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I ricchi, i poveri e la manipolazione mediatica

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Decine e centinaia di migliaia di euro date dallo Stato ai ricchi ma nessuno protesta

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di Pio Russo Krauss

L’articolo 53 della Costituzione afferma che “il sistema tributario è informato a criteri di progressività. Ciò significa che chi ha di più deve versare allo Stato proporzionalmente più di chi ha meno. Quindi le aliquote (percentuali di prelievo sulla ricchezza posseduta) devono crescere al crescere di quanto si possiede (per scaglioni di reddito, come avviene in Italia, o in maniera continua, come in Germania).

Nel 1974 in Italia c’erano 32 scaglioni di reddito con aliquote che andavano dal 10% al 72%. Nel 1983 sono state ridotte a 9 con aliquote che andavano dal 18% al 65%. Oggi sono solo 6, con aliquote che vanno dal 23% al 43%.

Come si vede, nel corso degli anni, è stato aumentato il prelievo su chi guadagna di meno e diminuito su chi guadagna di più, cioè si è ridotta la progressività del sistema tributario. Oggi una persona come Berlusconi, che guadagna 4,5 milioni di euro all’anno, viene tassato con la medesima aliquota di chi guadagna 75.000 euro. Se ci fossero ancora le aliquote del 1983 una persona come Berlusconi pagherebbe 1.300.000 euro di tasse in più di quanto ne paga ora. Quindi le riforme sulla tassazione fatte negli ultimi 36 anni hanno regalato ai super ricchi centinaia e milioni di euro ogni anno e hanno tolto soprattutto al ceto medio centinaia e migliaia di euro ogni anno.

A rendere meno progressiva la tassazione c’è anche l’escamotage dei redditi a tassazione separata. La stragrande maggioranza delle persone non ricche ha una sola fonte di reddito: il suo lavoro. La stragrande maggioranza dei ricchi e super ricchi ha invece una pluralità di fonti di reddito: il suo lavoro, i redditi da capitali (interessi, dividendi), quelli da imprese (partecipazioni e utili), quelli fondiari (fitti). Se questi redditi sono tassati separatamente, succede che una persona che ha un reddito da lavoro di 75.000 euro viene tassato con l’aliquota del 43% e un’altra persona che ha anche lui un reddito di 75.000 euro, ma risultante da 50.000 euro di reddito da lavoro e 25.000 euro da altri redditi, non sarà tassato con l’aliquota del 43%, ma con l’aliquota del 38% (che è l’aliquota dello scaglione compreso tra 28.000 e 51.645 euro) per i 50.000 euro di reddito da lavoro e con altre aliquote molto sotto il 43% per le altre tipologie di reddito (12,5% sugli interessi sui titoli di Stato, 21% per i redditi da affitti, 24% per i redditi da società di capitali, 26% sui guadagni sui depositi bancari).

Negli ultimi decenni mentre i governi aumentavano la tassazione sugli stipendi dei lavoratori dipendenti diminuivano le tasse sui redditi di impresa. Per esempio i redditi da società di capitale: erano tassati al 37% nel 2000, al 36% nel 2001, al 34% nel 2003, al 33% nel 2004, al 27,5 nel 2008, nel 2015 l’aliquota è stata portata al 24% (ma con decorrenza dal 2017). Una bella sequela di regali ai ricchi e super ricchi (sono sopratutto loro che hanno quote di società di capitale) con i soldi di tutti i contribuenti, ma soprattutto del ceto medio (in particolare dei lavoratori dipendenti, i cui stipendi sono rimasti al palo).

Insomma, grazie a questa riduzione delle tasse ai ricchi, lo Stato, di fatto, ha elargito loro ogni anno un paio di miliardi di euro. Si è calcolato che la sola riduzione dell’aliquota IRPEF ha fatto guadagnare nel solo 2016 ai 10.000 italiani più ricchi circa 100.000 euro ciascuno [1].

Oggi vi sono persone contrarie a dare qualche decina o centinaia di euro a chi non ha un reddito sufficiente per soddisfare i propri bisogni primari, un provvedimento da anni adottato in tutti i Paesi europei. Chi sa perché queste persone non hanno detto niente quando venivano elargite decine e centinaia di migliaia di euro ai super ricchi? Probabilmente perché non lo sapevano. C’è da chiedersi: perché quando si danno soldi ai ricchi e super ricchi non lo sa quasi nessuno, mentre se si danno soldi ai poveri o agli immigrati se ne fa un gran parlare e si grida allo spreco?

