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Il Film: “Blue Jasmine” di Woody Allen

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Blue Jasmine

 

di Woody Allen

 

(USA, 2013)

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di Marcello Polizzi

Lasciatasi finalmente Roma alle spalle, Woody Allen torna in America. Questa volta però non filma nella sua New York, bensì a San Francisco, la città più europea degli States. Scelta dettata magari proprio da questo motivo, per mantenere vivo in qualche modo il legame con l’amato vecchio continente. O probabilmente dal fatto che la località californiana, come in un certo senso accadeva già in Provaci ancora Sam, diventa un perfetto contraltare delle nevrosi messe in scena. In Blue Jasmine c’è in effetti tutto il cinema di Allen, che ritrovata l’acutezza di un tempo, confeziona uno dei suoi film più amari e sofisticati.

 

Attraverso una riuscita struttura ad incastri, costruita su continui flashback, si svela il percorso che porta Jasmine a San Francisco per cercare il sostegno della sorella Ginger, dopo la fine del matrimonio con il ricco marito Hal. Se è vero che c’è un richiamo a Un tram che si chiama desiderio, è altrettanto vero che la pellicola ruota esclusivamente attorno ai temi prediletti dal regista, in primis la nevrosi del personaggio femminile. È proprio la figura di Jasmine a donare freschezza all’intera vicenda. Cate Blanchett, superba nel ruolo, condensa in sé tutte le donne di Allen, portando contemporaneamente qualcosa di nuovo. Nonostante, come molte di esse, si trovi a fare i conti con se stessa, costretta a (re)inventarsi, Jasmine in realtà sembra non desiderare una nuova vita, ma semplicemente recuperare ciò che ha perso contro la sua volontà. A differenza della sorella che, a causa forse di un complesso d’inferiorità mai superato (tema caro al regista), si accontenta di una vita mediocre e di compagni poco eruditi, Jasmine non può fare a meno della ricchezza e della vita agiata che conduceva a New York; ha bisogno di un marito facoltoso e di coltivare le sue ambizioni “artistiche”. Appare terribilmente chiusa nella sua psicosi, quasi autistica nei confronti del mondo esterno, interlocutore inesistente quanto ignorato: Jasmine si volta da un’altra parte per non vedere ciò che potrebbe incrinare il suo mondo, unico oggetto di attenzioni. Quella quasi istintiva tensione alla ricostruzione di sé propria già di Hanna e le sue sorelle, Alice o di Un’altra donna, a lei non appartiene. Ed è forse proprio tale aspetto che differenzia la nuova musa di Allen da molte altre del passato.

 

Riflessione sottile ma spietata sulle categorie di valori che ci si costruisce addosso ed in cui si rimane irrimediabilmente intrappolati, Blue Jasmine è una fra le più crude, ciniche e cupe tragicommedie del regista statunitense, splendidamente bilanciata da un arguta ironia. Emblematica sin dal titolo dove quel “blue” porta tutto il peso della depressione ma anche il ricordo del jazz di Blue Moon le cui parole però, nel vero ed unico momento di riflessione sul proprio passato, appaiono ormai a Jasmine “tutte mischiate”.

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Blue Jasmine

Regia: Woody Allen
Cast:  Michael Stuhlbarg, Cate Blanchett, Alec Baldwin, Louis C.K., Bobby Cannavale, Andrew Dice Clay, Sally Hawkins, Peter Sarsgaard
Distribuzione: WARNER BROS ITALIA S.P.A.
Produzione: Perdido Productions
Sito: http://www.sonyclassics.com/bluejasmine/
Genere: Drammatico
Durata: 98

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Trailer

 


Il Film: “Il passato” di Asghar Farhadi

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Il passato

 

di Asghar Farhadi

(Francia/Italia, 2013)  

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di Marcello Polizzi

 

Ahmad (Ali Mosaffa) si reca a Parigi per concludere le pratiche di divorzio con l’ex moglie Marie (Bérénice Bejo), con cui ha rotto i rapporti da quattro anni. Anziché alloggiare in albergo, viene invitato dalla donna a trattenersi nella sua abitazione. Apparentemente sembra che i due si ritrovino in buoni rapporti e che il passato sia ormai alle spalle. Ma ben presto Ahmad si troverà a fare i conti con la nuova situazione familiare di Marie.

