si è lasciato dietro il fallimento del “nuovo secolo americano”: un secolo che, nella visione parossistica di Bush e della destra americana, irresponsabilmente sostenuta dai Blair e dai Berlusconi europei, avrebbe dovuto fare degli Stati Uniti il sovrano del mondo, del dollaro il metro di misura dell’universo, del sistema neoliberista l’unico regime economico e politico consentito, e degli “Stati canaglia” un deserto. Questa politica ha devastato l’economia mondiale, ha diffuso la povertà perfino tra i ricchi e reso più miserabili i poveri, ha distrutto l’Iraq, ha compromesso le prospettive di pace in Medio Oriente e ha impantanato gli eserciti occidentali in Afghanistan.

Se noi stiamo in Afghanistan a morire, ci stiamo per questo; ma non moriamo solo noi, ma anche sono morti quasi 2000 soldati della coalizione, e 40.000 afghani tra militari e civili, mentre centinaia di reduci americani ed inglesi si sono suicidati, come denuncia un appello lanciato dall’ex vescovo di Caserta mons. Nogaro. Se siamo lì in quel contagio di morte, ci stiamo non perché abbiamo fatto una scelta di valori (mettendo in campo per esempio la Costituzione italiana), ma perché, senza scelta, ci siamo messi al servizio di quell’empio disegno. Poi, quando tornano nelle bare, un vescovo militare dice a quei ragazzi uccisi che erano “profeti del bene comune, decisi a pagare di persona per ciò in cui hanno creduto e per cui hanno vissuto”, e che lo stavano facendo “nella consapevolezza di una strategia chiara e armonica”; ma non è vero, né per la coscienza di ciò che essi stavano facendo (in realtà “lavoravano”), né per la chiarezza della strategia, di cui l’unica cosa chiara è che non si sa come uscirne.

Neanche Obama lo sa; perché è più facile entrare in una guerra che uscirne. Quando ci si entra garriscono i gagliardetti e la stampa incita al rapido massacro; ma quando se ne esce si porta a casa una sconfitta, e la colpa di un’inutile strage. (leggi tutto)

Fonte: Domani


John Lennon e la nonviolenza

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Ecco cosa pensava della guerra, della pace e della nonviolenza John Lennon. (madu)

 

Nel 1969,  Jerry Levitan, 14 anni si intrufolò furtivamente in una camera d’albergo di Toronto dove alloggiava John Lennon e con un registratore in mano lo convinse a rilasciargli un’intervista. 38 anni dopo, Levitan, Josh Raskin e l’illustratore James Braithwaite hanno collaborato alla creazione di un singolare film d’animazione, ” I Met the Walrus “, con la registrazione originale dell’intervista. Per la genialità dell’animazione e per i contenuti  il film è stato candidato al 2008 Academy Award ed ha anche vinto come migliore animazione al Manhattan Short Film Festival.

 

I Met the Warlus

TRADUZIONE

John, puoi raccontarci com’è la situazione riguardo al tuo rientro negli Stati Uniti?

Sono molte le persone che non mi vogliono. Pensano che potrei causare una rivoluzione violenta, cosa che non ho intenzione di fare. Ovviamente non vogliono nemmeno che difenda la causa della pace perché la guerra è un grosso business e a loro la guerra piace perché li arricchisce e li rende felici.
Io sono contro la guerra e loro cercano di tenermi fuori. Io non posso entrare nel Paese perché loro dichiarano pubblicamente di essere contrari alla pace.

Cosa possiamo fare noi giovani che ti seguiamo per aiutarti?

Per aiutare me dovete per prima cosa aiutare voi stessi. Per quanto riguarda le rivoluzioni militari, chiedete ai militanti di dimostrarvi che ci sia stata almeno una rivoluzione che ha raggiunto i risultati promessi a livello militare. Prendi la Russia, la Francia, ovunque ci sia stata una rivoluzione, succede che viene raso tutto al suolo e ricostruito e la gente che costruisce si tiene tutto stretto diventando così l’autorità. E anche voi ragazzi sarete l’autorità fra pochi anni.
Non è questo che mi deprime, perché è utile avere spazio e mezzi, il fatto è che bisogna protestare ma in modo non violento perché la violenza genera altra violenza e se fai il violento in giro verrai colpito e allontanato, queste sono le leggi dell’universo.
Sono loro che hanno tutte le armi e tutto il denaro e sanno bene come combattere i violenti perché l’hanno sempre fatto, fin dall’antichità. Se c’è una cosa che non sanno affrontare è la non violenza. E lo humour.
Sono tanti i modi attraverso cui promuovere la pace. Fate tutto per la pace: fate pipì per la pace, sorridete per la pace, andate a scuola o non andateci per la pace… Qualsiasi cosa facciate, fatela per la pace. Dipende solo dalla gente. Non possiamo dare colpa al governo; non diciamo: “Se fanno questa cosa ci faranno entrare in guerra!” perché siamo stati noi a dar loro potere e così facendo glielo abbiamo permesso. Ma possiamo cambiare la situazione: se davvero vogliamo cambiare, possiamo farlo.

E cosa pensano Paul, Ringo e George?

Siamo quattro persone diverse e George mi dice… George sta portando avanti le cose a modo suo, in un modo legato alla sua vita. Ma non va bene stare all’angolo della strada e gridare: “Voglio la pace!” se poi picchi il tuo vicino. Devi lavorare sul tuo atteggiamento e diventare non violento ma non è facile perché il fatto è che siamo tutti violenti dentro, siamo tutti Hitler e siamo tutti Cristo. Dobbiamo lavorare sul nostro lato buono.


Ho letto su un giornale che tutti vedono George come il chitarrista buono. Tutti hanno una passione per George, piace anche a me, ma ho come l’impressione che stia andando alla deriva. Siete un simbolo, i Beatles sono quasi Dio. Ma se chiedo a scuola: “Qual è il tuo gruppo preferito?” mi rispondono: “I Bee Gees!”. E se chiedo: “Perché non piacciono i Beatles? Sono fantastici, sono dei grandi”, loro tirano in ballo le accuse che avete ricevuto per possesso di marijuana e il fatto che siete hippy e pensano che abbiate una mente disturbata.

Capisco…
Questi ragazzi mi sembrano un po’ inquadrati. Sembra che non riescano ad abbandonare l’ala protettiva dei genitori. Le ali… Lo so, sono come dei robot…


…ho percepito questa sensazione dal tuo album… l’ho ascoltato per diverso tempo. Ho cominciato a percepire questa sensazione che vi fosse un messaggio.

Il messaggio c’è, a tutti i livelli e in ogni tipo di musica. Ognuno lo percepisce a livello diverso e anch’io lo sento quando scrivo o canto. Io scrivo, registro e riproduco la mia musica ma non me ne rendo conto fino a quando, mesi dopo, mi rilasso e ascolto un album dei Beatles, passandolo in rassegna a posteriori e in modo obiettivo. Riguarda un po’ tutto: riguarda la Gran Bretagna, l’URSS, riguarda il niente e gli USA. È tutto lì, quello che senti. Capisci? È tutto lì, le cose profane e quelle profonde. È come un fiore che ha già in sé tutte le risposte. Devi solo osservarlo per giorni, ma se aspetti abbastanza ti si mostrano le risposte, e lo stesso succede con la musica.

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