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Non è mia abitudine commentare stragi

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di Jacopo Fo

Credo non sia il nostro compito.
Siamo un po’ come la Croce Rossa: ci occupiamo di alleviare certe indigestioni di morti telegiornalistiche riabilitando le buone notizie.
Ma di questo massacro a Denver ne devo parlare.
Perché questo crimine rischia di diventare un simbolo, un crinale, della nostra cultura.
A volte i fatti si ripetono più e più volte, e la gente pare impermeabile alla comprensione del significato.
Poi quello stesso accadimento si ripete, in una forma sostanzialmente identica, ma contemporaneamente il fatto diventa totalmente diverso perché contiene (casualmente) simboli potenti, capaci di penetrare la corazza della sordità di massa. Eventi che scatenano l’emozione. Come quella donna che si mise a urlare in piazza Tahir, al Cairo, contro la dittatura dello zio di Ruby.
E il video di quella ragazza che diceva agli egiziani: “Ribellatevi se avete un onore”, aveva in sé tutti gli elementi, perfettamente capaci di scaldare il sangue di qualunque uomo avesse un’anima e un cervello fino a farli ribollire.
Sono affondate molte navi ma ci si ricorda del Titanic…
Questa strage a Denver, forse, avrà questa potenza mediatica.
La prima di un film per adolescenti, Batman, il killer con la maschera del cattivo del film, gli spettatori che per alcuni secondi credono che si tratti solo di una trovata pubblicitaria: un attore che spara i soliti proiettili finti, una trovata troppo originale del marketing.
Poi c’è l’assassino, bello, giovane, figlio di una ricercatrice e di un manager, settore software. Un ragazzo gentile con i bambini, timido, un viso che sembra intelligente. Non è un arabo e neanche un estremista bianco. Ha una specializzazione ma l’unico lavoro che ha trovato per un certo periodo è stato fare panini da McDonald’s (“c’è un nesso” diranno i vegani). Un ragazzo “normale” con la casa piena di bombe e trappole esplosive.
Poi c’è la vicinanza, una trentina di chilometri, con Colombine, teatro del massacro in un liceo, raccontato anche da Michael Moore.
E poi c’è la storia di Jessica Ghawi, giovane cronista sportiva che era sopravvissuta alla strage del centro commerciale di Eaton, Toronto, e che muore falciata a Denver.
Insomma, ancora una volta assistiamo a un evento che sembra sfuggito alle mani di un Dio ordinario per finire sotto il controllo di uno strano, crudele, sceneggiatore.
E questo non potrà che generare un feticcio nella nostra cultura, che rimuove la morte e la violenza e ne è contemporaneamente soggiogata.
L’altro giorno Carlo Petrini, il creatore di Slow Food, grande maestro, mi diceva qualche cosa a proposito della perdita della capacità di fare, della cultura delle conoscenze e dei mestieri, che cementava la società e che deve tornare a essere mastice della vita se vogliamo uscire da questa crisi.

Io sono contrario alle tiritere del tutto va peggio… Non è così. Ci ho scritto un intero libro, con il prode Michele Dotti, che si intitola proprio “Non è vero che tutto va peggio”. Una raccolta di statistiche che dimostrano che in ogni settore l’umanità progredisce e che spesso ci sembra abnorme oggi quel che 50 anni fa non destava scalpore e così si ha una prospettiva distorta e ci sembra che la pedofilia stia esplodendo, mentre al contrario diminuisce proprio perché finalmente se ne parla. Una volta le servette di 14 anni che restavano incinte del padrone non facevano notizia.
Ma è d’altronde indubbio che la nostra società sia entrata in una fase diversa: la fase dello spettacolo. Non si è mai ammazzato così: senza alcun motivo.
E se le stragi immotivate, alla Colombine, sono una novità del tempo, questa è certamente la prima strage senza senso concepita come uno show.
Credo scopriremo che il killer non aveva nessuna motivazione politica o religiosa, semplicemente pensava fosse troppo complesso affrontare le selezioni per il Grande Fratello e ha trovato una scorciatoia per guadagnarsi il suo quarto d’ora di celebrità sparando a donne e bambini.
Questo non è il solito pazzo fondamentalista di qualche cosa. Voleva vedere la sua faccia al telegiornale. Uccidere 12 persone gli è sembrato un percorso sensato.
E sono pronto a scommettere che orde di adolescenti gli scriveranno lettere d’amore: è il fascino del nulla.
Io credo che un fatto così atroce e insensato potrà forse far capire a tanti che siamo arrivati veramente al capolinea. Alla fine del mondo. Avevano ragione i Maya. È la fine di questo mondo, dove ci sono manager che per comprarsi lo yacht più grosso sono capaci di affondare l’economia di una nazione e ridurre alla miseria milioni di persone.
Altri con meno intraprendenza si guadagnano un posto al sole con un Kalashnikov.
Non funziona. Non conviene a nessuno. Neppure ai malvagi.
Non ha senso costruire un mondo dove i cattivi dei film escono dal film e si scopre che sono ancora più cattivi e insensati di come li hanno disegnati.
Abbiamo bisogno di una società etica, che dia un senso nuovo a parole come bene comune, onore, cultura, professione, tener fede alla parola data, rispetto, buon senso, cooperazione.
Abbiamo bisogno di un mondo dove le stampanti sono costruite per durare, dove si compra quel che serve, dove non si butta via niente, dove si sorride alla gente, dove si crede veramente che quando la gente si unisce e agisce con metodo, ottiene risultati grandiosi.
Noi siamo la frazione mutante della collettività che ha capito da tempo a che bivio ci troviamo. E da tempo stiamo sperimentando stili di vita evoluti. E da mo’ dimostriamo che evolvendosi si vive meglio.
Ora gli eventi quotidiani stanno mostrando in technicolor, sui grandi schermi della Terra, che il tempo delle stronzate è finito.
Ce la faremo. Perché sono secoli che alla fin fine ci riusciamo.
Una volta sembrava che gli imperatori avrebbero continuato a comandare sul pianeta… parevano invincibili con le loro armature d’acciaio.
Ora sono buoni solo per i film con i draghi e Mago Merlino.
Storielle per bambini.
I nostri bisnipoti racconteranno ai loro figli la favola dello speculatore pazzo e dei Sette Nani Cattivi: Berluscone, Rutellone, Dalemone, Formicone, Dellutrone, Bossone e Bassolino, quello col cestino della spazzatura in testa.
I nostri bis bis nipoti saranno terrorizzati.

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Fonte: Blog di Jacopo Fo

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