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Chomsky, Papa Francesco e la Teologia della liberazione

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Prendere i Vangeli sul serio: Chomsky a proposito della Chiesa

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di Abel Collins

Papa Francesco è sbalorditivo. Finalmente uno dei personaggi simbolo del mondo occidentale confessa i peccati del modello economico ingiusto che ci sta spingendo tutti nel baratro. E’ forse ironico che quest’uomo umile e risoluto, che ha preso possesso della Santa Sede nel bel mezzo della sua disgrazia, sia colui che si fa avanti a sollecitare l’espiazione delle nostre malefatte collettive. Ecco solo un assaggio di ciò che Papa Francesco ha da dire nel suo recente “Evangelii Gaudium” (Gioia del Vangelo):

“La sete di potere e possessi non conosce limiti. In questo sistema, che tende a divorare tutto ciò che ostacola l’accrescimento del profitto, tutto ciò che è fragile, come l’ambiente, è indifeso di fronte agli interessi di un mercato divinizzato, che diviene la sola regola.”

“Una delle cause di questa situazione va trovata nel nostro rapporto con il denaro, poiché né accettiamo tranquillamente il dominio su di noi e sulle nostre società. L’attuale crisi finanziaria può farci trascurare che essa ha avuto origine in una profonda crisi umana: la negazione del primato della persona umana! Abbiamo creato nuovi idoli. L’adorazione dell’antico vitello d’oro (vedere Esodo 32:1-35) è tornata sotto spoglie nuove e spietate nell’idolatria del denaro e nella dittatura di un’economia impersonale priva di un verso scopo umano. La crisi mondiale che colpisce la finanza e l’economia mette a nudo gli squilibri di entrambe e, soprattutto, la loro mancanza di un vero interesse per gli esseri umani; l’uomo è ridotto a uno solo dei suoi bisogni: al consumo.”

La semplice verità di queste accuse dà loro una potenza morale. La stessa potenza che Gesù stesso esercitò nei racconti dei Vangeli. Infatti i racconti ci dicono che Gesù predicò un pacifismo radicale che elevò ed esaltò i più miseri.

L’indignazione nei confronti del sistema finanziario che le parole del Papa intimano e che la maggior parte di noi avverte, echeggia l’indignazione che indusse Cristo a rovesciare i tavoli dei cambiavalute e a cacciarli dal tempio. Così le parole di Francesco sono al tempo stesso un’espressione di fede e una testimonianza dell’ingiustizia del nostro tempo.

Non dovrebbe sorprendere troppo che questo Papa abbia portato la Chiesa cattolica in questa direzione. Papa Francesco (nato Jorge Mario Bergoglio, nel 1936, in Argentina) ha trascorso gli anni formativi della sua adolescenza, gli anni ’50 e ’60, in America Latina dove la teologia della liberazione fece presa, vitalizzando la Chiesa cattolica e influenza il Vaticano II, il concilio convocato da Papa Giovanni XXIII per modernizzare il cattolicesimo nei primi anni ’60. Anche se Giovanni, il “Papa buono”, non visse abbastanza da vedere la fine del Vaticano II, fu in grado di assicurare che i vangeli e la loro concentrazione sulla giustizia sociale fossero ripristinati come principale insegnamento della fede. Questa convalida della teologia della liberazione incoraggiò l’opera della Chiesa in America Latina e la successiva ascesa della politica radicale che premeva per la giustizia sociale per i contadini della regione.

Gli Stati Uniti finirono a collaborare con gli stati vassalli dittatoriali dell’America centrale e meridionale per reprimere la teologia della liberazione. Una violenza orribile persistette per tutti gli anni ’80 e riuscì a prevenire la maggior parte delle riforme perseguite dal movimento. Ciò nonostante gli ideali di giustizia sociale non andarono mai persi del tutto e gli USA da allora hanno cominciato a perdere influenza nella regione. Papa Francesco oggi sarà nuovamente in grado di rovesciare i tavoli?

Ho discusso una vasta gamma di argomenti con l’idolo delle mie scuole superiori, Noam Chomsky, all’inizio di ottobre. E’ stato prima della diffusione della Evangelii Gaudium, ma dopo molte parole incoraggianti di Papa Francesco sulla giustizia economica. Gli occhi di Chomsky si sono illuminati quando gli ho chiesto che cosa pensasse della direzione impressa dal nuovo papa alla Chiesa cattolica.

