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Guerra | Giornalisti, attivisti e Social Media

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Durante l’invasione dell’Ucraina, le piattaforme continuano a cancellare la documentazione sui crimini di guerra critici

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By Mukund Rathi *

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Quando accadono atrocità – a Mariupol, Gaza, Kabul o Christchurch – gli utenti e le società di social media devono porsi una domanda difficile: come gestiamo i contenuti online che mostrano quelle atrocità? Possiamo e dobbiamo distinguere tra contenuti pro-violenza contenenti atrocità e documentazione di giornalisti o attivisti per i diritti umani? In un conflitto, le piattaforme dovrebbero schierarsi riguardo a chi è consentito il contenuto violento?

L’ultimo decennio ha dimostrato che le piattaforme dei social media svolgono un ruolo importante nella documentazione e nella conservazione delle prove dei crimini di guerra. Sebbene i social media non siano il luogo ideale per condividere tali contenuti, il fatto è che per coloro che vivono in zone di conflitto, queste piattaforme sono spesso il luogo più semplice per caricare rapidamente tali contenuti.

La maggior parte delle piattaforme ha politiche sempre più rigide sull’estremismo e sulla violenza grafica. In quanto tale, la documentazione delle violazioni dei diritti umani, così come controvoci, notizie, arte e protesta, viene spesso catturata in rete. Le piattaforme stanno rimuovendo i contenuti che potrebbero essere preziosi per il pubblico e che potrebbero persino essere utilizzati come prove in futuri processi per crimini di guerra. Questo è stato un problema in corso per anni che continua durante l’invasione russa dell’Ucraina.

YouTube ha pubblicizzato con orgoglio di aver rimosso oltre 15.000 video relativi all’Ucraina in soli 10 giorni a marzo. Anche YouTube, Facebook, Twitter e una serie di altre piattaforme utilizzano la scansione automatizzata per la stragrande maggioranza delle rimozioni di contenuti in queste categorie. Ma la velocità fornita dall’automazione porta anche a errori. Ad esempio, all’inizio di aprile, Facebook ha temporaneamente bloccato gli hashtag utilizzati per commentare e documentare le uccisioni di civili nella città di Bucha, nel nord dell’Ucraina. Meta, il proprietario di Facebook, ha affermato che ciò è accaduto perché scansionano e eliminano automaticamente i contenuti violenti.

Per molti anni abbiamo criticato le piattaforme per la loro eccessiva rimozione di contenuti ‘violenti’ o ‘estremisti’. Queste rimozioni finiscono per prendere di mira maggiormente gli utenti emarginati. Ad esempio, con il pretesto di fermare il terrorismo, le piattaforme spesso rimuovono selettivamente il contenuto dei curdi e dei loro sostenitori. Facebook ha ripetutamente rimosso i contenuti che criticavano il governo turco per la sua repressione del popolo curdo.

Facebook ha più volte ammesso il proprio errore o si è difeso collegando i contenuti rimossi al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), che il Dipartimento di Stato americano designa un’organizzazione terroristica. Indipendentemente dal fatto che questa giustificazione sia genuina o meno (Facebook avrebbe lasciato le foto del partito al governo turco di Hamas, un’altra organizzazione terroristica designata dagli Stati Uniti), significa effettivamente che la piattaforma è allineata con il governo contro i dissidenti politici.

Quando una piattaforma rimuove contenuti ‘violenti’, può censurare efficacemente i giornalisti che documentano i conflitti e ostacolare gli attivisti per i diritti umani che potrebbero aver bisogno del contenuto come prova. All’inizio della rivolta siriana, senza accesso a canali mediatici ricettivi, gli attivisti si sono rivolti rapidamente a YouTube e ad altre piattaforme per organizzare e documentare le loro esperienze.

Sono stati accolti con un’efficace censura, poiché YouTube ha rimosso e rifiutato di ripristinare centinaia di migliaia di video che documentavano atrocità come attacchi chimici, attacchi a ospedali e strutture mediche e distruzione di infrastrutture civili. Al di là della censura, questo ostacola i casi di diritti umani che utilizzano sempre più i contenuti sui social media come prova. Un investigatore di crimini di guerra ha detto a Human Rights Watch che ‘mi trovo costantemente di fronte a possibili prove cruciali che non sono più accessibili a me’.

Durante l’invasione dell’Ucraina, le piattaforme online hanno aggiunto alcune sfumature promettenti alle loro politiche di moderazione dei contenuti che erano assenti dai precedenti conflitti. Ad esempio, Facebook ha iniziato a consentire agli utenti in Ucraina e in pochi altri paesi di usare discorsi violenti contro i soldati russi, come ‘morte agli invasori russi’, definendolo una forma di espressione politica. Twitter ha smesso di amplificare e raccomandare account governativi che limitano l’accesso alle informazioni e si impegnano in ‘conflitti interstatali armati’. Questo sembra essere un cenno alle preoccupazioni sulla disinformazione russa, ma resta da vedere se Twitter applicherà la sua nuova politica agli alleati degli Stati Uniti che probabilmente si comportano in modo simile, come l’Arabia Saudita. Naturalmente, potrebbe esserci disaccordo con alcune di queste ‘sfumature’, come l’annullamento da parte di Facebook del divieto del battaglione Azov, una milizia ucraina di origini neonaziste.

