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Sulla scia dell’iniziativa Antiche Terre Giovani Progetti, diversi proprietari terrieri hanno deciso di assegnare i loro possedimenti a ragazzi con idee innovative in campo agricolo. Abbiamo intervistato Antonio, agricoltore biologico campano, che ha aderito all’appello mettendo a disposizione una parte delle sue terre.
Antiche Terre Giovani Progetti è una bellissima iniziativa di cui abbiamo parlato pochi giorni fa: due coniugi che possedevano dei terreni ma che, per problemi d’età, non erano più in grado di coltivarli, li hanno dati in concessione gratuitamente a giovani con progetti agricoli virtuosi e innovativi. Si sono fatti avanti centinaia di ragazzi, ma non solo: oltre a loro, si sono interessati alla proposta anche diversi proprietari terrieri che volevano seguire l’esempio della coppia, mettendo a loro volta a disposizione parte dei loro possedimenti. Abbiamo intervistato uno di loro, Antonio Buono dell’azienda agricola Selvanova, che offe delle terre ai giovani in Campania.
Antonio, quali obiettivi intendi raggiungere, non solo dal punto di vista agricolo, ma anche sotto il profilo della rivitalizzazione del territorio e della creazione di circuiti virtuosi?
Da quando è nata nel 1992, Selvanova è sempre stata un punto di riferimento per il territorio per le sue pratiche virtuose: siamo da tempo azienda biologica certificata, abbiamo promosso incontri per il recupero della frazione umida comunale tramite compostaggio, abbiamo sollecitato e promosso – anche in collaborazione con gli enti locali – la riscoperta dei prodotti tipici locali per lo sviluppo economico del territorio – oggi la provincia di Caserta ha quattro presidi Slow Food, tra cui l’oliva caiazzana di cui siamo produttori. Abbiamo riscoperto un vitigno quasi estinto, il pallagrello, oggi prodotto da almeno altre dieci aziende, quindi con risvolto positivo in termini economici e occupazionali. Questa è l’eredità che lasciamo e che vorremmo fosse raccolta da chi ci sostituirà nella gestione. Poi ci sono il presente e il futuro, con progetti centrati sulla biodiversità, come il recupero di varietà locali quasi estinte. Ma la sfida più difficile sarà ora quella di organizzare un gruppo umano che sappia non solo gestire bene l’azienda, ma anche costruire relazioni positive.
Cosa ti ha spinto a contattare Lia (ideatrice di Antiche Terre Giovani Progetti) e adottare le sue modalità di assegnazione dei terreni?
Lia è stata brava a pubblicizzare la sua scelta e a proporla. Credo ci siano tante persone mosse dagli stessi intenti: tra queste ci siamo anche io e mia moglie.
Quali caratteristiche devono avere i giovani a cui andranno le terre?
Devono assolutamente attenersi a pratiche rispettose dell’ambiente: biodiversità, biologico, biodinamico. Abbiamo già assegnato 9 ettari con annessi rurali a cinque giovani che si sono proposti con un progetto chiaro. Tre di loro si sono dedicati principalmente alla produzione di canapa, ma progettano anche una realtà autosufficiente. Due hanno avviato un allevamento ovino di razza locale, hanno già 80 capi e sono partite la produzione e la vendita di formaggi. Ora vogliamo trovare un gruppo capace di convivere serenamente e portare avanti l’attuale azienda che noi, ultrasettantenni, non riusciamo più a gestire al meglio. Venderla? La considereremmo una sconfitta.
Pensi che questa iniziativa possa essere replicata e, in futuro, diventare una pratica consolidata per recuperare terreni abbandonati e favorire il ritorno in campagna?
Assolutamente sì e noi che siamo avviati su questa strada dovremo diffondere queste pratiche. Ma soprattutto speriamo di essere d’esempio a tutti i piccoli agricoltori che, non avendo eredi che se ne vogliano occupare, sono costretti a vendere aziende agricole create e gestite con passione per tutta una vita.
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Fonte: Italia che Cambia
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