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Testimonianze dai lager libici | Questo orrore deve finire. Firma la Petizione!

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FIRMA ANCHE TU LA PETIZIONE PER CHIUDERE IMMEDIATAMENTE I LAGER LIBICI:

https://www.change.org/p/segretario-generale-nazioni-unite-chiudere-i-lager-libici

di Silvestro Montanaro – 15 luglio 2018

“Il capo dei carcerieri è venuto nell’hangar, mi ha presa e mi ha stracciato il vestito davanti a tutti. Poi quando sono rimasta nuda ha cercato di penetrarmi, ma non ci è riuscito perché io sono infibulata… Mi ha portato in una stanza di un edificio vicino, mi ha legato le mani dietro la schiena, mi ha messa per terra, mi ha aperto le gambe e con uno strumento metallico ha aperto l’accesso alla mia vagina, al fine di penetrarmi praticando un taglio attraverso l’infibulazione. Lì dal dolore sono svenuta, quando mi sono svegliata mi aveva già violentato”.

“Sono stato in una prigione vicino Tripoli per 6 mesi ai lavori forzati. Non dimenticherò mai la morte del mio amico. Era troppo stanco per lavorare. Ha detto alle guardie che non riusciva ad alzarsi. Uno dei libici ha detto ‘Se non vieni ti sparo’. Io pensavo che scherzasse. L’ha pensato anche il mio amico. L’uomo libico l’ha ucciso con un colpo in testa. Poi si è girato verso di me. ‘Tu che fai, lavori o no?’ “, testimonianza di M., 27 anni, Gambia.

«Ci hanno trasportati in un carcere che sorge in una zona agricola dedicata alla coltivazione dei datteri e che si erge tra Kufra ed Hedeyafa. In tale struttura costantemente vigilata da diversi uomini armati sono rimasto con il mio compagno di viaggio per un mese e otto giorni. In tale lasso di tempo io, come tutti gli altri migranti reclusi in questa struttura, sono stato più volte torturato anche da un sudanese che oggi si trova in questo centro (di accoglienza italiano, ndr), torturato per il denaro».
«Spesso mi costringevano a contattare telefonicamente i miei parenti e durante le comunicazioni venivo colpito ripetutamente con dei tubi di gomma. Disgraziatamente mio padre è un povero agricoltore perché nella nostra zona è in corso una carestia. Per tali motivi i miei familiari non erano in grado di pagare il riscatto preteso dall’organizzazione criminale, che inizialmente consisteva in 5.000 dollari. In seguito, comprendendo le precarie condizioni della mia famiglia, abbassarono le pretese a 3000 dollari. Ma mio padre non fu in grado di pagare lo stesso. Alla fine, dopo oltre un mese di torture e sevizie sono stato trasferito in un altro struttura, insieme ad altri migranti reclusi».

«Ogni volta che dovevo telefonare a casa, mi legavano e mi facevano sdraiare per terra con i piedi in sospensione. E così immobilizzato, mi colpivano ripetutamente con un tubo di gomma in tutte le parti del corpo e in particolare sotto le piante dei piedi tanto da rendermi quasi impossibile poter camminare. Ho anche assistito ad analoghe torture fatte sempre da lui ad altri migranti». Ho inoltre visto trattamenti anche peggiori come le torture mediante l’utilizzo di cavi alimentati con la corrente elettrica. Tale trattamento veniva però riservato ad emigranti ritenuti ribelli».

“ Mi sono ammalato per via delle terribili condizioni igieniche della prigione. Ho contratto una malattia della pelle. Tutto il mio corpo era pieno di ferite che sanguinavano e perdevano pus. Loro non mi hanno mai permesso di vedere un dottore così sono peggiorato moltissimo. Mi umiliavano davanti a tutti per questa condizione e nessuno voleva starmi vicino. Le guardie venivano solo per picchiarmi. Così un giorno ho provato a scappare insieme ad un amico. Le guardie ci hanno scoperto quasi subito, ci hanno riportato dentro e ci hanno picchiato violentemente. Alle percosse il mio amico non è sopravvissuto. L’ho visto morire davanti miei occhi”.

Non possiamo essere testimoni silenziosi di questa schiavitù moderna, degli stupri, delle altre violenze sessuali e di questi omicidi giustificati in nome di una gestione della migrazione e del tentativo di tenere lontano dalle coste europee delle persone disperate e traumatizzate”.
Zeid Ra’ad Al Hussein, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani.

Fonte: raiawadunia.com

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Rai3 – “C’era una volta” non deve chiudere! Firma la Petizione!

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C'era una volta

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C’era una volta, la voce degli ultimi, il racconto delle verita’ scomode, non deve sparire dal palinsesto rai.

