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Le elezioni, l’illusione della scelta ed il governo virtuale

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Elezioni

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Perché voterete un governo solo virtuale. Se non capite questo siete finiti.

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di Paolo Barnard

Da oltre dieci anni pubblico le prove della progressiva perdita di qualsiasi sovranità politica e costituzionale degli Stati occidentali (WTO, GATS, ecc.). Oggi, nel caso dell’Eurozona, quella perdita è totale. Ciò significa che nessuno degli uomini o delle donne che oggi si azzuffano nelle liste elettorali, premier o parlamentari, vi potrà governare nei prossimi 5 anni. Essi eseguiranno solo ordini impartiti da tecnocrati europei, dai Trattati europei, e dai mercati finanziari, fine (le prove qui sotto). Fra Vendola e Monti lo spazio di manovra è non più dello 0,1%, se consideriamo le politiche nazionali che contano. Grillo ancora meno, perché il suo team è talmente scadente che neppure riuscirebbe a capire come si paga uno stipendio di un bidello, meno che meno cosa siano le Collective Action Clauses sui titoli del Tesoro o il Correcting Macroeconomic Imbalances. Inutile votare sti politici, inutile leggerne i programmi, guardare i dibattiti tv. Essi sono figure virtuali, impotenti al 99,9%, sono morti viventi.

So che questa nozione sembra una boutade di un fesso, tanto è scioccante. Ma così è. Il mio lavoro ha portato prove autorevoli con documenti e testimonianze in numero talmente ampio che è impossibile persino riassumerle qui. Voglio solo ricordare i seguenti punti:

A) La Costituzione italiana non ha più valore sovrano, essendo stata sottomessa alla legge europea fin dal 1991. (Chapter National constitutions and the Lisbon Treaty: conflicts are resolved by the EU Court, 344 TFEU – obligation of loyalty, 4.3 TEU, 24.3 TEU – In Opinion 1/91 of the European Court of Justice, the European treaties are described as ‘the Constitutional Charter of a Community of Law, a new legal order for the sake of which the States have limited their sovereign rights”).

B) La legge europea, redatta unicamente dalla Commissione Europea di tecnocrati che nessuno elegge, ha supremazia su ogni legge nazionale italiana. Ne consegue che il Parlamento nazionale è esautorato nella sovranità. Il ruolo subordinato dei Parlamenti nazionali nella nuova Europa significa che “essi dovranno fare gli interessi dell’Unione prima che i propri”, come sancito dai Trattati. (Art. 8c, TEU – The European Council of 21-23 June 2007 in Brussels: Presidency Conclusions, General Observations, point 3, page 16)

C) Il governo italiano non ha più alcuna sovranità nelle politiche economiche, di bilancio e sociali. Questo significa aver perso il 99,9% del potere di un governo. Ciò accade a causa dei Trattati europei che l’Italia ha firmato e ratificato in legge nazionale, e che da oggi costringono il governo e il Parlamento alle seguenti misure:

 

–       Una spesa pubblica insignificante non oltre il 3% del PIL, che dovrà scendere allo 0,5% del PIL.

 

–       Il pareggio di bilancio va inserito nella Costituzione (sancito dal Fiscal Compact nel TITOLO III art. 3/1 a – 3/2). Significa che il governo deve spendere 100 e tassarci 100, lasciando a noi cittadini e imprese esattamente 0 denaro. Unica nostra alternativa è erodere i risparmi o indebitarci con le banche. Questo è precisamente l’impoverimento automatico che oggi chiamiamo ‘la crisi’. L’Italia ha ubbidito e ha messo in Costituzione il pareggio di bilancio, ma ora sapete che non è stata affatto una scelta parlamentare per il bene del Paese, ma una costrizione esterna dettata dalla minaccia di sanzioni europee (leggi sotto)

 

–       Il governo dovrà sottomettere la legge di bilancio alla Commissione Europea prima che al Parlamento, e solo dopo l’approvazione di Bruxelles potrà  interpellare i deputati.