In definitiva, le piattaforme online hanno molte più sfumature da aggiungere alle loro pratiche di moderazione dei contenuti e, altrettanto importante, una maggiore trasparenza con gli utenti. Ad esempio, Facebook non ha informato gli utenti della sua inversione di tendenza su Azov; piuttosto, l’Intercept lo ha imparato dai materiali interni. Gli utenti sono spesso all’oscuro del motivo per cui i loro contenuti dissenzienti vengono rimossi o perché la propaganda del loro governo viene lasciata in sospeso, e questo può danneggiarli gravemente. Le piattaforme devono collaborare con giornalisti, attivisti per i diritti umani e i loro utenti per stabilire chiare politiche di moderazione dei contenuti che rispettino la libertà di espressione e il diritto di accesso alle informazioni.

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Fonte: EFF (Electronic Frontier Foundation)

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* Mukund Rathi

Membro Stanton Legal

Mukund Rathi è un avvocato e membro Stanton presso EFF, specializzato in controversie sulla libertà di parola. In precedenza ha lavorato presso la National Association of Criminal Defense Lawyers (NACDL) sui diritti alla privacy digitale nei casi penali e sulla garanzia della libertà per le persone incarcerate durante la pandemia di COVID-19. Mukund è stato tirocinante presso l’EFF come studente di legge. Ha conseguito la laurea in giurisprudenza presso la UC Berkeley School of Law e la B.S. in Informatica presso l’Università del Texas ad Austin. Gli piace arrampicarsi sulle cose e fare la pizza a casa.

 

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Bologna 15-16-17 ottobre 2021: “Il Festival dei Diritti delle Persone senza dimora”

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Homeless More Rights Festival
Festival dei diritti delle persone senza dimora 

15, 16 e 17 ottobre 2021 | Bologna

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3 giornate dedicate ai Diritti umani

Insieme parleremo di diritto alla salute, immigrazione, discriminazioni, diritto alla casa e giustizia sociale. Diritti di tutte e tutti.

 

17 ore di dibattiti

Interverranno avvocati, docenti universitari, sociologi, assistenti sociali e giornalisti.

 

Un’occasione di formazione e sensibilizzazione

Per chi lavora con le persone in difficoltà e per chi sogna una società più equa e giusta.

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Scopri il Programma

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Rimuovere gli ostacoli. Garantire i diritti.

Homeless More Rights si concluderà domenica 17 ottobre, Giornata mondiale contro la povertà, con un momento di dibattito e confronto sui temi trattati durante le tre giornate: salute, immigrazione, discriminazioni, diritto alla casa e giustizia sociale. Lo faremo insieme a insieme a Luigi Ciotti, Rossella Miccio, Cristina Avonto, Andrea De Bonis, Mario Perrotta e Antonio Mumolo.

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Dove

In presenza a Bologna

Auditorium Enzo Biagi – Piazza Maggiore, 6
Posti limitati causa Covid-19
(capienza max 70 persone)

In diretta streaming

Tramite piattaforma Zoom

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Partecipa

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Homeless More Rights è un’iniziativa di Avvocato di strada Odv

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Libero Cinema in Libera Terra

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Libero Cinema per i diritti al nuovo mondo

Si sono concluse le prime tre tappe di Libero Cinema in Libera Terra, 5.100 sono stati gli spettatori in sala, 25.000 le persone che hanno seguito il programma “Diritti al nuovo mondo. Libero Cinema Incontra” condotto da Enrico Fontana, ancora visibile online, e 22.000 le pagine visitate.
Il viaggio di Libero Cinema non si ferma, prossimo appuntamento dal 14 al 20 settembre.

Zero in condotta con il film La nostra Strada, Altre Americhe con Il sale della terra e L’Africa non esiste con Appena apro gli occhi hanno dato il via alla carovana online, che nella sua XV edizione, realizzata in collaborazione con MYmovies, sceglie di dedicare le sue storie e le sue riflessioni ai diritti universali.
Le testimonianze, le riflessioni e gli appelli lanciati dai protagonisti delle serate sono parte di una azione indispensabile, che muove verso la costruzione di un nuovo umanesimo, di una società più equa e giusta, che non rinuncia a ri-conoscere la dignità di ogni persona e la sua centralità in ogni nuova progettazione.

Luigi Ciotti, accompagnato da Noemi Minetti, Vanessa Niri, Vanessa Pallucchi, Giulia Serinelli, Giulia Tosoni ed Enzo Bevar per Cinemovel, ha acceso i riflettori sul tema della povertà educativa e del ruolo della scuola nel nostro paese. “Oggi è necessario un energico piglio riformatore di politiche scolastiche, che ora sono state ridotte a politiche di rincorsa, concentrate sui rattoppi all’immancabile precarietà. In un momento di cambiamento epocale, è necessario costruire alleanze educative. Tutto il contesto deve entrare in gioco, non solo le famiglie e la scuola. Il mio sogno si chiama “città educativa”, perché la scuola è di tutti, anche di quei 273mila bambini con gravi disabilità, di quegli 800mila nuovi italiani figli dell’immigrazione, di quei 2 milioni e mezzo di studenti che vivono la povertà educativa, che è anche difficoltà economica.”

