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28 aprile 2011: il manifesto compie 40 anni

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Loris Campetti

Vi ricordate quel 28 aprile?

Se avessimo voluto raccontarci mettendo in scena uno splendido quarantenne non avremmo dovuto chiedere a Vauro la vignetta: quel che potete vedere in questa pagina, è un giovane uomo già un po’ sfatto, barba di due giorni, sdraiato nel letto, con alle spalle il bambino che era ai tempi della «rivoluzione non russa», il logo ormai classico del manifesto. Il fatto è che il perfido Vauro dice (quasi) sempre la verità e quando si è guardato allo specchio si è visto e ha visto il suo giornale come sono, e così l’ha disegnato. Quarant’anni senza soldi, dalla parte del torto, tignosetti, a volte un po’ presuntuosi e altre volte malati di sottostima per cui spesso non capiamo il valore e l’uso sociale e politico del giornale da parte di chi lo legge e lo sostiene. Eppure siamo qui, un po’ acciaccati ma vivi e deter! minati, è questa la notizia, dal lontano 28 aprile 1971, più di un quarto della storia d’Italia, più della metà della storia della Repubblica. Un giornale libero, senza padroni, padrini e partiti alle spalle, esperienza ormai unica in Europa. Ecco perché abbiamo deciso che è una data da festeggiare, anche per collocarci degnamente dentro una storia più grande che in alcuni momenti abbiamo persino contribuito a realizzare: i meno giovani ricorderanno la grande manifestazione del 25 aprile ’94 a Milano che segnò l’inizio della fine del Berlusconi 1. Poi, come sappiamo, è tornato e ritornato ma non dimenticate che noi siamo sempre qui, a disposizione.
Di questo abbiamo discusso un sabato mattina prima della grande manifestazione per l’acqua pubblica (e contro il nucleare e la guerra), con una nutrita rappresentanza di amici e Circoli del manifesto. I rappresentanti di una ventina di città sono venuti in via Bargoni, altri li abbiamo incontrati in piazza, altri ci hanno scritto e telefonato per dire: noi ci siamo. Compagne e compagni da Casale Monferrato, Bologna, Sassari, Salerno, Roma, Perugia, Terni, Padova, Modena, Udine, Roma, Faenza. E ancora, si sono collegati con noi da Acqui, Alessandria, Torino, Asti, Vicenza,Venezia, Firenze, Versilia, Napoli, Cuneo, Viterbo, Rionero in Vulture, Calabria, Tarcento, Genova, Fermo, Ancona, Avellino, Cagliari, Ravenna. Questi sono i luoghi in cui il rapporto con il manifesto è ormai consolidato, ma sono più del doppio i paesi e le città che hanno risposto al nostro ultimo appello «per la vita» organizzando, da ! settembre a oggi, 110-120 iniziative pubbliche per discutere in cene, assemblee, seminari, convegni e mostre di politica, società e cultura e, al tempo stesso, per aiutare il giornale a passare la nottata con un milione di euro in sottoscrizioni e abbomamenti. La verità è che noi del manifesto siamo come i giapponesi, a vivere nel terremoto ci siamo abituati. D’ora in poi dovremo imparare a viverci senza poter più contare sul sostegno pubblico all’editoria non profit, visto che viviamo in tempi in cui i finanziamenti il governo liberista, populista e guerrafondaio li dà solo a chi fa profitti e non a chi svolge un ruolo informativo libero, che è poi un servizio alla zoppicante democrazia italiana.
Il 28 aprile, dunque, sarà una festa, diffusa in più città italiane, connesse tra di loro e con la redazione del giornale, in streaming, con tanto di gruppi musicali e momenti conviviali. State tranquilli, si parlerà anche di cose serie, è inevitabile. Neanche l’incontro romano di sabato si è limitato a discutere di organizzazione, promozione, diffusione e sostegno del giornale. I nostri amici e compagni sono lo specchio della redazione – e viceversa – e chi dice «il manifesto si ama e non si critica» subito viene corretto: «si critica perché si ama». E dunque ecco la Libia e le contraddizioni che ci attraversano insieme alla sinistra e al mondo pacifista: obiettivo comune, fare un passo avanti, mettere a confronto accenti diversi individuando un percorso comune. E si è parlato di rapporto tra giornale cartaceo – che approfittando del quarantennale sarà rivi! sto e rilanciato – e giornale on-line che sarà completamente rifatto, sia da un punto di vista grafico che informativo, anche per farlo diventare il centro interattivo della comunità del manifesto.
Il manifesto si ama molto ma si vende troppo poco: il 28 aprile sarà un’occasione per diffondorlo in tutte le città, e i compagni e le compagne saranno facilitati nel loro generoso lavoro dal prezzo straordinario, un giornale speciale a soli 50 centesimi. Una scelta in controtendenza, un investimento sul futuro. Questa volta vorremmo fare le cose per bene, organizzando la prevendita del quotidiano, delle t-shirt e dei gadget con l’acciaccato ma pur sempre ottimista quarantenne di Vauro (per informazioni e gadget: tel 06-68719330 40anni@ilmanifesto.it per prenotare il giornale: diffusione@redscoop.it tel. 06-39745482). Lanciamo un appello a festeggiare e lavorare con noi a tutti i gruppi, soggetti e movimenti con cui questo giornale si incrocia, dalle forze ambientaliste alle associazioni per i beni comuni, dai meccanici della Fiom agli studenti, ai precari e ai centri sociali, con cui abbiamo costruito una familiarità! negli appuntamenti promossi da Uniti contro la crisi. C’è spazio per tutti e tutte, il 28 aprile, contiamo sulla vostra creatività (alla riunione di Roma una compagna ha proposto biciclettate manifestine e scalate per piantare le bandiere del quarantenne impavido sulle cime più alte – evitando magari, almeno per ora, il Colle più alto e palazzo Grazioli). Quel giorno dev’essere speciale. Buon 28 aprile, buona manifesta.