 

–       Se il governo sgarra, potrà essere multato di miliardi di euro e scatta una procedura chiamata Preventing Macroeconomic Imbalances. Concede alla Commissione e al Consiglio Europeo poteri di intervenire sulle politiche italiane del lavoro, sulla tassazione, sullo Stato Sociale, sui servizi essenziali e sui redditi per imporre tagli e maggiori tasse. Imporre, non suggerire.

–       La competitività italiana sarà giudicata dai poteri europei superiori a governo e Parlamento in rapporto al contenimento degli stipendi e all’aumento della produttività. Gli stipendi pubblici devono essere tenuti sotto controllo per non danneggiare la competitività. La sostenibilità del debito nazionale viene giudicata a seconda della presunta generosità di spesa nella Sanità, Stato Sociale, e ammortizzatori sociali. Le pensioni e gli esborsi sociali devono essere riformati “allineando il sistema pensionistico alla situazione demografica nazionale, per esempio allineando l’età pensionistica con l’aspettativa di vita”.

–       L’Italia, Stato della zona Euro, dovrà chiedere l’approvazione alla Commissione Europea e al Consiglio Europeo prima di emettere i propri titoli di Stato. Anche qui la funzione primaria di autonomia di spesa dello Stato sovrano è cancellata (sancito dal Fiscal Compact nel TITOLO III art. 6).

 

–       Se l’Italia dovrà chiedere un aiuto finanziario al Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) sarà obbligata a sottoscrivere, in accordo con la Commissione Europea, col FMI e con la BCE, un Memorandum dove si vincola a obbedire a tutto ciò che il MES e FMI gli imporranno, a tutti i Trattati, a tutte le condizioni del prestito, persino a critiche e suggerimenti dei sopraccitati. Il Parlamento italiano non ha alcuna voce in capitolo neppure qui.

 (Fonti: The Stability and Growth Pact, The European Semester, Preventing Macroeconomic Imbalances, The Europact, The Fiscal Compact, The European Stability Mechanism(MES)).

Infine, il governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, ha il potere sancito dallo statuto BCE di ricattare qualsiasi banca italiana attraverso i poteri della Struttura di Controllo del Rischio (Risk Contol Framework), e anche qui il governo italiano è impotente. E, come sapete, l’Italia, che ha perduto con l’Eurozona la sua moneta sovrana, dipende dai mercati di capitali internazionali per ricevere ogni centesimo di euro che spende per la vita dello Stato, per cui è da essi ricattabile al 100%, cioè il governo, il Parlamento, i cittadini, la Costituzione sono alla mercé dei mercati, interamente.

Bene. Ho finito. Voterete dei morti, impotenti, inutili, senza alcun reale potere. Dobbiamo urlare alla politica che noi sappiamo tutto questo, e che loro devono promettere all’elettorato di portarci fuori da questo orrore europeo con un voto di orgoglio e di salvezza nazionale.

E il poveretto non se n’era accorto, andava combattendo ma era morto”.

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Fonte:  paolobarnard.info

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Approfondimento

Paolo Barnard

Programma Mosler Economics MMT

Il Programma Mosler Economics MMT è pronto. E’ una bomba, è rivoluzionario e può salvare le nostre vite economiche come nulla prima. Presentate questo programma alla vostra forza politica di riferimento, e pretendete che esso divenga politica economica nazionale, scelta politica dell’Italia in Europa, in cambio del vostro voto. Pegno: il vostro voto.”

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Quando gli stati salvano le banche

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di Chiara Filoni

Lunedì scorso sono arrivati i primi 3,9 miliardi di euro da parte del Tesoro Italiano con destinazione Monte dei Paschi di Siena, approvati dalla Commissione Europea in cambio di un piano di ristrutturazione del debito. Questo prestito, si legge nella nota della Commissione, consentirà alla banca di conformarsi alle raccomandazioni dell’autorità bancaria europea (Eba) e costituirà una riserva supplementare temporanea di patrimonio per contrastare la sua esposizione al rischio di debito sovrano.

Galeotta fu la nascente Unione bancaria europea di qualche giorno fa tra i 27 ministri economici dell’Unione, a favore di un piano di ricapitalizzazione (propagandisticamente meglio definita come “vigilanza bancaria”) da parte della BCE per quelle banche con un patrimonio superiore ai 30 miliardi di euro (per il resto delle banche, l’accordo prevede saranno gli stati nazionali a provvedere).