Il viaggio di Libero Cinema ci ha condotto in alcune delle aree del mondo in cui sta colpendo più duramente l’emergenza da Coronavirus, aree già da tempo teatri di conflitti sociali e ambientali molto aspri, a partire dal Brasile, che, per le scelte fatte dal presidente Bolsonaro, è uno dei paesi in cui l’intreccio tra interessi economici, attività criminali e povertà mette in pericolo la stessa idea di democrazia. Alla condivisione dell’appello di Salgado per la protezione degli indigeni dell’Amazzonia, sono seguiti i collegamenti dal Brasile e dal Messico, con gli appelli di Dario de Sousa da Rio de Janeiro, Padre Alfredo Dorea da Salvador de Bahia, Erika Llanos e Paolo Pagliai da Città del Messico, Nello Ferrieri per Cinemovel.

“Le pratiche che si vedono ora nel Brasile preoccupano il popolo brasiliano, ma anche tutto il mondo: la distruzione dell’Amazzonia e dei popoli indigeni, la violenza contro i diritti umani, soprattutto i diritti dei più poveri, delle minoranze politiche, i gruppi di sterminio collegati al governo” afferma Padre Alfredo. “Tante, troppe volte i brasiliani non hanno la possibilità di far sentire la loro voce. Allora chiediamo l’attenzione della comunità internazionale e in particolare dell’Italia, che ha una storia di umanità, ma mi raccomando, se dovete fare aiuti umanitari fatelo direttamente ai gruppi della società civile che difendono i diritti umani. Non lasciateci da soli, abbiamo bisogno della vostra vicinanza.”

Per L’Africa non esiste, un concetto coniato dal grande giornalista Kapuściński, sono intervenuti in collegamento da Grand Bassam in Costa d’Avorio Francesca Piccinini e Leone De Vita della Commounauté Abel, a cui si sono unite le testimonianze di Patrick Konde, Fred Kuwornu, Amara Cisse ed Elisabetta Antognoni per Cinemovel.

Non un programma sull’Africa, ma le storie senza confini di persone che l’Africa hanno conosciuto. Tra queste storie c’è quella di Fred Kuwornu, in collegamento dagli Stati Uniti dove vive da 7 anni: “La pandemia ha creato tensioni razziali, che sono esplose nuovamente a causa della violenza della polizia. Ma questa è la superficie del problema, il vero problema negli USA, se parliamo di questione razziale, è la disuguaglianza enorme in ogni aspetto della vita normale. Salvo i tre giorni in cui un bambino nero nasce nello stesso ospedale in cui nasce un bambino bianco le loro due vite al 90% saranno totalmente opposte negli anni successivi, a partire dalla scelta della scuola, dai percorsi educativi e dalle opportunità di lavoro. C’è un malessere che dura da secoli e un malessere senza un vero intervento strutturale e sociale per una visione del paese nei prossimi 40-50 anni sarà difficile da affrontare.”

Francesca Piccinini, in Africa da 10 anni, ha una visione che apre alla speranza: “Ho grandi speranze per l’Africa perché ha grandi potenzialità, a partire dalle ricchezze del territorio e dalla giovane età degli abitanti; spero che riesca ad affermarsi per quello che è il valore di questa gente, che merita di poter vivere una vita tranquilla, senza dover più emigrare per cercare di realizzarsi.”

Dopo la tre giorni di luglio, il viaggio di Libero Cinema in Libera Terra proseguirà nel mese di settembre, periodo di vendemmia che vede tante cooperative impegnate sui beni confiscati.
Nelle 6 tappe in programma dal 14 al 20 settembre, che toccheranno Lombardia, Toscana, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, il format “Diritti al Nuovo Mondo. Libero Cinema Incontra” sarà trasmesso sulla piattaforma di MYmovies LIVE direttamente dai territori, con lo spazio condotto dal giornalista Enrico Fontana e la proiezione dei film.

Gli incontri si terranno alle 20.45 e la proiezione dei film seguirà alle 21.30.

Libero Cinema torna così sui beni confiscati e restituiti alla legalità, dove incontrerà donne e uomini che ogni giorno si misurano con le fatiche e le speranze del cambiamento. Prima dello streaming dei film, tanti saranno gli interventi sui temi della memoria e dell’accesso a una corretta informazione, dei diritti universali dell’infanzia, delle donne, degli uomini, della lotta al caporalato e della tutela dei lavoratori, dell’economia circolare e della sostenibilità ambientale.

Il programma delle serate di settembre è disponibile su www.mymovies.it/live/cinemovel, prenotazioni a partire dal 1 settembre.

Vi aspettiamo!

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Libero Cinema in Libera Terra 2020 – La Sigla

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Fonte: cinemovel.tv

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