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Come il popolo di “Avatar” la tribù dei Dongria Kondh blocca il gigante minerario Vedanta Resources

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Popolo Dongria Kondh   © Jason Taylor/Survival

Popolo Dongria Kondh
© Jason Taylor/Survival

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La vera tribù di ‘Avatar’ assesta il colpo mortale alla miniera di Vedanta

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La tribù dei Dongria Kondh, in India, ha rifiutato in modo schiacciante il progetto del famigerato gigante minerario Vedanta Resources, che spingeva per aprire una miniera a cielo aperto sulle colline di Niyamgiri, a loro sacre. Per i diritti indigeni è un trionfo senza precedenti.

Tutti e dodici i villaggi dongria in cui si sono tenute le consultazioni ordinate dalla Corte Suprema indiana nell’aprile 2013, hanno votato all’unanimità contro la miniera di Vedanta. Il tribunale aveva deciso di far effettuare le consultazioni perché, se il progetto minerario fosse stato realizzato, i diritti religiosi, culturali e sociali della tribù sarebbero stati minati.

“Il nostro Dio vive in spazi aperti” aveva detto il leader dongria Lodu Sikaka. “Voi tenete il vostro Dio chiuso a chiave. Noi non lasceremo mai Niyamgiri. Se il governo e i politici dovessero chiederci di farlo, noi combatteremo.”

La miniera avrebbe distrutto le foreste e interrotto il corso dei fiumi delle colline di Niyamgiri , fulcro della vita e dell’identità degli 8.000 membri della tribù, segnando così la fine dei Dongria come popolo auto-sufficiente. La loro lotta è stata internazionalmente paragonata a quella della tribù dei Na’vi del colossal hollywoodiano Avatar.

I Dongria sono stati elogiati per la loro strenua determinazione. Sono sempre rimasti compatti e decisi a salvare le loro colline nonostante le intimidazioni e le molestie subite da parte della polizia paramilitare, e le continue dichiarazioni di Vedanta Resources, secondo cui la tribù era a favore della miniera. Nel corso della lotta per difendere Niyamgiri, alcuni leader dongria sono stati imprigionati e torturati, ma la resistenza della tribù è continuata.

I risultati delle consultazioni devono essere ora valutati dal Ministro indiano dell’Ambiente e delle Foreste, a cui spetta l’ultima parola in merito, ma difficilmente sarà dato il via libera alla miniera.

Il rifiuto schiacciante dei Dongria Kondh non solo assesta un colpo mortale ai progetti minerari di Vedanta nello stato di Odisha, ma contraddice anche le affermazioni della compagnia. “Sulla base della nostra ampia attività di consultazione” aveva ad esempio dichiarato Vedanta, “è nostra sincera opinione che il progetto sia ben accetto dalla grande maggioranza della popolazione locale, tra cui diversi popoli indigeni, dalla più vasta popolazione dell’Orissa e da altri importanti protagonisti.”

La storia di Vedanta fornisce una lezione importante alle società che mirano a estrarre risorse dalle terre dei popoli indigeni: non si può procedere senza il libero, prioritario e informato consenso delle comunità coinvolte.

Survival International e i suoi sostenitori hanno appoggiato la lotta dei Dongria: hanno organizzato proteste in vari paesi del mondo, inviato migliaia di lettere al governo indiano, coinvolto celebrità come Claudio Santamaria in Italia e Joanna Lumley e Michael Palin all’estero, e portato la battaglia della tribù all’attenzione mondiale. Il modo in cui Vedanta tratta i Dongria è stato condannato, tra gli altri, anche dal Governo britannico e da diversi azionisti, come la Chiesa d’Inghilterra, che hanno rinunciato ai loro investimenti nella compagnia per ragioni etiche.

“Vedanta ha continuato a sostenere che gli indigeni fossero a favore della miniera nonostante tutte le prove dimostrassero il contrario. I Dongria hanno chiaramente dimostrato che non era vero” ha dichiarato oggi il direttore generale di Survival International, Stephen Corry. “Vedanta deve cambiare radicalmente il suo modo di fare affari. Se il governo indiano non dovesse chiudere questo progetto una volta per tutte, sarà un’evidente negazione della giustizia e dei diritti umani.”

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Note agli editori:
Scarica una cronistoria della campagna di Survival e della lotta dei Dongria Kondh contro la miniera di Vedanta Resources (PDF in italiano, 258 kB).
– Guarda il filmato Mine, narrato da Claudio Santamaria con cui Survival ha fatto conoscere la lotta dei Dongria Kondh al largo pubblico.

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Fonte: Survival

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Il disastro del falso spot Ford “Figo” con Ruby e Minetti nel bagagliaio

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Ruby e Minetti nel bagagliaio, Ford prende le distanze

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La Casa americana si dissocia dalla (falsa?) campagna destinata al mercato indiano. Ecco foto e retroscena

di Maurizio Pesce

Una proposta provocatoria, uno scherzo tra colleghi mattacchioni o una campagna pubblicitaria finita in disastro prima ancora di essere appiccicata in formato 6×3 sulle strade dell’India. Una cosa si intuisce: la Ford Figo ha un grandissimo bagagliaio, così grande da portarci anche Ruby e un paio di Minetti. Strano, piuttosto, che non ci abbiano disegnato anche un paio di marò: forse in due sarebbero stati larghi e non avrebbe reso l’idea.