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Proprio nei giorni in cui si discute il rinnovo del contratto di servizio pubblico che lega il nostro Stato alla concessionaria Rai; mentre da più parti e da importanti organizzazioni umanitarie si denuncia il silenzio dell’informazione televisiva sulle maggiori crisi in corso nel mondo, la Rai cancella in un colpo solo C’era una volta ed il suo autore, Silvestro Montanaro.

C’era una volta, per più di dieci anni e’ stato il programma di documentari e reportages, per molti versi unico nel suo genere nel panorama televisivo italiano, che ha mantenuto aperta una finestra informativa di qualità sulle pagine più oscure dei processi di globalizzazione, sullo stato dei diritti umani nel mondo, su tante crisi e conflitti volutamente ignorati.

Molte delle sue inchieste, tradotte in più lingue e ospitate nei media di tanti paesi, hanno fatto luce su efferati traffici e crimini internazionali e sono state alla base di importanti campagne nazionali ed internazionali contro il traffico di esseri umani, la pedofilia, il turismo sessuale, i diritti delle donne e dei minori.

C’era una volta ha dato voce agli ultimi e coscienza a tutti noi. Questo programma, colpevolmente e scandalosamente relegato ad ora tarda, ha onorato la Rai ed i suoi telespettatori, ha fatto cioè servizio pubblico, per giunta a costi bassissimi, promuovendo una qualità dell’informazione la cui missione era la crescita della conoscenza critica del nostro mondo e dei suoi problemi, la cultura della cittadinanza globale.

Centinaia e centinaia di scuole, università, associazioni, non solo in Italia, hanno fatto dei documentari di C’era una volta un’occasione di conoscenza e di incontro. Il suo autore, Silvestro Montanaro, insignito di più medaglie da parte della Presidenza della Repubblica, di un prestigioso riconoscimento da parte delle Camere riunite, ha ricevuto ogni tipo di premio nazionale ed internazionale per i suoi oltre cinquanta documentari , caso unico al mondo, e per le tante altre operazioni informative di cui e’ stato protagonista. Ha inoltre rappresentato più volte la Rai all’Assemblea delle Nazioni Unite con suoi interventi filmati.

Silvestro Montanaro ha servito la verità, ha dato voce a chi aveva bisogno di pace e giustizia e marciva silenziosamente nel terrore e nell’orrore, in più angoli del pianeta e nelle crisi e nei conflitti più terribili. Ha messo in luce le radici vere e le responsabilità di tante tragedie, mettendo più volte a repentaglio la sua stessa vita.

Nonostante tutto questo, la Rai costringe Silvestro Montanaro ad andar via e chiude C’era una volta.

  • Chiediamo che la Rai ritorni sulle sue decisioni, mantenga viva C’era una volta ed anzi la fornisca di mezzi e risorse perché possa meglio svolgere la sua importante funzione.

  • Chiediamo alla Rai di onorare il contratto di servizio pubblico, la sua missione di pubblica utilità facendo dell’informazione critica e globale, di qualità, parte rilevante della sua offerta televisiva.

Primi firmatari:

Stefano Rodotà (costituzionalista), Gino Strada (fondatore di Emergency), don Luigi Ciotti (presidente e fondatore di Gruppo Abele e Libera), Cecilia Strada (Presidente di Emergency), Fiorella Mannoia (cantante), Maurizio Landini (Segr. Naz. Fiom-Cgil), Norma Rangeri (giornalista), Tommaso di Francesco (giornalista), Il Manifesto (quotidiano), Sandra Amurri (giornalista), Tonio dell’Olio (Libera International), Odile Sankara (attrice, sorella di Thomas Sankara), don Renato Sacco (coordinatore nazionale di Pax Christi), Michele Placido (attore e regista), Giobbe Covatta (attore), Lina Sastri (attrice), Gianni Minà (giornalista e scrittore), Nigrizia (rivista dei missionari comboniani), Lucio Caracciolo (giornalista, saggista e docente. Direttore di Limes), Cecilia Brighi (Associazione Italia-Birmania), Comitato Sankara XX, Bruno Jaffré (biografo di Thomas Sankara), Marinella Correggia, Aziz Fall (coordinatore CIJS – The international Campaign for Justice for Sankara), Mauro Biani (disegnatore), Vauro Senesi (disegnatore), Marco Scarpati (docente universitario, presidente di ECPAT), Pier Giuseppe Murgia (regista ed autore cinematografico e televisivo), Mosaico di pace (rivista), Maso Notarianni (giornalista)

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FIRMA LA PETIZIONE

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Fonte:  carlinhoutopia.wix.com

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