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Da Facebook _ Anonymous Art of Revolution
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Dalla rete alle piazze Anonymous senza veli
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Oggi è il giorno della «Million Mask March»: manifestazioni in 400 città. Megafono, il poco amato Facebook. La «dichiarazione di libertà» degli «hacktivisti»: stop a repressione e controllo globale. Epicentro sarà il Monumento a George Washington, nell’omonima capitale federale americana.
di Arturo Di Corinto
Uniti contro la società del controllo globale. Gli Anonymous chiamano alla sollevazione, e oggi 5 novembre, in onore di Guy Fawkes, daranno fuoco alle polveri della protesta precipitandosi nelle piazze di oltre 400 città, dal Texas a Città del Capo. È la Million Mask March, che vuole portare ovunque la sua «Dichiarazione di libertà», contro l’oppressione di tutti i governi. Vestiti con la maschera di Guy Fawkes, il rivoluzionario del XVII secolo che voleva far saltare con 36 barili di polvere pirica il Parlamento britannico, si ritroveranno a migliaia a invocare trasparenza e giustizia in una marcia pacifica il cui epicentro sarà il Monumento a George Washington, nell’omonima capitale federale americana.
Un evento senza precedenti
L’evento, seppure richiami alla memoria altre marce come questa, non ha precedenti: per la prima volta il movimento globale che veste i panni del rivoluzionario inglese usa come megafono Facebook ed è la prima volta che si organizza a livello mondiale per rivendicare istanze politiche e sociali. Era successo su una scala minore solo in occasione delle proteste contro l’Acta, l’accordo anti-contraffazione.
Nel passato gli Anonymous avevano operato sempre attraverso specifiche campagne, contro Scientology, contro i padroni del copyright – la Riaa e la Mpaa-, per vendicare il blocco dei conti di Wikileaks, per ridicolizzare la H.B. Gary, contractor della difesa americana, o la Vitrociset, che si occupava di gestire i dati delle polizie italiane. Stavolta no, la chiamata è globale, di fronte allo scandalo del Datagate denunciato da Edward Snowden, mentre la crisi morde, la disoccupazione avanza e le guerre continuano.
È presto per dire che il movimento globale contro la corruzione e la guerra, contro le banche d’affari e il mercatismo si stia globalizzando sotto la bandiera di Anonymous, ma è un fatto che a chiamare tutti a raccolta dal sito della marcia siano occupiers, whistleblowers e hacktivisti. E sigle come Wikileaks, il Partito pirata e Occupy Wall Street.
Nel passato le incursioni degli Anonymous avevano usato strumenti tipicamente hacktivisti, cioè da attivisti che usano le tecniche dell’hacking per vendicare un torto o denunciare uno scandalo. Prima di eseguire e rivendicare le azioni gli anonymi si sono sempre coordinati in chat room segrete per definire obiettivi ed entità degli attacchi che potevano sfociare in un DdoS (Distributed denial of service), l’interrruzione temporanea di un servizio Internet sovraccaricandolo di richieste, concludersi con il defacciamento del sito di Miss Padania, o con la pubblicazione sul web di nome e cognome di pedofili o neonazisti.
Azioni sempre più eclatanti
Così, dopo gli scherzi goliardici su 4chan, dopo gli interventi di “vigilantismo” che erano andati a pescare cyberbulli e pedopornografi nel deep web, la socializzazione delle tattiche e delle tecniche degli Anonymous aveva innescato la dinamica dell’emulazione ingrossandone le fila e moltiplicando gli interventi: azioni sempre più difficili ed eclatanti, ai danni del Vaticano, del parlamento ungherese, di Equitalia. Fallito il tentativo dell’intelligence nostrana di presentare quattro anonymi arrestati come pirati informatici dediti al ricatto, anche le crew italiane sono diventate più forti e politicamente consapevoli, un fatto che nelle molte interpretazioni libresche e giornalistiche è stato colto solo dal libro Anonymous. Noi siamo legione, della giornalista italiana Antonella Beccaria (Aliberti 2012).
Adesso l’obiettivo è uscire allo scoperto e portare quanta più gente possibile in piazza e di farlo attraverso Facebook, uno degli strumenti meno amati dagli hacker, proprio per il suo carattere di aggregatore a privacy zero di dati personali, paradigma di quella sorveglianza globale cui ogni giorno ci consegnamo volontariamente e spesso consapevolmente.
Non sappiamo se sia l’inizio di un movimento destinato a durare, capace di collegare soggettività e moltitudini, ma il messaggio di Anonymous sembra chiaro: non esiste soluzione singolare ai problemi collettivi e il 99% del pianeta, motivato e con gli strumenti giusti, cioè Internet, è oggi nella condizione di sviluppare una nuova cultura e una nuova società, fondata sulla solidarietà, la pace e la trasparenza. E proprio per questo la difesa della rete e della libertà di comunicazione è al centro del messaggio della marcia che vuole dire basta alla repressione digitale, alle armate del copyright e agli spioni governativi.
La Million Mask March segue la logica zapatista: coprirsi il volto per non farsi vedere, mostrarsi per nascondersi, unirsi per cambiare. Ne vedremo delle belle.
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Fonte: ilmanifesto.it
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Da Facebook – 5 novembre 2013 – Washington DC – Anonymous Art of Revolution
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