Comunque, le immagini sono state diffuse in Rete nelle ultime ore, attirando talmente tanto l’attenzione da costringere Ford a rilasciare un comunicato in cui si prendono le distanze dall’iniziativa:

Siamo profondamente rammaricati della pubblicazione di immagini di cattivo gusto e contrarie agli standard di professionalità e decenza del Gruppo WPP. Tali immagini non erano destinate alla pubblicazione all’interno di campagne pubblicitarie e non avrebbero mai dovute essere state realizzate, né tantomeno diffuse in Rete. Quanto accaduto è il risultato di azioni individuali eseguite al di fuori dell’opportuno controllo, e sono già state attivate, internamente all’agenzia dove chi ha eseguito queste azioni lavora, le opportune misure per rispondere a quanto accaduto”.

La campagna, in realtà, andava un po’ oltre il nostrano bunga-bunga, rappresentando anche il rapimento di Fernando Alonso, Sebastian Vettel e Lewis Hamilton da parte di Michael Schumacher e delle sorelle Kardashian da parte di Paris Hilton al grido di “Lasciati le preoccupazioni alle spalle”. Grasse risate.

Insomma, qualche testa rotolerà per questo all’interno dell’agenzia partner del gruppo che era stata incaricata di realizzare la campagna. O comunque tra i responsabili del progetto: su Facebook, Marco Tironi e Gianni Zagaria (grazie) ci segnalano  i nomi dei creativi che ci hanno lavorato e la piattaforma usata per cercare visibilità: Advertising Agency: JWT, New Delhi; Creative Directors: Bobby Pawar, Vijay Simha Vellanki; Art Director: Supriya Berry; Copywriter: Binoy S. Sarkar; Illustrator: Nithin Rao Kumblekar.

Prende le distanze anche Ford Italia, tirata in ballo per l’ambientazione italica del quadretto:

Ford Italia non era a conoscenza della loro esistenza (anche perché è un’azione che non riguarda nessuna delle agenzie partner WPP con cui collaboriamo in Italia). Siamo profondamente rammaricati di quanto accaduto e siamo d’accordo con le nostre agenzie internazionali che ciò non sarebbe mai dovuto accadere. Queste immagini sono contrarie agli standard di professionalità e decenza che contraddistinguono il marchio Ford e le nostre agenzie partner

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Fonte: WIRED.it

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India: è’ morto “Appa” gandhiano centenario dei combattenti per la libertà

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Sankaralingham Jagannathan, gandhiano centenario

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Se ne va il ” papà ” nonviolento dei combattenti per la libertà

 

di Marinella Correggia

Insieme alla moglie lottò per il diritto alla terra e per l’economia di villaggio egualitaria.
Aveva da poco compiuto cento anni Sankaralingham Jagannathan («Appa», papà), morto il 12 febbraio alla «Dimora dei lavoratori» nell’università rurale Gandhigram, stato indiano meridionale del Tamil Nadu.
Grande seguace di Gandhi ha percorso l’India nello spazio e nel tempo a partire dagli anni 1940 insieme alla moglie Krishnammal («Amma», mamma), del 1926, tuttora attivissima. Lui era nato benestante di casta alta, lei intoccabile e povera: per la feroce tradizione indù non avrebbero nemmeno dovuto sfiorarsi. Prima militarono come freedom fighters nonviolenti a fianco del mahatma Gandhi nel Quit India Movement, la lotta di massa per l’indipendenza, poi si dedicarono all’impegno nonviolento per i senzaterra che costò ad Appa altro carcere. Non ebbero mai una casa loro, vissero in diversi ashram, dimore comunitarie, dove Appa ogni alba filava per un’ora all’arcolaio i suoi abiti di cotone e Amma cucinava con semplicità vegetariana.
Per rendere produttivi i quattro milioni di acri che i poveri avevano ottenuto in seguito all’appello al Bhoodan (dono della terra), Jagannathan creò il movimento Assefa per l’autosufficienza dei villaggi gandhiani.
Nel 1968 quarantadue donne e bambini senzaterra in sciopero vengono rinchiusi e bruciati vivi da ricchi possidenti nel distretto di Tanjavur. Amma e Appa decidono di concentrare là il loro lavoro sulla terra e per la terra. Nasce il movimento Lafti: «Terra per la liberazione dei braccianti». Con scioperi, marce, raduni, digiuni e petizioni; vincendo anche ostacoli burocratici, tredicimila famiglie ottengono infine altrettanti acri da coltivare. Parallelamente il Lafti opera per lo sviluppo dei villaggi, con attività edili di autocostruzione, artigianali, educative.
Nel 1993 le comunità costiere del Tamil Nadu dove lavorano Amma e Appa subiscono l’aggressione dei nuovi latifondisti, i grossi imprenditori del gamberetto per l’esportazione. Risaie salinizzate e mangrovie distrutte.
Jagannathan ricorre alla Corte Suprema dell’India che nel 1996 vieta l’acquacoltura intensiva entro i 500 metri dalla costa. Ma la distruzione non si ferma, in un’India ben diversa dal sogno di Appa.
Come l’economista gandhiano J.C. Kumarappa, Jagannathan sosteneva un’economia di villaggio egualitaria basata su agricoltura, artigianato e «lavoro per il pane». Il volto locale di un’India che doveva essere autonoma, pacifica, resistente contro l’imperialismo.

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Fonte: il Manifesto

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Approfondimento

Sankaralingham Jagannathan

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