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20 marzo 1994 – 20 marzo 2013. Ilaria e Miran: 19 anni senza verità e giustizia

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L’Associazione IA lancia un appello alle Istituzioni

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A 19 anni dalla morte di ILARIA ALPI e MIRAN HROVATIN, avvenuta il 20 marzo 1994 a Mogadiscio in Somalia, il presidente dell’Associazione ILARIA ALPI  Mariangela Gritta Grainer traccia un ricordo su questi anni di lotta, prima dei genitori di Ilaria, Giorgio e Luciana e poi della società civile, facendo anche il punto sul caso giudiziario. Oggi l’Associazione Ilaria Alpi lancia, con una lettera aperta un appello ai nuovi presidenti di Camera e Senato ( * ) perchè si continui ad indagare in nome della verità e della giustizia.

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E PER NON DIMENTICARE, lanciamo una campagna su Twitter con questo tweet:

20 marzo ’94 venivano uccisi IlariaAlpi e MiranHrovatin. 19anni senza giustizia. #giustiziaperilaria @ilariaalpiaward http://www.ilariaalpi.it/?p=5171

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oppure scrivete il vostro tweet e usate questo hashtag:    #giustiziaperilaria

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mentre su Facebook nella fan page del Premio Ilaria Alpi raccogliamo i vostri pensieri e ricordi.
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Grazie, perchè ci aiutate a non dimenticare e a chiedere verità e giustizia per Ilaria e Miran.
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Il nuovo motore di ricerca di Facebook e la più completa violazione della privacy

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Il motore di ricerca Graph Search: la più vasta invasione della privacy mai vista

di Ari Melber

Eccovi una delle leggi ferree di Internet: l’accento di una rete sociale sulla monetizzazione del proprio prodotto è direttamente proporzionale alla perdita di riservatezza dell’utente.

A un estremo ci sono reti come Craiglist e Wikipedia che perseguono profitti relativamente limitati e garantiscono un anonimato e una riservatezza quasi assoluti. All’altro estremo dello spettro c’è Facebook,  una società da 68 miliardi di dollari che cerca costantemente modi per monetizzare i propri utenti e i loro dati personali.

Il più recente programma di Facebook, Graph Search, può essere la più vasta violazione della riservatezza mai vista da parte della società.

Facebook ha annunciato Graph Search a metà gennaio, ma non lo ha ancora lanciato ufficialmente. Secondo i materiali della società e alcuni rapporti indipendenti, tuttavia, il programma spalanca il deposito di informazioni personali di Facebook per consentire le ricerche e lo sfruttamento dei dati [data mining] di un vasto segmento del miliardo di utenti di Facebook. Gli utenti che scelgono l’opzione “pubblico” nel loro profilo stanno per essere esposti al più vasto pubblico mai esistito.

Facebook lo considera il futuro. In un video di annuncio del programma, Mark Zuckerberg, fondatore e direttore generale della società, promuove Graph Search come uno dei tre pilastri centrali dell’”ecosistema Facebook”.

Gli incentivi finanziari sono chiari. Google, con la sua dimensione tripla di quella di Facebook, realizza la maggior parte delle sue entrate mediante pubblicità nelle ricerche. Così mentre le società ospitano i due siti più visitati degli Stati Uniti, Google spreme più soldi e in meno tempo dai suoi utenti. La ricerca offre a Facebook un modo per vendere di più ai suoi utenti attivi e, naturalmente, per vendere i suoi utenti ad altri. E’ qui che entra in gioco Tom Scott.

Scott, un programmatore inglese ventottenne, burlone ed ex candidato politico – è stato in lista in una piattaforma “Pirata” per smantellare le tasse sul rum – ha lanciato la sua contestazione anticipata di Graph Search. Il suo nuovo blog, “La verità su Graph Search di Facebook” utilizza una versione beta del prodotto per rivelarne il lato oscuro.

Con pochi click Scott mostra come Graph Search rivela i nomi veri e altre informazioni identificative per ogni genere di combinazione problematica, dall’imbarazzante all’ipocrita alle Liste dei Nemici prefabbricate per i regimi repressivi. Le sue ricerche includono madri cattoliche in Italia che hanno dichiarato una preferenza per i preservativi Durex e, più sinistramente, residenti cinesi che hanno membri della famiglia che amano il Falun Gong (ha cancellato i nomi veri, ma presto chiunque potrà lanciare queste ricerche).

“Le burle su Graph Search sono un buon modo per allarmare le persone e indurle a controllare le proprie impostazioni relative alla riservatezza,” dice Scott, che era stato incluso a caso in un campione di prova per l’accesso anticipato al programma. “Non sono sicuro di sostenere tesi più approfondite sulla riservatezza,” ha dichiarato a The Nation. Può essere questo che ha reso così efficace lo spensierato tentativo di Scott.

