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USA | Ancora un’esecuzione. Afroamericano ucciso da un poliziotto

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La famiglia di Patrick Lyoya chiede accuse contro l’agente che lo ha ucciso

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La famiglia Lyoya è sotto shock per il fatto che il loro figlio è stato ucciso negli Stati Uniti otto anni dopo aver richiesto asilo per le violenze in Congo.

Di Julia Conley

La famiglia di Patrick Lyoya, l’uomo di colore di 26 anni che il 4 aprile è stato colpito a morte da un agente di polizia a Grand Rapids, nel Michigan, giovedì in una conferenza stampa, sotto shock per l’assassinio del figlio, ha chiesto il processo per l’ufficiale.

Secondo il Washington Post la famiglia Lyoya è arrivata negli Stati Uniti dal Congo nel 2014 per sfuggire alla violenze.


“Vivevamo in una zona che non era sicura, c’era una guerra”, ha detto giovedì Dorcas Lyoya, la madre di Patrick. “E pensavo di essere arrivata in una terra sicura, in un posto sicuro.”


Peter Lyoya, padre di Patrick Lyoya, ha detto al Post che quando la famiglia arrivò negli Stati Uniti come rifugiati gli fu detto: “Ora sei al sicuro”.

Poi ha concluso: “Sembra invece che siamo in pericolo anche qui.”


I genitori di Lyoya hanno parlato attraverso un interprete alla conferenza stampa e sono stati raggiunti dal loro avvocato, Benjamin Crump, e Tamika Palmer, la madre di Breonna Taylor.

Dorcas Lyoya ha aggiunto: “Sono sorpresa e stupita di vedere che è qui che mio figlio è stato ucciso da un proiettile”. “Quello era il mio amato figlio.”


I Lyoya hanno affermato di voler intentare una causa federale e hanno chiesto che l’ufficiale fosse pubblicamente identificato, licenziato e perseguito. Le autorità affermano che è stato messo in congedo amministrativo.


La comunità di Grand Rapids ha anche chiesto che il nome dell’ufficiale sia reso pubblico, con manifestanti che hanno marciato per la città questa settimana, portando cartelli con la scritta “Il nome dei poliziotti assassini” e “Il dipartimento di polizia di Grand Rapids sta proteggendo un assassino”.

Le registrazioni video della telecamera del corpo dell’ufficiale, dal suo veicolo, da una telecamera di sicurezza nelle vicinanze e dal cellulare di un testimone sono state rilasciate questa settimana e hanno mostrato che Lyoya, padre di due figli, è stato ucciso dopo che l’ufficiale lo ha fermato, presumibilmente perché la sua targa non corrispondeva al veicolo che stava guidando.

Il poliziotto ha afferrato Lyoya dopo uno scambio sulla sua patente, poi Lyoya si è allontanato e ha iniziato a correre. L’ufficiale lo ha rincorso e lo ha bloccato. Il filmato della telecamera del corpo mostrava Lyoya che cercava il Taser dell’ufficiale, prima che la telecamera si spegnesse, e registrazioni separate mostrano l’ufficiale sulla schiena di Lyoya prima di sparargli alla nuca.

Alla conferenza stampa del giovedì Crump ha detto: “Sulla base di ciò che vediamo nel video, riteniamo che ilpoliziotto dovrebbe essere licenziato per aver fatto un uso non necessario ed eccessivo della forza”. “E sua madre, suo padre e la loro famiglia chiedono che il procuratore di Stato lo accusi nella misura massima consentita dalla legge per aver ucciso il loro figlio, per aver spezzato i loro cuori, per aver reso orfani i suoi bambini. Senza padre. Lo richiede la Giustizia.”

I legislatori per i diritti civili negli ultimi giorni si sono uniti in gruppo nel condannare l’omicidio di Lyoya.

“Non può esserci giustizia, ma ci deve essere responsabilità”, ha detto il rappresentante Ayanna Pressley (D-Mass.).


Il rappresentante Rashida Tlaib (D-Mich.) ha denunciato l’incapacità del Senato degli Stati Uniti di approvare il George Floyd Justice in Policing Act, approvato alla Camera degli Stati Uniti l’anno scorso. I negoziati sul disegno di legge sono falliti per l’obiezione dei repubblicani alla proposta di fine dell’immunità qualificata, che protegge gli agenti di polizia da azioni legali per cattiva condotta.

‘La famiglia Lyoya merita più della nostra simpatia’, ha detto Tlaib. ‘Meritano un’azione legislativa e coraggio’.

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Fonte: Common Dreams

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VIDEO

(Si avverte che il video contiene immagini forti)

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Caso Yara; sbatti il mostro in prima pagina

caso yara

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di Gennaro Carotenuto, martedì 7 dicembre 2010, 09:51

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Di fronte all’orrore per una bambina scomparsa e probabilmente rapita, con quel che ne consegue in questi casi, abbiamo assistito all’ennesima caccia all’immigrato. Dicono che sia stata una trascrizione mal fatta, ma la verità è che tutti, magistrati, media, popolo padano, cercavano il mostro nordafricano da sbattere in prima pagina. Come assassino di una Yara Gambirasio, la nuova Milena Sutter della quale per fortuna non si conosce ancora la sorte, fin dall’inizio, non si è cercato un “biondino dalla spider rossa” ma un nordafricano con i calli alle mani. E’ dunque come se quella trascrizione mal fatta fosse stata una sorta di “profezia che si autoavvera” per milioni di razzisti padani ed italiani che, ogni volta che viene commesso un crimine, spera ardentemente e si autoconvince che questo sia stato commesso dalla rappresentazione dei loro pregiudizi, un perfido immigrato, un corpo estraneo impiantato in una società sana e che può pertanto essere espiantato facilmente.

Sono milioni di razzisti che, ogni volta che commettono un crimine, da Erika e Omar a Olindo e Rosa, sviano consapevolmente le indagini sugli immigrati sapendo di trovare un terreno fertile, media conniventi, compaesani pronti a scommettere sulla loro innocenza e puntare il dito sul diverso, politici che capitalizzano organizzando fiaccolate. Sono milioni di razzisti fomentati nei loro istinti dai media commerciali che costruiscono criminalmente con la paura consenso politico attraverso una costruzione selettiva e tendenziosa della realtà. E’ stato dimostrato in innumerevoli studi, come quelli del CENSIS. I media, nella percezione stessa degli italiani, fomentano la paura il doppio dei media francesi e il triplo di quelli britannici, statunitensi o brasiliani a volte inventando di sana pianta leggende metropolitane, come quella sulla “zingara rapitrice”. (leggi tutto)

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Fonte: gennarocarotenuto.it

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