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La posizione di Kusturica “in questa storia”

E’ uscita in Italia l’autobiografia di Emir Kusturica, Dove sono io in questa storia (Feltrinelli). In quattrocento pagine discontinue le molte forme di “Kusta”, la ricerca delle origini, il rapporto con Sarajevo.

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…..Emir Kusturica (Foto Kmeron, Flickr)

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di Piero Del Giudice

Emir Kusturica (Sarajevo, 1954), è prima di tutto un grande regista. Il suo cinema è largamente riconosciuto, nel 1981 ha ricevuto il Leone d’oro per l’opera prima con Ti ricordi di Dolly Bell? (sceneggiatura di Abdulah Sidran), nel 1985 la Palma d’oro con Papà in viaggio d’affari (sceneggiatura di Abdulah Sidran), nel 1993 l’Orso d’Argento con Arizona dream, nel 1995 la seconda Palma con Underground, nel 1998 il Leone d’argento con Gatto nero, gatto bianco. Poi è attore. Poi musicante di nessun talento, chitarra elettrica della No smoking orchestra con il figlio Stribor alla batteria. Infine è mediocre scrittore della sua autobiografia, Dove sono io in questa storia. Abbiamo a che fare con un artista che con diversa efficacia si misura con più mezzi espressivi – qui è facile e divertente – e abbiamo a che fare anche con più persone in una medesima – e qui le cose si complicano. In Dove sono io in questa storia tutto è scritto, con franchezza e convinzione.

Kusturica di famiglia musulmana, figlio di Murat – partigiano, fondatore della Jugoslavia, sottosegretario agli Esteri nella Repubblica di Bosnia Erzegovina, ossessivamente ostile a Tito – e di Senka Numankadić, donna di straordinaria poeticità ed energia, il cui racconto non si è spento nella Sarajevo di oggi.

Kusturica di fronte alla madre. Senka piange nel capitolo di apertura alla vigilia del primo giorno di scuola del figlio: “Perché piangi, Senka? A scuola ci devi andare tu o io?”. Senka che chiude l’autobiografia rivolgendo al figlio la domanda delle domande: “Le vicine dicono ‘Il tuo Emir è certamente un uomo di Milošević!’. Di chi sei? Dillo a tua madre”. (leggi tutto)

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Fonte: Osservatorio Balcani e Caucaso

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61° Berlinale. I premi

Dal film El Premio di Paula Markovitch

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di Claudio Panella – Silvia Nugara

La 61a edizione della Berlinale non passerà alla storia per la quantità di capolavori né per l’originalità dei linguaggi cinematografici proposti dalle opere selezionate nelle sezioni principali. Il festival si è comunque concluso rispettando tutti i pronostici e laureando miglior film Nader And Simin, A Separation (2011) del regista iraniano Asghar Farhadi, già vincitore dell’Orso d’argento per la migliore regia nel 2009 con About Elly. La pellicola si è anche aggiudicata due orsi d’argento rispettivamente per l’insieme del cast femminile e maschile nonché il premio della giuria ecumenica e sarà distribuita in Italia dalla Sacher Film di Nanni Moretti.

La giuria del concorso, presieduta da Isabella Rossellini e composta da Guy Maddin (che ha anche presentato al festival la video-installazione Hauntings II), Nina Hoss, Sandy Powel, Jan Chapman, Aamir Khan e dall’assente “giurato ad honorem” Jafar Panahi, ha inoltre assegnato il Gran premio della Giuria alla pellicola senz’altro più notevole del concorso, The Turin Horse (2011) di Béla Tarr – vincitore anche del premio Fipresci – e l’Orso d’argento per la Regia al tedesco Ulrich Köhler per Schlafkrankheit – Sleeping Sickness (2011), film che racconta le difficoltà di una coppia di tedeschi che vive in Africa, dove l’uomo dovrebbe occuparsi di gestire un progetto legato alla lotta contro la malattia del sonno. Quest’ultimo premio è stato forse il più imprevisto dell’anno, ma si sa che le giurie devono spesso accontentare il paese ospitante…  (leggi tutto)

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Fonte: CultFrame

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Addio Mario Monicelli

.Il cinema non morirà mai, ormai è nato e non può morire: morirà la sala cinematografica, forse, ma di questo non mi frega niente. (M. Monicelli)

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A 95 anni il grande maestro ha deciso di andarsene. Ascoltiamo l’ultima intervista rilasciata a Raiperunanotte.

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Approfondimento:

Mario Monicelli

Mario Monicelli: Il mio cinema fra Mussolini, Sordi e Gorbacëv

Mario Monicelli, un cineasta che amava dire la verità

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