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20 giugno 2013 – Giornata mondiale del rifugiato

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UNHCR

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Quello di rifugiato politico è uno status giuridico: connota chi, a causa di persecuzione razziale, politica o religiosa, subita nel proprio Paese d’origine, è volutamente o coercitivamente approdato in un altro Paese, dove, in base alle Convenzioni internazionali, ha diritto civile di chiedere asilo politico. Spesso infatti, a causa di guerre o regimi dittatoriali o integralisti al potere, taluni cittadini non solo sono privati dei normali diritti civili, ma vengono fatti vittime di discriminazioni e persecuzioni.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, è stato istituito in seno alle Nazioni Unite un apposito organismo a tutela dei rifugiati politici: l’ Alto Commissariato per i Rifugiati (UNHCR, dall’acronimo inglese). Le Convenzioni internazionali sanciscono che, una volta ottenuto il riconoscimento giuridico, il rifugiato gode del diritto di soggiorno nel Paese ospitante, con diritto di studio, di esercitare un lavoro, di ricongiungimento familiare, di iscrizione al sistema sanitario, di richiesta della cittadinanza e degli altri diritti civili ed assistenziali.

Il diritto del rifugiato ad essere accolto e protetto, si scontra oggi con il dovere spesso non compiuto da parte di numerosi governi europei, che non mettono in atto le necessarie politiche di integrazione e riconoscimento dello status. Il respingimento incondizionato degli immigrati, prima ancora che possano approdare sulle nostre coste, è sicuramente una delle violazioni di questo diritto che la Giornata mondiale del rifugiato di oggi ricorda.

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Fonte: unimondo.org

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Appello di “Ferite a morte” al Governo: subito Stati Generali contro la violenza sulle donne! Serena Dandini invita a firmare l’Appello!

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A volte le cose sono più semplici di quello che sembrano. Non servono investimenti mastodontici e non c’è bisogno di chiamare l’esercito o invocare la pena di morte. In Italia ci sono già leggi, esempi virtuosi, energie locali e esperienze professionali che lavorano da anni contro la violenza alle donne: vanno ascoltate, coordinate, finanziate e collegate in un nuovo piano nazionale.

Una donna maltrattata, minacciata, molestata, umiliata da violenze fisiche o psicologiche è un dramma e un danno per la società intera, non un trascurabile effetto collaterale di una storia d’amore andata a male.

Siamo tutti coinvolti e responsabili, anche se non direttamente violenti, perché abbiamo comunque ignorato o avallato comportamenti considerati bonariamente scontati, endemici della nostra cultura mediterranea, simpatici machismi che fanno folklore e nessun danno. E invece anche le parole sono delle armi taglienti. Non possiamo più sentire negli articoli di cronaca frasi come «Delitto passionale» o «Raptus improvviso di follia». Che raptus può essere un gesto annunciato da anni di violenze, minacce e ricatti?

Lo sapevano tutti che prima o poi qualcosa sarebbe successo: i vicini, il quartiere intero, persino al pronto soccorso e al commissariato di zona dove fioccano a volte denunce inascoltate. L’Italia è stata severamente redarguita dalle Nazioni Unite nella relazione di Rashida Manjoo, Rapporteur speciale del 2012 che dopo gli insulti al presidente della Camera avrebbe forse rincarato la dose:

«La maggior parte delle manifestazioni di violenza in Italia sono sotto-denunciate nel contesto di una società patriarcale dove la violenza domestica non è sempre vissuta come un crimine… e persiste la percezione che le risposte dello Stato non saranno appropriate o utili».

Parole pesanti, gravissime, che avrebbero dovuto almeno stimolare un dibattito e che invece sono scivolate via nei cestini dei ministeri. Se ci sgridano per il debito pubblico o lo spread che s’innalza, corriamo come bambini impauriti a giustificarci mentre davanti a queste «vergogne» i governi fanno spallucce.

La violenza maschile sulle donne non è una questione privata, ma politica.

Ecco perché vi chiedo di firmare l’appello di «Ferite a morte» che chiede al Governo e al Parlamento di convocare senza indugi gli Stati Generali contro questa violenza. Servono interventi immediati, è necessario riconoscere l’urgenza e istituire finalmente un Osservatorio Nazionale che segua il fenomeno.

Grazie,

Serena Dandini via Change.org

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FIRMA L’APPELLO

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Fonte: change.org   (Appello lanciato da Ferite a morte)

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