Category Archives: cybercultura_internet

Trump: “Facebook e Twitter mi hanno aiutato a vincere.”

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Trump domina tra le bufale su Facebook?

L’analisi del risultato a sorpresa delle elezioni chiama in causa anche Zuckerberg. Che difende la sua creatura: le notizie false sono relativamente poche e bipartisan.

di Claudio Tamburrino

È altamente improbabile che tra i fattori che hanno contribuito alla vittoria del candidato fuori dagli schemi Donald Trump alle Presidenziali degli Stati Uniti ci siano anche le notizie false condivise sui social network durante la campagna elettorale. A dirlo – chiamato in causa dalla miriade di analisi politiche sui risultati a sorpresa – è Mark Zuckerberg che ha risposto sabato con un lungo post sulla questione agli analisti che gli chiedevano una assunzione di responsabilità sul ruolo presente e futuro di Facebook.

Il social network in blu è stato infatti molto discusso nel dibattito post-elettorale in quanto possibile fattore determinante, nel bene o nel male: come sostiene Trump proprio i suoi numeri su Facebook, Twitter e Instagram “lo hanno aiutato a battere i concorrenti dotati di un budget per la campagna elettorale molto superiore”, mentre diversi osservatori, in particolare, hanno affermato che la condivisione di notizie false e vere e proprie bufale sul social network avrebbe contribuito ad instillare negli elettori delle convinzioni non veritiere che hanno infine pesato sul voto finale.

D’altra parte, se Baricco torna a parlare di barbari come qualche anno fa, lo fa partendo dall’idea che quello a cui le persone stanno rinunciando è l’intermediazione delle élite, sia per opposizione al sistema sia per l’esistenza di strumenti – come tutti quelli digitali, da Tripadvisor e Airbnb ai blog personali che promettono di fare “contro-informazione” – che fanno a meno di qualsiasi forma di intermediario. In tutto questo i social network hanno certamente un ruolo fondamentale, perché con i media tradizionali etichettati come “casta” al servizio di interessi personali, forniscono un mezzo privilegiato per la condivisione delle notizie, tanto da far diventare Facebook una delle piattaforme preferite sia dagli utenti per la rassegna stampa quotidiana che – conseguentemente – dagli editori stessi che lì cercano di convogliare lettori. Inoltre, gli strumenti al momento disponibili per segnalare contenuti (sopratutto quelli per chiedere la rimozione di quelli ritenuti violenti o pornografici) finiscono inevitabilmente per segnare la linea morale della maggioranza, appiattendola su logiche minimali di bianco e nero con risultati evidentemente forvianti, come la rimozione della forte ma molto politica foto della bambina colpita da napalm durante la guerra del Vietnam o del quadro l’Origine della Vita.

Dopo aver difeso il ruolo di Facebook nel coinvolgimento politico e nel dibattito di oltre 2 milioni di persone (persone che non si sarebbero iscritte nelle liste elettorali se non fosse stato per Facebook), Zuckerberg parte da un dato: più del 99 per cento di quello che le persone vedono su Facebook – dice – è autentico e la restante minima percentuale di bufale o altre forme di false notizie non si limita ad una determinata visione politica. Pertanto è altamente improbabile che si generi sul social network in blu una situazione in grado di influenzare i risultati di una votazione politica.

Inoltre Zuckerberg afferma che – anche se c’è ancora tanto da fare – il suo impegno è sempre stato di migliorare la qualità dei contenuti e per questo ha anche predisposto diversi strumenti anti-bufale e, da ultimo, un ticket di segnalazione ad hoc a favore degli utenti per permettergli di segnalare eventuali notizie false.

I dati forniti da Zuckerberg, tuttavia, non sembrano coincidere con le recenti critiche ricevute da Facebook sull’argomento e sull’ultima modifica dell’algoritmo alla base dei trending topic che in almeno un caso avrebbe finito per favorire la diffusione di una notizia palesemente falsa; inoltre, anche lo strumento per la segnalazione delle bufale differisce molto da altri strumenti per la richiesta di rimozione di contenuti (come quelli legati alla contestazione di violazione di proprietà intellettuale) in quanto non permette di giustificare la richiesta e, in fine, non rimuove la notizia dal social network ma si limita a non mostrarla più sulla pagina del segnalatore.

D’altra parte Zuckerberg sembra partire dalla convinzione che le persone siano fondamentalmente buone e sostiene che l’obiettivo di Facebook è dare voce ad ognuno. Conseguentemente la selezione effettuata per crowdsourcing da parte dei suoi utenti non può che essere la migliore soluzione possibile per la circolazione della verità.

