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Cosiddetta … tua figlia.

Marina Berlusconi

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di Rita Pani

Quando posso, mi rifiuto di guardare filmati del tizio drag queen del consiglio, e mi risparmio di sentirne la voce. Leggo gli estratti sui giornali, non rabbrividisco; lo schifo al pari di un topo di fogna grande come un coniglio. Non c’è bisogno di inquinare ulteriormente il proprio sguardo, o l’udito, dato il bombardamento al quale siamo sottoposti quotidianamente.

Le trasmissioni televisive di approfondimento politico, che non narrano più dei governi che crollano per la povertà dei popoli, del nazismo che si fa sempre più audace in una società evoluta, dello strano concetto di federalismo che sta finendo di devastare una Repubblica tutto sommato giovane come la nostra, in cui appare sempre più chiaro l’intento di spaccarla in due, con il nord affidato ad un manipolo di ladri vestiti di verde, e il sud da donare – come ricompensa o bottino di guerra – alle mafie, che poi provvederanno ad equa spartizione. Narrano solo le vicende del patetico uomo a cui è ancora permesso credersi un sultano, e ci tocca ancora star qua a specificare il banale.

Essere donna è cosa diversa dall’essere la figlia del re, ed è ancora oltremodo diversa dall’essere figlia, moglie, o madre di un tizio che re non lo è mai stato. Essere donna è sempre stata fatica; un tempo perché si doveva chinare il capo e muoversi piano in un mondo che esigeva senza accettare ribellioni, poi quando si iniziò a tirar su il capo, divenne fatica riuscire a non abbassarlo di nuovo. Oggi è triplicemente faticoso, perché si deve combattere perché non passi l’idea che tutte si sia come la cosiddetta figlia del re, che non fatica nemmeno a schifare suo padre, porco o malato che sia.

Non posso e non voglio sentirmi insultata dal fare maniacale di questo vecchio balordo, che conserva il “diritto” di esistere nelle nostre vite, solo perché in grado di pagarselo – probabilmente anche con molti dei nostri soldi – non può offendere la mia dignità di donna. Perché io so d’averla. (leggi tutto)

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Fonte:  R-ESISTENZA  INFINITA

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Firenze: Appello per un “Fondo di emancipazione sociale”

Comunità delle Piagge Appello alla città di Firenze

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appello.

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L’accoglienza non può essere né monetizzata né mercificata. Se una persona vive in uno stato di emergenza ha il diritto di essere accolta senza dover tirar fuori un euro dalle proprie tasche, perennemente vuote.
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Se è vero, come è vero, che le istituzioni hanno il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto l’eguaglianza tra cittadini e impediscono il pieno sviluppo della persona” (art. 3 della Costituzione), a nessuna persona in difficoltà può essere imposto un contributo economico per essere accolta in un posto caldo dove passare la notte. Obbligandola di fatto, per raccogliere il denaro necessario, a compiere atti stigmatizzati dall’istituzione stessa, come l’accattonaggio o il lavoro nero. Nessun presunto percorso pedagogico di inserimento può esistere sotto la pressione di un ricatto, per di più ammantato da una presunta dignità istituzionale.
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A Firenze, secondo i dati Istat rielaborati nel 2009 dall’Osservatorio della Società della Salute, gli abitanti sono 365.000: di essi circa 10.000 vivono in una situazione di povertà relativa, mentre 5.000 versano in condizioni di povertà assoluta. Crediamo pertanto, e ci appelliamo all’amministrazione comunale e ai fiorentini e alle fiorentine tutte, di restituire ciò che è stato tolto agli ultimi e alle ultime, affinché possano tornare a vivere con dignità.
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Proponiamo pertanto che l’amministrazione comunale adotti, sostenga e promuova una campagna affinché ogni cittadino/a residente nella città di Firenze, che abbia un reddito superiore ai 1.000 euro netti mensili (ovvero oltre la soglia di povertà relativa), possa versare un euro al mese per la costituzione di un “Fondo di emancipazione sociale” utile a produrre opportunità di lavoro per le decine di persone che sono costrette a vivere sulla strada a causa di gravi vicende personali, dei tagli del governo sulla spesa sociale, per l’inadeguatezza dei servizi pubblici. Un fondo, ma è solo un esempio, che possa retribuire nel pieno rispetto della legge coloro che utilizzano le strutture d’accoglienza per lavori di pulizia e di cura del luogo stesso che li ospita.
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Tutto ciò è possibile. Niente di utopico. Il microcredito piaggese – che nasce e cresce grazie al principio morale “Se hai, hai per dare” – ha raccolto oltre 150.000 euro in uno dei quartieri più poveri della città grazie a piccoli versamenti, anche solo di 25 euro. Con quei denari, che costituiscono il “Fondo etico e sociale delle Piagge”, oltre 100 persone e famiglie con difficoltà economiche hanno potuto far fronte alle emergenze, fuggire dall’usura, recuperare una dignità perduta. Se questo è stato possibile ai margini della città, dove le risorse sono ridottissime, sarà certamente possibile costituire, con la partecipazione di tutti, un “Fondo di emancipazione sociale” per chi ne ha bisogno. A partire da subito.
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Per questo ti chiediamo di aderire a questo appello, di girarlo ai tuoi conoscenti, di parlarne in famiglia, sul luogo di lavoro, a scuola e ovunque sia possibile appellarsi al senso di solidarietà dei fiorentini e delle fiorentine. Questo è il link da far girare http://bit.ly/uneuro.
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Grazie per il tuo impegno a difesa della dignità degli ultimi.
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Alessandro Santoro e la Comunità delle Piagge
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Le Piagge, Firenze, 21 novembre 2010
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Gli irregolari della gru

La voce dei Diritti si fa sentire anche a Brescia. (madu)

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Salire su una gru esponendosi a tutti i rischi per affermare il diritto ad essere riconosciuti parte di una comunità. Un braccio di ferro tra sei uomini e un ministro, tra i diritti e chi li “respinge”, tra la richiesta di riconoscimento di dignità e la chiusura a fortezza di un benessere che si sente minacciato. O forse – chissà – di un’identità che non ama i colori, di un’economia che si avvantaggia del sommerso, della paura generata dall’ignoranza. Sei persone che a 35 metri dal suolo della nordissima Brescia da otto giorni chiedono di essere “regolarizzati”. E rideremmo di questo verbo se non ne conoscessimo le pieghe drammatiche. Per quel che può servire, sto dalla parte degli irregolari in un Paese in cui comincio a sentirmi irregolare anch’io.

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Peacelink – 9 novembre 2010 – Tonio Dell’Olio

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