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Vogliamo fermare la distruzione della Foresta Amazzonica? La soluzione è in mano nostra!

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L’Amazzonia brucia per la carne, non per il tofu

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Molti parlano e scrivono dell’Amazzonia incendiata, in queste settimane, e se non altro per la gran parte dicono la verità, cioè che la prima causa degli incendi – sempre appiccati dall’uomo – è la volontà di creare spazi per il pascolo dei bovini. Non a caso già nel 2003 il Centro per la Ricerca Forestale Internazionale intitolava “Hamburger connection” il suo report sul disboscamento della foresta amazzonica.

D’altra parte, se si vuole continuare con gli attuali consumi di carne, non esiste altra soluzione che disboscare (non solo in Amazzonia, ma dappertutto): non c’è più spazio sul pianeta.

Molti citano anche l’utilizzo del territorio così deforestato per la coltivazione della soia: anche questo è verissimo, ma capita che lettori disattenti o frettolosi non leggano fino in fondo e non si rendano conto che la soia coltivata non è quella che si utilizza per il tofu e il latte di soia per il consumo umano, ma è quella usata nei mangimi per gli animali d’allevamento ed esportata soprattutto in Europa.

In definitiva, dunque, quasi tutto il disboscamento effettuato in Amazzonia – si parla di ben oltre l’80% – ha come causa prima la produzione di carne: quella dei bovini allevati nella ex-foresta stessa e quella di altre specie animali, allevati in altri paesi, nutriti con la soia dell’Amazzonia.

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La sostenibilità della soia

Non è dunque proprio il caso di immaginarsi che la soia per il consumo umano sia una coltivazione non sostenibile: è del tutto sostenibile, come quella degli altri legumi. Anzi, di più, perché le proprietà nutritive della soia sono eccezionali, quindi a parità di risorse fornisce una quantità – e qualità – di nutrienti maggiore.

Dai cibi vegetali ricaviamo nutrienti in modo diretto, senza sprechi: da quelli animali no, perché per ottenere un kg di carne occorre nutrire l’animale con circa 15 kg di vegetali, in media.

Se più persone consumassero soia anziché carne o pesce, latticini e uova, non ci sarebbe certo bisogno di disboscare le foreste per far posto a pascoli e coltivazioni di mangimi: per la produzione di cibi di origine animale si utilizza nel mondo l’83% dei terreni agricoli, ricavando da essi solo il 18% delle calorie globali della dieta [J. Poore, T. Nemecek, Reducing food’s environmental impacts through producers and consumers, Science, 1 giugno 2018 (Vol. 360, Issue 6392, pp. 987-992, DOI: 10.1126/science.aaq0216)].

Questo significa che, a parità di calorie, il consumo di terreni per la produzione di cibo animale è 22.3 volte maggiore di quello necessario per la produzione di vegetali!

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Le foreste in continua distruzione

Qualcuno suggerisce che non serva preoccuparsi così tanto per questi incendi, dato che succede ogni anno. Ma proprio perché succede ogni anno, da decenni, bisogna preoccuparsi, perché significa che si continua a deforestare e la situazione è sempre più grave e siamo sempre più vicini al punto di non ritorno.

Si parla di 13 milioni di ettari di foreste tropicali distrutti annualmente. In Amazzonia, oltretutto, negli ultimi anni le cose stanno peggiorando e si teme che, per la prima volta negli ultimi 10 anni, nel 2019 si raggiungano i 10 mila km quadrati di foresta amazzonica disboscata.

E tutto per mangiare carne. L’ha ribadito pochi giorni fa anche un rappresentante dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale): “Una parte significativa dell’offerta globale di carne bovina, compresa gran parte dell’offerta di carne in scatola in Europa, proviene da terreni che un tempo erano la foresta pluviale amazzonica.” [“Amazzonia, in fiamme la grande riserva di carbonio e fonte di ossigeno per il pianeta”, 23 agosto 2019]

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Basta evitare il manzo dell’Amazzonia?

Evitare questa specifica carne – come alcuni stanno suggerendo – non è certo una soluzione: finché si continua a consumare prodotti derivanti dall’allevamento, qualsiasi sia la specie animale e in qualunque posto sia l’allevamento, si consuma una quantità enorme di territorio, come dimostrano i dati citati sopra. E quindi non c’è altra soluzione che disboscare, per creare pascoli e coltivazioni di mangimi. Se non è in Amazzonia è da un’altra parte e ormai non ci sono più terreni sfruttabili sul pianeta, senza disboscare.