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Fonte: Punto Informatico

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Anonymous – Oscurato il sito del Comune di Albettone. Avvertito il sindaco razzista.

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30 ottobre 2016

Letame in bocca al Sindaco Joe Formaggio #AntiFa

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“Salve Cittadini di Albettone,
Noi siamo Anonymous.

Ci rammarica leggere dalle agenzie di stampa, che il vostro sindaco si trovi in una situazione psico-fisica problematica dove la sua salute e quella dei suoi cittadini è a rischio.

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Da sempre Anonymous combatte contro qualsiasi forma di intolleranza, ingiustizia e in tutte le sue forme il razzismo, che sono riconducibili al periodo nero: Fascismo.E’ inaccettabile che il rappresentante di un comune Italiano sparga odio contro persone di colore, omosessuali e persone che scappano da guerra, violenza, fame e macerie. Ogni forma di ignoranza non è accettata dalla legge ne da Anonymous.

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Abbiamo già visto in questi giorni precedenti come Gorino e Bitonto, e non possiamo più rimanere in silenzio. Un silenzio naturale in un paese da sempre muto.

In risposta alle dichiarazioni del Sindaco Joe Formaggio di Albettone (Vicenza) fatte a “La Zanzara” in queste ore, dove esterna: “Immigrati? Se ce li mandano muriamo le case e le riempiamo di letame; siamo orgogliosamente razzisti”, prendiamo atto dovuto di dover testare il letame presso il sito web del Comune di Albettone.

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www.comune.albettone.vi.it #TangoDown

https://check-host.net/check-report/1caf673

We are Anonymous
We are Legion
We do not Forgive
We do not Forget
Expet Us

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Approfondimento:
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WikiLeaks pubblica 300 mila email del partito AKP di Erdogan

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ISTANBUL, TURKEY - JULY 15  (Photo by Burak Kara/Getty Images)

ISTANBUL, TURKEY – JULY 15 (Photo by Burak Kara/Getty Images)

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Turchia, Wikileaks mostra l’email del partito di Erdogan

300mila missive scambiate dai membri dell’AKP, partito del premier. Ankara risponde con l’oscuramento del sito sul suolo nazionale

di Alfonso Maruccia

L’ultima release di Wikileaks riguarda le comunicazioni riconducibili all’AKP, il partito politico del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, da cui una fonte non meglio precisata ha “estratto” circa 300mila email inviate a partire dal 2010 fino al 6 luglio scorso – pochi giorni prima del fallimentare tentativo di colpo di stato a cui Erdogan sta ora rispondendo con una purga anti-opposizione senza precedenti.

Il database delle email dell’AKP include ovviamente solo messaggi scritti in turco, e il partito del leader e premier aveva evidentemente tutto l’interesse a non lasciar trapelare le comunicazioni visto che è bastato annunciare l’arrivo del nuovo leak per scatenare una reazione immediata da parte degli hacker. Prima della pubblicazione delle email, infatti, Wikileaks ha dovuto sopportare un attacco DDoS che è durato 24 ore e che ha spinto l’organizzazione di Julian Assange a bruciare le tappe rilasciando i dati in anticipo sui tempi inizialmente annunciati.

Le email dell’AKP potrebbero – tra le altre cose – contenere informazioni utili a risolvere il mistero del fallito golpe organizzato da una fazione anti-governativa dell’esercito turco, un colpo di stato conclusosi rovinosamente dopo pochissime ore e a cui ora Erdogan sta rispondendo arrestando, denunciando e licenziando decine di migliaia di non allineati o presunti tali tra giudici, poliziotti, militari, professori e ogni altro tipi di dipendente pubblico.

Nella Turchia di Erdogan le comunicazioni telematiche non hanno mai avuto vita facile, al punto da arrivare all’arresto dei giornalisti per utilizzo di software di cifratura comunemente utilizzati dagli utenti di tutto il mondo. Al premier di Ankara Internet e i servizi telematici piacciono solo quando servono ad aizzare i suoi sostenitori al sollevamento contro i soldati insorti, mentre per quanto riguarda Wikileaks la pubblicazione delle email dell’AKP ha portato al più che prevedibile blocco dell’accesso al sito in Turchia da parte delle organizzazioni che sovrintendono alle politiche da imporre agli ISP.

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Fonte: Punto Informatico

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