Nel giro di pochi giorni dal lancio il blog di Scott è diventato, sì, virale. Afferma di aver attirato più di un quarto di milione di visitatori, grazie a una vasta gamma di attenzione della rete, e ha attizzato un maggior controllo di Facebook.

Mathew Ingram, scrittore di tecnologia e fondatore del congresso sulla rete digitale, sostiene che   i risultati della ricerca di Scott evidenziano il rischio di qualcosa di più della “riservatezza” [privacy] tradizionale. Alcuni pragmatici e difensori di Facebook sottolineano che le informazioni di questi risultati di ricerca sono già resi disponibili dagli utenti, così sarebbero questi ultimi da critica e non la tecnologia. (Sapete, Facebook non uccide la riservatezza, la uccide la gente). Ma Ingram contesta questo ragionamento evocando un paradigma del filosofo Evan Selinger, che sostiene che queste questioni, in realtà, si scontrano con i presupposti e i confini dell’oscurità digitale.

“Essere invisibili ai motori di ricerca accresce l’anonimato,” scrive Selinger. “Lo stesso dicasi per l’uso delle impostazioni della riservatezza e per gli pseudonimi, [e] poiché poche rivelazioni in rete sono davvero confidenziali o altamente pubblicizzate, la parte del leone della comunicazione sulle reti sociali ricade nell’esteso continuo dell’oscurità: una gamma che spazia dal completamente celato al totalmente evidente.”

Il motore di ricerca di Facebook è un altro passo nel suo lungo disegno di promettere “un ambiente sicuro e affidabile” per una condivisione potenziata – parole di Zuckerberg – spalancando al tempo stesso quello Spazio Sicuro al miglior offerente. Diventano allora cruciali l’accesso a e il contesto di quello spazio. Dopotutto, molti acconsentirebbero a condividere singoli frammenti di informazioni personali separatamente, mentre recalcitrerebbero a diffondere un dossier di tutte quelle informazioni assieme. La distinzione riguarda più i principi dell’oscurità e dell’accesso che la riservatezza binaria – un concetto che è svanito con il proliferare delle reti sociali – e riceve sostegno anche dalla letterature sui servizi d’informazione e sullo spionaggio.

La CIA, ad esempio, ha da lungo tempo aderito alla Teoria del Mosaico per la raccolta di informazioni. L’idea è che mentre frammenti apparentemente innocui di informazione non hanno valore se considerati singolarmente, quando messi insieme possono formare un’informazione olistica significativa. La Marina ha spiegato una volta l’idea in una dichiarazione sulla segretezza governativa che, se ci si riflette, potrebbe applicarsi al vostro profilo Facebook:  a volte “pezzi apparentemente innocenti di informazione, quando assemblati, possono rivelare un quadro compromettente.”

Gli incentivi di Facebook sono, quasi sempre, di continuare ad assemblare le informazioni e a svelare quel quadro.

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Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

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Fonte:  Z Net Italy

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Elezioni in Rete: chi vince?

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Chi vince le elezioni su Internet?

I valori in campo in Rete non ricalcano necessariamente quelli del Paese. Un’analisi dei cinguettii e dei mi piace rivela le migliori strategie digitali

di Luca Annunziata

Se le prossime elezioni politiche le vincesse chi ha più follower e like in Rete, non ci sarebbe storia: Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle avrebbero vita facile. Segue Vendola, poi Renzi, Berlusconi, Bersani e infine Monti. Ma, oltre a questo, conta anche la capacità del politico nel coinvolgere i propri sostenitori nella conversazione: in quel caso Ingroia batte tutti, e anche Casini non scherza.

I risultati di questa sorta di “sondaggi” in Rete sono raccolti nello studio SocialWebPolitik, realizzato da Almawave (una società del gruppo Almaviva), che ha analizzato le conversazioni su Twitter e Facebook per valutare le differenze tra le diverse strategie di comunicazione adottate su Internet dai diversi candidati e schieramenti politici. Oppure, anche, per cercare valutare il peso che le dichiarazioni di un personaggio o le materie che affronta su Web possano influire sul successo presso il pubblico dei suoi profili social.

“Per effettuare questa analisi è stata utilizzata una parte della nostra piattaforma tecnologica Iride, chiamata IrideAware, utile per approfondire le discussioni e i commenti su un certo argomento – spiega a Punto Informatico Valeria Sandei, che di Almawave è amministratore delegato – In realtà la nostra piattaforma può effettuare un monitoraggio più ampio e in tempo reale delle dinamiche Web, e oltre a un’analisi quantitativa può produrre anche un’analisi qualitativa: comprendere quello che noi definiamo sentiment associato a un argomento, in altre parole se di un dato fenomeno si parla bene o male, oppure cogliere temi emergenti”.

