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Tolstòj, noi e la Marcia della Pace

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Tolstoy photographed at his Yasnaya Polyana estate in May 1908 by Sergey Prokudin-Gorsky.

Tolstoy photographed at his Yasnaya Polyana estate in May 1908 by Sergey Prokudin-Gorsky.

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Si! Marciare per la pace è un gesto nobile, ma se vogliamo sperare in un domani in cui la pace realmente trionfi  dobbiamo sciegliere di vivere  secondo i principi della nonviolenza (ahismà). Questo deve avvenire sul lavoro, in famiglia, nella comprensione e nella tolleranza del prossimo, nei piccoli gesti, nel modo di cibarsi. L’ ahimsà abbraccia  l’universo quotidiano della nostra vita. E’ un percorso lento e profondo. Il primo passo è quello del raggiungimento della pace interiore. Da qui poi si parte volgendo le nostre forze verso l’esterno, verso il mondo. Suggerire e far conoscere agli altri la via della nonviolenza è un atto intangibile. Pace e nonviolenza, denuncia e stile di vita, non si possono esperimentare separati. (madu)

“Quarant’anni fa, mentre attraversavo una grave crisi di scettiscismo e dubbio, incappai nel libro di Tolstòj  “Il regno di Dio è dentro di noi”, ne fui profondamente colpito. A quel tempo credevo nella violenza. La lettura del libro mi guarì dallo scettiscismo e fece di me un fermo credente dell’ahismà. Quello che più mi ha attratto nella vita di Tolstòj è il fatto che egli ha praticato quello che predicava e non ha considerato nessun prezzo troppo alto per la ricerca della verità. Prendete la semplicità della sua vita; fu mirabile… Fu il più grande apostolo della non violenza che l’epoca attuale abbia dato. Nessuno in Occidente, prima o dopo di lui, ha parlato e scritto della non violenza così ampiamente e insistentemente, e con tanta penetrazione e intuito… La vita di Tolstòj, con il suo amore grande come l’oceano, dovrebbe servire da fato e da inesauribile fonte d’ispirazione, per inculcare in noi questo vero e più alto tipo di ahismà…”

(Mahatma Gandhi – testo tratto da “Antiche come le montagne”)

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2 ottobre Giornata Mondiale della Nonviolenza

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« Non ho nulla di nuovo da insegnare al mondo. La verità e la nonviolenza sono antiche come le montagne. »(Mahatma Gandhi)

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OGGI GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA NONVIOLENZA

Mohandas Karamchand Gandhi, detto il Mahatma (in sanscrito महात्मा, “grande anima”) nasce a Porbandar il 2 ottobre 1869 e muore a Nuova Delhi, 30 gennaio 1948. Egli è stato un politico e filosofo indiano.
In India Gandhi è stato riconosciuto come Padre della nazione e il giorno della sua nascita (2 ottobre) è un giorno festivo. Questa data è stata anche dichiarata «Giornata internazionale della nonviolenza» dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

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India: è’ morto “Appa” gandhiano centenario dei combattenti per la libertà

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Sankaralingham Jagannathan, gandhiano centenario

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Se ne va il ” papà ” nonviolento dei combattenti per la libertà

 

di Marinella Correggia

Insieme alla moglie lottò per il diritto alla terra e per l’economia di villaggio egualitaria.
Aveva da poco compiuto cento anni Sankaralingham Jagannathan («Appa», papà), morto il 12 febbraio alla «Dimora dei lavoratori» nell’università rurale Gandhigram, stato indiano meridionale del Tamil Nadu.
Grande seguace di Gandhi ha percorso l’India nello spazio e nel tempo a partire dagli anni 1940 insieme alla moglie Krishnammal («Amma», mamma), del 1926, tuttora attivissima. Lui era nato benestante di casta alta, lei intoccabile e povera: per la feroce tradizione indù non avrebbero nemmeno dovuto sfiorarsi. Prima militarono come freedom fighters nonviolenti a fianco del mahatma Gandhi nel Quit India Movement, la lotta di massa per l’indipendenza, poi si dedicarono all’impegno nonviolento per i senzaterra che costò ad Appa altro carcere. Non ebbero mai una casa loro, vissero in diversi ashram, dimore comunitarie, dove Appa ogni alba filava per un’ora all’arcolaio i suoi abiti di cotone e Amma cucinava con semplicità vegetariana.
Per rendere produttivi i quattro milioni di acri che i poveri avevano ottenuto in seguito all’appello al Bhoodan (dono della terra), Jagannathan creò il movimento Assefa per l’autosufficienza dei villaggi gandhiani.
Nel 1968 quarantadue donne e bambini senzaterra in sciopero vengono rinchiusi e bruciati vivi da ricchi possidenti nel distretto di Tanjavur. Amma e Appa decidono di concentrare là il loro lavoro sulla terra e per la terra. Nasce il movimento Lafti: «Terra per la liberazione dei braccianti». Con scioperi, marce, raduni, digiuni e petizioni; vincendo anche ostacoli burocratici, tredicimila famiglie ottengono infine altrettanti acri da coltivare. Parallelamente il Lafti opera per lo sviluppo dei villaggi, con attività edili di autocostruzione, artigianali, educative.
Nel 1993 le comunità costiere del Tamil Nadu dove lavorano Amma e Appa subiscono l’aggressione dei nuovi latifondisti, i grossi imprenditori del gamberetto per l’esportazione. Risaie salinizzate e mangrovie distrutte.
Jagannathan ricorre alla Corte Suprema dell’India che nel 1996 vieta l’acquacoltura intensiva entro i 500 metri dalla costa. Ma la distruzione non si ferma, in un’India ben diversa dal sogno di Appa.
Come l’economista gandhiano J.C. Kumarappa, Jagannathan sosteneva un’economia di villaggio egualitaria basata su agricoltura, artigianato e «lavoro per il pane». Il volto locale di un’India che doveva essere autonoma, pacifica, resistente contro l’imperialismo.

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Fonte: il Manifesto

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Approfondimento

Sankaralingham Jagannathan

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