Spiacente, si fa per dire, per tutti coloro che credevano che in Italia non ci sarebbero stati salvataggi bancari grazie alla indubitabile stabilità di cui gli istituti finanziari si supponeva godessero.

Ecco appunto, perché di salvataggio si parla nel caso della Mps. Che tra l’altro, come anticipato da Standard & Poor’s il 6 dicembre, potrebbe non essere sufficiente per impedire comunque un deterioramento in materia di capitale della banca, la quale, è bene sottolineare, era stata classificata dall’agenzia nella categoria “speculativa”.

A detta dei ministri comunque la decisione dell’unione bancaria sarà un passo fondamentale per la sicurezza dei depositi bancari, ma nulla nell’accordo si dice per esempio a proposito di ciò che Chesnais definisce come la socializzazione delle perdite, ovvero il fatto che milioni di cittadini stiano pagando i debiti che in realtà sono le banche ad aver accumulato.

Crediamo veramente che le banche europee, anche quelle italiane, non abbiano nulla a che vedere con la crisi del debito? E’ un fatto che esse si siano fatte impigliare, non certo ingenuamente, dalla crisi immobiliare e bancaria negli Stati Uniti. Meno evidente è sbrogliare la matassa del cosiddetto sistema ombra che le stesse banche (insieme ai fondi e società di investimento ecc.) hanno creato indebitandosi attraverso l’investimento in prodotti derivati, che non risultano nei loro bilanci contabili. Ora, quando queste attività subiscono, come hanno subito, delle perdite, ciò si ripercuote su tutto il sistema bancario.

Secondo il Rapporto del Consiglio di Stabilità Finanziaria (organo creato dal G20) dello scorso novembre infatti, il peso del cosiddetto del cosiddetto shadow banking system per i 25 paesi che possiedono il 90% degli attivi finanziari mondiali è di 67.000 miliardi di dollari, ovvero la metà degli attivi totali delle banche e circa l’equivalente della somma del Pil di tutti i paesi del mondo. E’ un altro fatto che questa cifra sfugge e probabilmente sfuggirà a qualsiasi regolamentazione e unione bancaria europea.

Infine, contrariamente a ciò che si crede, ciò che minaccia le banche non è e non sarà un default di pagamento da parte degli stati per una ragione molto semplice: ciò che minaccia le banche dal 2007 ad oggi è la montagna di debiti privati (molto più alti di quelli pubblici) accumulati grazie alla deregolamentazione bancaria creata a partire dagli anni ’70 e implementata dagli anni ’90. A riprova di ciò il fatto che nessun fallimento bancario a partire dal 2007 è stato causato da un default di pagamento sovrano.

La domanda è ora, vogliamo davvero seguire l’esempio della franco-belga Dexia, della spagnola Bankia e degli Stati Uniti in primis, trasformando il debito privato in pubblico, o vogliamo finalmente denunciare questi fatti, rimettendo in campo la questione non più procrastinabile della necessità di una nuova finanza pubblica.

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Fonte: il Manifesto

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Commissione Europea – Grandi opere: 2 milioni di miliardi futuro debito di governi e cittadini?

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Perché le grandi opere sono inutili

Quante sono le grandi opere inutili che la Commissione Europea e i governi stanno promuovendo come strumento per uscire dalla crisi? Quanti dei 2 milioni di miliardi (avete letto bene) che la Commissione ritiene serviranno per costruire “la spina dorsale d’Europa” diventeranno debito per governi e cittadini, senza portare alcun beneficio alla collettività?

di Elena Gerebizza – Re:common

In altre parole, quanti di questi miliardi sono destinati a grandi opere che, invece di rispondere ai nostri bisogni, sono pensate per servire gli interessi di speculatori e investitori privati alla ricerca di nuovi “asset” sicuri su cui investire?

Queste sono alcune delle domande affrontate a Firenze nel corso di una due giorni organizzata dal Forum europeo contro le grandi opere inutili e imposte, riunitosi nel corso dell’incontro Firenze 10+10. Un meeting di comitati provenienti da tutta l’Unione Europea, rappresentanti di comunità in lotta da tempo contro grandi opere che i governi e le istituzioni stanno cercando di imporre sui territori senza alcuno spazio per un confronto pubblico, aperto e informato sul merito delle opere proposte.