Anche così, tuttavia, si possono raccogliere informazioni interessanti: per esempio, nello studio relativo a metà gennaio si scopre che l’interazione dei follower di Berlusconi era decisamente maggiore che all’inizio di febbraio, confermando il trend: segno probabilmente che l’attenzione del suo elettorato si è spostata su altri canali di comunicazione, o che è cambiata la strategia per avvicinare i cittadini. Su Twitter si muove invece molto bene Monti, che ha un indice di gradimento da parte dei navigatori in termine di follower rispetto al numero di tweet molto alto, e lo stesso si può dire per Renzi. Giannino si difende bene su Twitter, mentre su Facebook il vero asso è Ingroia: il 93 per cento di chi ha cliccato su “like” sulla sua pagina ufficiale interagisce con il candidato e il suo staff.

Lo studio Almawave poi mette in evidenza un altro tipo di analisi: quella del buzz su Twitter, ovvero quanto effettivamente gli utenti della piattaforma discutano di un personaggio e delle sue idee nei loro cinguettii. In questo caso il più costante di tutti è ancora una volta Grillo, che rimane sempre sul podio; Berlusconi, dopo l’exploit iniziale, ancora una volta cede terreno e alla fine il distacco tra lui, il comico leader del M5S e il premier uscente Monti non è troppo marcato.

Diverso il discorso per la eco, ovvero la capacità di un messaggio di farsi strada tra i netizen: un indice che, almeno in teoria, dovrebbe premiare i contenuti (pur nella loro discutibilità) rispetto alla vastità delle platee. La sorpresa è che Oscar Giannino detiene il primato indiscusso di questa classifica: il distacco in termini di efficacia comunicativa rispetto agli avversari supera il 20 per cento, con punte anche del 50 rispetto a leader affermati come Gianfranco Fini.

Si tratta in ogni caso di dati la cui natura può essere soggetta a interpretazioni: “Il nostro software consente di integrare informazioni e contenuti che provengono da qualsiasi canale di contatto – prosegue Sandei – che siano SMS, che siano email, messaggi lasciati su un portale, telefonate a un contact center: qualunque tipologia di canale contribuisce a trarre evidenze. Il software esegue l’analisi in forma autonoma, e presenta il risultato in una dashboard: il risultato non viene manipolato, e deve essere interpretato. Avere un retweet su un argomento può essere un fattore positivo o negativo a seconda dell’argomento”.

Valutare quindi la mera quantità di cinguettii e mi piace non basta a rappresentare il quadro dell’elettorato in Rete: il fatto che Grillo sia indubitabilmente il più popolare dei protagonisti di questa campagna per le politiche su Facebook e Twitter dice poco rispetto all’effettiva portata della sua base elettorale o del successo che otterrà al voto. Nella versione “rosa” dello studio, il primato va a un politico giovane come Deborah Serrachiani: a dimostrazione del fatto che la platea Internet non è direttamente sovrapponibile all’elettorato complessivo. “È chiaro che per dare un’interpretazione ai contenuti che emergono è necessaria una figura esperta della materia – continua ancora Sandei – esperti di comunicazione e sociologia in grado di comprendere i dati e trarne valore per consigliare una strategia di marketing a un’azienda o di suggerire un approccio diverso per il rapporto col pubblico”.

Il principio si applica, come detto, a tutte le sorgenti analizzate: nel caso di SocialWebPolitik sono stati analizzati solo Twitter e Facebook, ma ad esempio l’altro studio SentiMonti prende in considerazione anche Google+, e la piattaforma Iride include altri moduli in grado di applicare criteri semantici e ontologie ai dati aziendali e persino alle conversazioni che intercorrono tra gli operatori telefonici e i clienti che chiamano il servizio di assistenza. In altre parole, quello della politica è solo un passatempo che mostra di cosa è in grado la tecnologia sviluppata da Almawave.

Il prossimo pallino dell’azienda italiana, che è parte del gruppo Almaviva (22mila dipendenti) ed è anche già attiva sul mercato brasiliano mentre progetta di adattare il suo software anche alla lingua russa, cinese e turca, è il Festival della Canzone. SocialWebSanremo è il primo capitolo dell’analisi delle reazioni in Rete rispetto all’appuntamento musicale, che sarà seguito in tempo reale per valutare il gradimento per i cantanti in gara e su tutto quanto accadrà sul palco del Teatro Ariston da parte di blog, social network e YouTube.

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Fonte: Punto Informatico