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Manifeste:

I Circoli del manifesto hanno organizzato delle feste in varie città:
BOLOGNA – Tpo Teatro Polivalente Occupato
MILANO – Casa del popolo
MARGHERA – Centro sociale Rivolta
FIRENZE – Casa del Popolo Impruneta
ROMA – Ex mattatoio
ANCONA – Casa delle Culture di Vallemiano
RAVENNA – Teatro sociale (via Piangipane 153)
MODENA

CAGLIARI
SALERNO

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Svizzera: vietati episodi dei Simpson sul nucleare

 

Intoppo nel settore 7G. Homer Simpson, ispettore alla sicurezza presso la centrale nucleare di Springfield, viene svegliato di colpo dalla sirena d’allarme. Centinaia di tasti sulla sua postazione di controllo lampeggiano a intermittenza. È iniziato il processo di fusione del nocciolo. «Devo pensare, ora concentrati», dice Homer in evidente stato di panico. «Ci deve essere un coso da qualche parte che ti dice come far funzionare questa roba». E poi esclama: «Il manuale, il manuale!», che però è grosso quanto un elenco telefonico. Mancano pochi secondi alla fusione del nocciolo ma Homer, premendo a casaccio uno dei bottoni, riesce a sventare la catastrofe.

Dopo l’incidente nucleare di Fukushima I, la televisione svizzerotedesca SRF non trasmetterà più gli episodi dei Simpson che trattano di sicurezza atomica. Tutte le puntate verranno attentamente analizzate dai responsabili di rete, quelle «inopportune», tagliate. «Per quale motivo? Proprio ora che sarebbe interessante capire», si lamentano i fan della serie.

dal Corriere della Sera


Migranti: da gennaio 800 definitivamente fuori dalle palle!

Berlusconi fa le condoglianze al governo tunisino, ma i morti scappavano dalla Libia, braccianti in fuga da Somalia, Eritrea, Ciad, Etiopia, popoli di nessuno finalmente “fuori dalle palle”

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La speranza in fondo al mare: i fantasmi che affogano senza nome e senza patria

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di Antonella Beccaria

Umberto Bossi l’aveva detto nel suo idioma, fuori dalle palle. E lo sono i 250 migranti morti nella notte tra il 5 e il 6 aprile scorsi quando si è rovesciato il barcone con cui stavano cercando di raggiungere le coste italiane. Venivano dal Corno d’Africa. Etiopi, somali e tra loro era rappresentata qualche altra etnia dell’Africa nera. Il nostro governo, però, fa le condoglianze alla Tunisia. Che tanto è lo stesso, una nazionalità vale l’altra. Quasi fossimo tornati ai tempi di una faccia, una razza. Senza quasi, forse. E il rammarico per la nuova sciagura del mare deve essere un en passant dato che intanto il capo del governo annuncia ai suoi ministri che ha cambiato idea. Era stato affrettato nello scegliere su Internet la sua residenza lampedusana, probabilmente troppo vicina all’aeroporto e dunque fastidiosa, con tutto quel lavoro. Aggiunge, ai suoi uomini dell’esecutivo, che ne troverà un’altra e che li terrà informati. Perché qui si lavora, mica storie.

Dall’inizio dell’anno, gli arrivi in Italia sono stati 25.800, afferma il ministero degli Interni. E sono 800 i morti, da gennaio a oggi. Gente senza nome, considerata anche senza dignità. Infestatori delle coste italiane, candidati a infestare anche il resto del territorio. Non importa se stanno in un centro di identificazione oppure se in un campo profughi. Figurarsi poi se affittano una casa, magari in edilizia popolare. Meglio che finiscano in fondo al mare, per l’Italia e il suo governo. E magari anche per l’Europa, che a livello comunitario ogni tanto interviene con proclami di circostanza e a livello giornalistico sorvola sulle vittime. (leggi tutto)

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Fonte: domani.arcoiris.tv

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