Se si vuole prendere davvero posizione e fare qualcosa di concreto per l’Amazzonia – e per tutto il resto del pianeta – c’è una soluzione sola: smettere con la carne, prima possibile.

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Se smettiamo con la carne, di tutte le specie animali, pesci inclusi, e con gli altri prodotti animali, non salveremo solo l’Amazzonia, ma anche moltissimi animali e miglioreremo la nostra salute, scegliendo di preparare i nostri piatti coi tanti ingredienti vegetali esistenti.

La cosa positiva è che non dobbiamo aspettare interventi dall’alto, dai governi, dalle istituzioni internazionali: la soluzione è in mano nostra, basta pochissimo per cambiarle le cose.

Si tratta solo di cambiare abitudini: se ti sembra difficile, se temi di dover fare troppe rinunce, rassicurati, è molto più facile di quel che sembra e non si deve rinunciare alla buona tavola.

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Fonte: agireora.org

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In risposta all’articolo su Libero: “La Val Susa brucia nell’indifferenza di no-Tav e grillini”

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Ecco dove erano i No Tav

di Luigi Casel

 

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Egregio Direttore, mi scuso per il tempo che dovrà perdere se mai deciderà di leggere queste poche righe. Sono un cittadino della Valle di Susa che, come tutti gli altri miei conterranei, non dorme da molti giorni. La mia terra è stata devastata da terribili incendi e non le nascondo che ho pianto e continuo a piangere nell’assistere a tanta devastazione. Quindi mi comprenderà quando Le dico che le parole scritte sul suo quotidiano da tal Filippo Facci mi hanno ferito profondamente, come hanno ferito tutti i Valsusini sia NO TAV che SI TAV.

Purtroppo noi cittadini non abbiamo molti modi per rispondere alle infamie che vengono scritte da certi giornalisti. Ci restano i Social, dove funziona meglio l’insulto che il ragionamento e il confronto, ma certamente non hanno efficacia nel controbattere alle parole (non confortate dall’esercizio di verifica dell’attinenza alla verità) scritte su un quotidiano come il Suo. Ecco io non la faccio più lunga nella premessa. Volevo solo Lei sapesse che, pur comprendendo che un giornale più urla e più vende, ritengo che ci dovrebbero essere dei limiti e che lo sciacallare su una tragedia ambientale e umana che sta colpendo una popolazione e un territorio intero dovrebbe stare molto lontano da un giornale che ha l’ambizione di fare informazione e financo opinione. Di TAV e NO TAV possiamo parlare per cento anni … Parlarne utilizzando una tragedia mi pare davvero immorale e offensivo.

Concludo rispondendo alla domanda che pone (già dando una risposta) il Suo giornalista “dove cazzo erano i NO TAV?”. Dica per cortesia a Facci che i NO TAV non sono un partito o una squadra di calcio, sono dei cittadini che vivono la loro quotidianità opponendosi a un’opera che ritengono antieconomica, dannosa e inutile. E allora i NO TAV in questi lunghi dieci giorni, insieme a tutti i cittadini della Valle, erano a cercare di fermare le fiamme. Chi sotto il casco della protezione civile, chi sotto quello dei vigili del fuoco, chi sotto i berretti di cittadini comuni che hanno lavorato rischiando la vita e respirando PM 10 oltre dieci volte le soglie di sicurezza.

Erano insomma cittadini che insieme ad altri cittadini hanno fatto il possibile per salvare almeno le case e in Valle di Susa non si è soliti fare queste cose mettendosi magliette di riconoscimento o divise. Forse a Facci sembrerà strano ma una collettività vera vive così. Ci si tira su le maniche e tutti insieme si cerca di reagire alle intemperie della vita. Anche al di là dei tanto sbandierati aiuti di Stato che cita Facci e che qui si sono visti con il contagocce e solo dopo sette giorni di fuoco. Il resto lo abbiamo fatto noi valsusini (NO TAV e non), pensando che così dovrebbero fare tutti, senza troppe lamentazioni e senza troppa ricerca di visibilità.

Disponibile a qualsiasi confronto, La ringrazio e La saluto.

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Fonte: comune-info.net

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