Come nel caso di ACIPA, il comitato che si oppone alla costruzione del Grande Aeroporto dell’Ovest di Notre Dame des Landes (vicino Nantes, in Francia) dove da metà ottobre centinaia di contadini sono stati espulsi con la forza da 1.200 poliziotti e militari in assetto anti sommossa dalle terre su cui il primo ministro in persona vuole iniziare il prima possibile il cantiere (vedi articolo).

Ai residenti, per lo più allevatori e contadini, è sembrato chiaro che la missione delle forze dell’ordine fosse quella di distruggere le abitazioni nella “zona a diversa destinazione” (ZAD) istituita nel lontano 1972, senza però alcun avvio dei lavori. Fino a questi giorni, in cui il governo vuole sgomberare in fretta gli abitanti e soprattutto evitare “il ritorno” promesso dai contadini, determinati a non lasciare quella terra.

Ritorno che è iniziato domenica 18 novembre, con una carovana di 40.000 persone, guidata da migliaia di contadini con trattori e altri mezzi da tutta la Francia, tra cui è stato facile riconoscere lo stesso Josè Bove, che in poche ore hanno iniziato a ricostruire le abitazioni distrutte (vedi il servizio su Le Monde).

Attivisti e accademici presenti all’incontro di Firenze -il Forum ha visto la sua prima edizione in Val Susa nel 2011, e la seconda a luglio 2012 a Notre Dame des Landes-  hanno animato discussioni da cui sono emersi aspetti centrali che accomunano le grandi opere inutili: quelli riguardanti la loro insostenibilità economica e finanziaria, la distruzione del territorio causata (le recenti alluvioni sono molto esplicative), la logica oramai senza senso della crescita a ogni costo, la collusione tra costruttori, politica e crimine organizzato, la necessità di veicolare le risorse pubbliche a disposizione in altri interventi realmente utili e necessari alla collettività.

Un esempio su tutti, le reti di trasporto ferroviario regionali e locali, utilizzate ogni giorno da milioni di persone e carenti di manutenzione, massacrate da disservizi, ritardi e soppressioni, mentre milioni di euro vengono destinati ai mega appalti per l’alta velocità ferroviaria, a partire dalla Val Susa, ma anche nella Savoia francese, a Firenze (con un nuovo sotto attraversamento che minaccerebbe la stessa Fortezza Da Basso, dove ha avuto luogo il Forum), a Stoccarda e nei Paesi Baschi.

Grandi opere oggi ritornate in auge con la definizione di un nuovo strumento finanziario, il project bond europeo, garantito dalla Banca europea per gli investimenti e approvato nel corso dell’estate con un budget iniziale di 230 milioni euro destinati a rendere “attraenti” per i mercati finanziari grandi opere altrimenti insostenibili, garantendo loro un rating a tripla A e la copertura del rischio a investitori privati.

Un meccanismo che apre alla finanziarizzazione delle infrastrutture subito duplicato dal governo italiano, con Cassa depositi e prestiti e l’agenzia di credito all’export nostrana Sace ad offrire una doppia garanzia e la possibilità di finanziare fino al 50% del valore del progetto attraverso “project bond italiani”.

Il tutto per la gioia di grandi costruttori e grandi investitori stranieri che vedono riaprirsi la possibilità di realizzare opere finite nel cassetto. Meno felici dovrebbero essere i cittadini italiani. La garanzia pubblica rischia infatti di generare un debito che si manifesterebbe proprio quando la bolla delle grandi opere scoppierà. Indovinate chi rimarrà con il cerino in mano…

Scarica qui la scheda di Re:Common:
Il business delle grandi opere. Come e perché i mercati finanziari investono in grandi infrastrutture

Link al documento finale del Forum europeo contro le grandi opere inutili (Firenze, 8-9 novembre 2012) : http://www.presidioeuropa.net/blog/dichiarazione-finale-di-firenze-del-forum-contro-le-grandi-opere-inutili-imposte/

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Fonte: Altreconomia

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