Essenzialmente ha ammirato la retorica del papa ma era preoccupato perché “non sta succedendo granché”.

Dobbiamo vedere se arriverà a dire alle persone che si organizzano di insistere sui loro diritti e a perseguire la via di una scelta preferenziale a favore dei poveri, a prendere i Vangeli sul serio.”

Così, anche se mi dà piacere leggere il papa che reitera la sua opposizione al modello economico attuale, io, come Chomsky, cercavo qualcosa di più. Fortunatamente è ciò che ho trovato nella Evangelii Gaudium. In realtà Francesco dedica il suo scritto più a come la Chiesa dovrebbe cambiare i propri metodi di evangelizzazione che a quali devono essere i temi dell’evangelizzazione.

“Il ministero pastorale in chiave missionaria cerca di abbandonare l’atteggiamento compiaciuto che dice: ‘Abbiamo sempre fatto così’. Invito tutti a essere audaci e creativi in questo compito di ripensamento degli obiettivi, delle strutture, delle strutture e dei metodi dell’evangelizzazione nelle comunità di ciascuno. … La cosa importante è non camminare da soli.”

Egli sottolinea la necessità di uscire dai confini delle chiese e di entrare nella comunità, incontrando le persone dove esse sono e promuovendo l’organizzazione su temi che stanno a cuore alla gente, come l’uguaglianza economica. Per come io lo interpreto, Papa Francesco sta dando al clero e ai membri laici della Chiesa il permesso di impegnarsi pienamente nella teologia della liberazione e sospetto che lo faranno. Voi no?

E questa è in realtà la questione, perché cattolici o no (quanto a me, sono quacchero) questa onestà radicale può accendere una scintilla negli occhi di tutti. Possiamo tutti prenderci quel permesso di evangelizzare sulla giustizia economica nelle nostre comunità, e la luce che getteremo indurrà altri a unirsi a noi. “La cosa importante è non camminare da soli”.

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Fonte: ZNetItaly

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Approfondimento

Teologia della liberazione

Noam Chomsky

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Karol Wojtyla: quello che i media evitano di ricordare

Il papa con Augusto Pinochet 1987

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Questo articolo è stato pubblicato in originale sul settimanale Brecha di Montevideo

Il primo maggio, occupando in maniera per niente casuale una data tradizionale del mondo del lavoro e della sinistra laica, Karol Wojtyla, Giovanni Paolo II, sarà beatificato appena sei anni dopo la morte. Per la chiesa cattolica è uno scalino necessario verso la santità.

Anche se circa due milioni di fedeli starebbero viaggiando verso Roma in queste ore, l’opera di Wojtyla mantiene aspetti polemici, rigorosamente dimenticati in questi giorni per le sue omissioni nelle denunce dei casi di pedofilia, per la sua alleanza con le dittature latinoamericane e con prelature discusse come l’Opus Dei e i Legionari di Cristo o per la sua guerra senza quartiere contro la modernità, la chiesa di base e lo spirito del Concilio Vaticano II.

Entrate nella cattedrale di San Salvador, in realtà poco più di una parrocchia di periferia rispetto allo splendore dell’Antigua Guatemala, la sede della Capitania dell’impero, e guardate alla destra della navata centrale. Non confondetevi! Quel sacerdote sorridente rappresentato in quella gigantesca pittura non è monsignor Oscar Arnulfo Romero, il vescovo assassinato nel 1980 dagli squadroni della morte del governo di ultradestra. Quel prete, lo sguardo mansueto del quale è impossibile evitare di incrociare, è San José María Escrivá de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei, l’organizzazione che riunisce cattolici eccellenti e della quale Karol Wojtyla fu sdoganatore e sicuro alleato politico. Tanto alleato da santificare il polemico sacerdote basco senza considerare la vicinanza di questo alla dittatura franchista spagnola, l’antisemitismo, lo scandaloso acquisto di un titolo nobiliare, le denunce sulla manipolazione dello stesso processo di santità. Quello che importava era offrire un santo alla classe dirigente cattolica, fieramente anticomunista, che interpretasse un cattolicesimo nel quale denaro e potere fossero celebrati come un cammino verso la salvezza. (leggi tutto)

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Fonte: Giornalismo Partecipativo (Gennaro Carotenuto)

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