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Trattativa tra Stato e mafia, Napolitano dovrà deporre come testimone

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Il Presidente della Repubblica dovrà deporre come testimone al processo per la trattativa tra Stato e mafia. Lo hanno deciso i giudici della Corte d’assise di Palermo, presieduta da Alfredo Montalto, che hanno così accolto, seppure in parte, la richiesta avanzata nelle scorse udienze dal pm Nino Di Matteo.

Il Capo dello Stato Giorgio Napolitano era stato citato dai pm per riferire in aula sulle «preoccupazioni espresse dal suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio nella lettera del 18 giugno 2012 – si legge nella richiesta della Procura di Palermo – concernenti il timore di D’Ambrosio “di essere stato considerato solo un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi”, e cioè nel periodo tra il 1989 e il 1993». Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sarà, dunque, sentito nel processo per la trattativa, ma solo «limitatamente», come dicono i giudici durante la lettura del provvedimento che hanno fissato dei paletti per la deposizione del Capo dello Stato, cioè «nei soli limiti della conoscenza del teste che potrebbero esulare dalle funzioni presidenziali e dalla riservatezza del ruolo», secondo quanto disposto dalla Corte costituzionale. Il capo dello Stato figura nella lista testi della Procura, che intende sentirlo sui colloqui tra Nicola Mancino e l’ex consigliere giuridico del Quirinale, Loris D’Ambrosio. A gennaio la Consulta ha stabilito che le intercettazioni telefoniche del presidente della Repubblica fossero distrutte. D’Ambrosio è morto nel luglio 2012, a 64 anni, per un infarto.

Anche il presidente del Senato, Pietro Grasso, deporrà al processo in base a quanto hanno deciso i giudici accogliendo tutte le richieste di ammissione testimoniali della Procura escluse quelle relative alle citazioni dei magistrati Vittorio Teresi, Roberto Scarpinato e Antonio Ingroia.

«Ottimo, chi sa deve parlare e lo deve fare sotto giuramento, a partire dal Presidente della Repubblica – commenta Paolo Ferrero – Noi vogliamo sia fatta piena luce su questa pagina vergognosa dello stato italiano ed è sacrosanto che i magistrati usino tutti gli strumenti in loro possesso per indagare a fondo e cercare la verità sulle possibili collusioni tra ambienti dello Stato e le mafie – conclude il segretario del Prc – E’ una priorità per tutto il Paese e per la democrazia».

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Fonte: controlacrisi.org

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