 

Le bellissime scene iniziali che vedono i due protagonisti parlarsi attraverso le vetrate dell’aeroporto ed i vetri della macchina, in una riuscita alternanza di silenzi e rumori, pare vogliano avvertirci che per quanto non sembri, i rapporti di questa ex-coppia non possono che essere altalenanti. Ma curiosamente queste sequenze, tra le più riuscite del film, si fanno carico anche di un significato simbolico: così come i vetri impediscono alle parole di essere udite o rendono i suoni ovattati, così la pellicola appare a tratti forse troppo carica da perdere la sua immediata comunicabilità, proprio uno dei punti di forza del regista.

 

A risentirne in parte è la fase di scrittura. Ma allo stesso tempo ne Il passato ritornano le costanti vincenti del cinema di Farhadi. In primo luogo quella struttura filmica modellata sui canoni del thriller, in cui le menzogne e le verità sono svelate poco alla volta in un crescendo di tensione che guida i personaggi, e con essi lo spettatore, verso la catarsi finale. Sono questi motivi a condurre ancora una volta ed in maniera brillante le redini del gioco, creando un coinvolgente realismo. Pare che non si giunga però a quel climax che avvertiamo invece in About Elly e in Una separazione, dove le confessioni, rispettivamente di Sepideh e Razieh, risolvevano la narrazione. Si ha infatti quasi la sensazione che nel momento cruciale il regista, persa per un attimo la solita naturalezza, fatichi a districarsi nella fitta rete di eventi.

 

Si potrebbe infine cercare un parallelo tra Farhadi e il suo protagonista, nel tentativo di giustificare i momenti di incertezza del film. Così come Ahmad da Teheran si reca a Parigi, anch’egli si trova a fare i conti con un nuovo ambiente, quello della capitale francese e del cinema propriamente europeo: una realtà in parte diversa che il regista iraniano forse deve ancora far sua completamente.

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Titolo originale: Le passé
Regia:
Asghar Farhadi
Interpreti:
Bérénice Bejo, Tahar Rahim, Ali Mosaffa, Sabrina Ouazani, Pauline Burlet, Elyes Aguis, Babak Karimi,Valeria Cavalli, Jeanne Jestin
Origine:
Francia 2013
Distribuzione:
BIM
Durata:
130’

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“Schiavi” il film inchiesta di Stefano Mencherini

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E’ uscito Schiavi, documentario sulle rotte del nuovo sfruttamento

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E’ possibile contattare il regista per organizzare una proiezione o acquistare un dvd del film

“Schiavi” è il nuovo film inchiesta di Stefano Mencherini, giornalista indipendente, autore e regista Rai.

Il documentario, realizzato nel corso degli ultimi tre anni e prodotto da Flai Cgil e da Less onlus (Napoli), denuncia lo sperpero di denari pubblici e l’indiscriminato calpestio di diritti umani e civili avvenuto attraverso l’Ena (Emergenza Nord Africa) e mette in luce come masse incredibili di migranti (rifugiati, richiedenti asilo e irregolari) finiscano nella rete dei nuovi schiavi.

Nel film inchiesta, che raccoglie anche testimonianze dell’unico processo aperto in Europa con accuse di riduzione in schiavitù verso datori di lavoro e caporali (il processo è in corso a Lecce), interviene anche il ministro per l’Integrazione Cecile Kyenge, che oltre ad alcune precisazioni lancia un appello all’Europa affinchè si possano tutelare collegialmente i diritti umani e civili dei migranti attraverso legislazioni, anche europee, non meramente repressive, che fino ad oggi hanno solo contribuito ad alimentare lutti e inaccettabili pratiche di sfruttamento.

Grazie a Schiavi e Mare nostrum del 2003, si ha uno spaccato incontrovertibile di quanto le politiche dell’immigrazione nel nostro Paese, almeno negli ultimi dieci anni, siano state dannose, inique e controproducenti. Ma si intuisce anche come si possa cambiare per modificare questo inaccettabile stato di cose.

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Trailer

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Info www.stefanomencherini.org

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Fonte: peacelink

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