Note: 1) Artifoni R, De Lellis A, Gesualdi F: Fisco e debito: gli effetti delle controriforme fiscali sul nostro debito pubblico, CADTM, 2018

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Fonte: Associazione Marco Mascagna

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Approfondimento

OXFAM: Sfida l’ingiustizia

Rapporto Oxfam 2019: aumenta il divario tra ricchi e poveri nel mondo

ISTAT: La povertà in Italia

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Una strana e iniqua politica fiscale: prendere ai poveri per dare ai ricchi e ai benestanti

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uguaglianza

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di Pio Russo Krauss

La nostra Costituzione prescrive che le tasse devono rispondere al principio della progressività: chi ha di più deve dare proporzionalmente di più. In Italia da molti anni le cose non vanno proprio così. In un precedente messaggio (il 9 del 16/3/15, presente sul nostro sito e sulla pagina facebook) facevamo una breve storia delle aliquote IRPEF (la tassa sui redditi delle persone fisiche) ed era evidente che dal 1975 in poi, soprattutto dagli anni ’80 in poi, si sono sempre più ridotte le tasse a ricchi e benestanti mentre sono state aumentate sempre più alle persone con basso reddito. Negli anni ’70 c’erano scaglioni di reddito con aliquote del 50, 60 e perfino 80%, mentre oggi l’aliquota massima (sopra i 75.000 euro lordi annui) è del 43%: quindi un super-ricco e una persona che guadagna 3.000 euro al mese sono tassati con la medesima aliquota. Addirittura più volte è successo che l’aliquota effettiva (quella che considera anche detrazioni, deduzioni ecc.) era più alta per chi era di basso reddito rispetto a chi era benestante.
Oltre alla tassa sulle persone fisiche ci sono le tasse sui patrimoni e quella sul valore aggiunto (l’IVA).
In Italia, a differenza di altri Paesi, non esiste una vera imposta sul patrimonio (cioè una “patrimoniale soggettiva”, che tassa l’intero patrimonio di un soggetto), le tasse patrimoniali colpiscono solo alcuni “possessi”: le case, i terreni, l’eredità, i titoli finanziari. Le tasse patrimoniali esistono in tutti i Paesi avanzati, perché si ritiene, giustamente, che un proprietario di case o terreni o azioni o quadri d’autore o gioielli o yacht, anche se ha un reddito uguale ad un altro cittadino che non ha alcuna proprietà è più ricco di quest’ultimo e, quindi, deve contribuire di più. Il principio che chi ha di più deve dare di più non risponde solo ad un principio di giustizia, ma anche a fare in modo che lo Stato abbia risorse sufficienti per pagare i servizi ai cittadini (sanità, istruzione, polizia, strade, tutela dell’ambiente ecc.) e ad evitare che le disuguaglianze economiche siano troppo grandi, perché ciò frena lo sviluppo economico, aumenta la criminalità e non favorisce il benessere globale del Paese.
Le tasse patrimoniali hanno una funzione in più: quella di orientare i risparmi di ricchi e benestanti verso attività produttive oppure culturali, artistiche, sociali (ciò soprattutto se si incentiva il finanziamento di queste attività tramite agevolazioni fiscali).
In Italia non solo non c’è e non c’è stata una “tassa patrimoniale soggettiva” (sull’intero patrimonio di un soggetto), ma dal 1995 al 2010 si sono presi vari provvedimenti per alleggerire quelle poche tasse patrimoniali esistenti (in particolare le imposte sulla casa e sulle successioni). Contemporaneamente è andata aumentando la tassazione generale, in particolare le imposte sui redditi delle persone fisiche (con le inique storture che abbiamo descritto nel messaggio 9 del 16/3/15). Così, mentre nel 1995 le tasse patrimoniali contribuivano per il 9,8% al totale delle entrate tributarie dello Stato, nel 2010 il loro contributo si era ridotto al 5,9%. Quindi lo Stato ha spremuto sempre più le persone di basso e medio reddito e sempre meno i ricchi e i benestanti. Secondo vari studiosi tale iniqua politica fiscale è stata tra le cause della profonda crisi economica che l’Italia dal 2008 sta vivendo.
L’attuale situazione italiana vede il 20% ricco o benestante possedere il 62% della ricchezza del Paese e il 20% povero o di basso reddito possedere lo 0,4% della ricchezza.
Di quel 20% ricco e benestante tutti sono proprietari della prima casa (e anche della seconda: basta che sia intestata al coniuge e che questi si prenda la residenza nel luogo di villeggiatura dove è situata la casa). Tra quel 20% che possiede appena lo 0,4% della ricchezza i proprietari di casa sono pochissimi. Se si abolisce l’IMU, la tassa sulla casa, il 20% ricco o benestante sarà molto avvantaggiato da tale provvedimento, mentre il 20% di poveri e persone di basso reddito non avrà alcuna agevolazione. L’abolizione della tassa sulla casa è quindi un provvedimento che aumenta le disuguaglianze economiche e avvantaggia chi ha di più.

