John Lennon e la nonviolenza

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Ecco cosa pensava della guerra, della pace e della nonviolenza John Lennon. (madu)

 

Nel 1969,  Jerry Levitan, 14 anni si intrufolò furtivamente in una camera d’albergo di Toronto dove alloggiava John Lennon e con un registratore in mano lo convinse a rilasciargli un’intervista. 38 anni dopo, Levitan, Josh Raskin e l’illustratore James Braithwaite hanno collaborato alla creazione di un singolare film d’animazione, ” I Met the Walrus “, con la registrazione originale dell’intervista. Per la genialità dell’animazione e per i contenuti  il film è stato candidato al 2008 Academy Award ed ha anche vinto come migliore animazione al Manhattan Short Film Festival.

 

I Met the Warlus

TRADUZIONE

John, puoi raccontarci com’è la situazione riguardo al tuo rientro negli Stati Uniti?

Sono molte le persone che non mi vogliono. Pensano che potrei causare una rivoluzione violenta, cosa che non ho intenzione di fare. Ovviamente non vogliono nemmeno che difenda la causa della pace perché la guerra è un grosso business e a loro la guerra piace perché li arricchisce e li rende felici.
Io sono contro la guerra e loro cercano di tenermi fuori. Io non posso entrare nel Paese perché loro dichiarano pubblicamente di essere contrari alla pace.

Cosa possiamo fare noi giovani che ti seguiamo per aiutarti?

Per aiutare me dovete per prima cosa aiutare voi stessi. Per quanto riguarda le rivoluzioni militari, chiedete ai militanti di dimostrarvi che ci sia stata almeno una rivoluzione che ha raggiunto i risultati promessi a livello militare. Prendi la Russia, la Francia, ovunque ci sia stata una rivoluzione, succede che viene raso tutto al suolo e ricostruito e la gente che costruisce si tiene tutto stretto diventando così l’autorità. E anche voi ragazzi sarete l’autorità fra pochi anni.
Non è questo che mi deprime, perché è utile avere spazio e mezzi, il fatto è che bisogna protestare ma in modo non violento perché la violenza genera altra violenza e se fai il violento in giro verrai colpito e allontanato, queste sono le leggi dell’universo.
Sono loro che hanno tutte le armi e tutto il denaro e sanno bene come combattere i violenti perché l’hanno sempre fatto, fin dall’antichità. Se c’è una cosa che non sanno affrontare è la non violenza. E lo humour.
Sono tanti i modi attraverso cui promuovere la pace. Fate tutto per la pace: fate pipì per la pace, sorridete per la pace, andate a scuola o non andateci per la pace… Qualsiasi cosa facciate, fatela per la pace. Dipende solo dalla gente. Non possiamo dare colpa al governo; non diciamo: “Se fanno questa cosa ci faranno entrare in guerra!” perché siamo stati noi a dar loro potere e così facendo glielo abbiamo permesso. Ma possiamo cambiare la situazione: se davvero vogliamo cambiare, possiamo farlo.

E cosa pensano Paul, Ringo e George?

Siamo quattro persone diverse e George mi dice… George sta portando avanti le cose a modo suo, in un modo legato alla sua vita. Ma non va bene stare all’angolo della strada e gridare: “Voglio la pace!” se poi picchi il tuo vicino. Devi lavorare sul tuo atteggiamento e diventare non violento ma non è facile perché il fatto è che siamo tutti violenti dentro, siamo tutti Hitler e siamo tutti Cristo. Dobbiamo lavorare sul nostro lato buono.


Ho letto su un giornale che tutti vedono George come il chitarrista buono. Tutti hanno una passione per George, piace anche a me, ma ho come l’impressione che stia andando alla deriva. Siete un simbolo, i Beatles sono quasi Dio. Ma se chiedo a scuola: “Qual è il tuo gruppo preferito?” mi rispondono: “I Bee Gees!”. E se chiedo: “Perché non piacciono i Beatles? Sono fantastici, sono dei grandi”, loro tirano in ballo le accuse che avete ricevuto per possesso di marijuana e il fatto che siete hippy e pensano che abbiate una mente disturbata.

Capisco…
Questi ragazzi mi sembrano un po’ inquadrati. Sembra che non riescano ad abbandonare l’ala protettiva dei genitori. Le ali… Lo so, sono come dei robot…


…ho percepito questa sensazione dal tuo album… l’ho ascoltato per diverso tempo. Ho cominciato a percepire questa sensazione che vi fosse un messaggio.

Il messaggio c’è, a tutti i livelli e in ogni tipo di musica. Ognuno lo percepisce a livello diverso e anch’io lo sento quando scrivo o canto. Io scrivo, registro e riproduco la mia musica ma non me ne rendo conto fino a quando, mesi dopo, mi rilasso e ascolto un album dei Beatles, passandolo in rassegna a posteriori e in modo obiettivo. Riguarda un po’ tutto: riguarda la Gran Bretagna, l’URSS, riguarda il niente e gli USA. È tutto lì, quello che senti. Capisci? È tutto lì, le cose profane e quelle profonde. È come un fiore che ha già in sé tutte le risposte. Devi solo osservarlo per giorni, ma se aspetti abbastanza ti si mostrano le risposte, e lo stesso succede con la musica.

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