Abbiamo visto che in Italia non esiste una patrimoniale soggettiva (che tassa cioè il patrimonio complessivo del cittadino), ma singole imposte su singoli “possessi” (es. la casa, i terreni, l’eredità, i titoli finanziari). Una “patrimoniale soggettiva” (di tutti i beni del soggetto) risponderebbe alle indicazioni della nostra Costituzione che afferma che le tasse devono essere progressive (chi più ha deve in proporzione dare di più). Infatti, tassando solo alcuni possessi e non il patrimonio complessivo, non si rispetta il principio della progressività. Per esempio, due cittadini potrebbero pagare un’uguale tassa patrimoniale anche se uno è proprietario di una casa, di uno yacht e di numerosi quadri d’autore e l’altro possiede solo una casa del medesimo valore di quella dell’altro cittadino.
Abbiamo visto anche che dal 1995 al 2010 il patrimonio è stato sempre meno tassato (nel 1995 le tasse patrimoniali contribuivano per il 9,8% al totale delle entrate tributarie dello Stato, nel 2010 al 5,9%), mentre sono state aumentate le tasse sui lavoratori. Quindi sono stati tolti soldi a chi ha di meno per darli a chi ha di più.
In questi giorni si parla di abolire del tutto la tassa sulla prima casa e molti cittadini sono contenti di ciò, senza considerare che in questo modo a chi ha un piccolo appartamento saranno abbonati qualche decina di euro, ma a chi ha un castello o una villa con piscina gli saranno abbonati varie migliaia di euro. Quindi possiamo dire che in questo modo lo Stato regala migliaia di euro ai ricchi e qualche decina di euro a chi con grandi sacrifici ha pagato tutta la vita un mutuo per avere una piccola casa.
Ciò è ingiusto e contrario alla Costituzione e, per di più, non favorisce la ripresa dell’economia. La crisi economica ha tra le sue principali cause l’eccessiva disuguaglianza economica: fette sempre più ampie di popolazione hanno troppo pochi soldi e quindi i consumi calano, l’economia ristagna e le entrate dello Stato diminuiscono, contemporaneamente i ricchi hanno sempre più soldi che preferiscono impiegare in ambito finanziario, da cui manovre speculative, economia instabile e crisi.
Oltre a tassare di più i lavoratori e meno i patrimoni, dagli anni ’90 si è provveduto a tassare di meno i beni di lusso.
L’IVA (imposta sul valore aggiunto) è nata nel 1973 e tassava i diversi beni con 4 diverse aliquote: 0% (cioè esente da IVA) i beni di prima necessità (es. alimenti), 6% beni di cui si vuole agevolare l’acquisto (ad es. i libri), 18% i beni di lusso (pellicce, gioielli ecc.), 12% tutti gli altri. L’IVA per i beni di lusso nel 1975 è stata portata al 30%, nel 1977 al 35% e nel 1982 al 38%. Contemporaneamente l’aliquota standard (quella per la generalità delle merci) è salita al 14% nel 1977, al 18% nel 1982 e al 19% nel 1988. Poi dal 1991 l’aliquota per i bene di lusso è stata dimezzata uniformandola a quella di un qualsiasi altro bene (comprare una pelliccia o fare delle fotocopie dal 1991 sono tassate con la medesima aliquota), e successivamente l’aliquota standard è stata portata al 20%, poi al 21 e in ultimo al 22%.
Insomma negli ultimi decenni si sono ridotte le tasse ai ricchi (riduzione/abolizione di tasse patrimoniali, riduzione dell’IVA sui ben di lusso, riduzione delle imposte di successione) e si sono aumentare le tasse a chi ricco non è (aumento delle tasse sui lavoratori a basso e medio stipendio, aumento dell’IVA sui beni non di lusso). Non si è fatto quasi niente contro la grande evasione ed elusione fiscale (la gran parte dei 130 miliardi di euro di evasione/elusione fiscale all’anno), realizzata grazie a fittizie società estere, paradisi fiscali, aziende a scatole cinesi ecc. Cosi le disuguaglianze sono aumentate a dismisura e ciò è stato tra le cause della crisi economica, che ha ulteriormente impoverito i meno abbienti e fatto aumentare i guadagni dei superricchi. Come afferma il famoso economista Piketty è necessario “una tassa globale sui grandi patrimoni, oltre che la reintroduzione di sistemi di tassazione altamente progressivi”.

Fonti: 1) Eurostat: Taxation trends in the European Union, 2014; 2) T. Piketty: Il capitale nel XXI secolo, Bompiani, 2014

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Fonte: Associazione Marco Mascagna

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