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Il neoliberismo e le nefa­ste con­se­guenze per la demo­cra­zia e per la sini­stra.

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Renzi

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Il nostro nemico è il neoliberismo

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di Gianni Ferrara

Con­di­vido ampia­mente il giu­di­zio di Alberto Asor Rosa sullo sta­dio di regres­sione poli­tica cui è giunta l’Italia con le nefa­ste con­se­guenze pro­dotte per la demo­cra­zia e per la sini­stra.
È vero che con l’aggiunta del ren­zi­smo al ber­lu­sco­ni­smo ed al gril­li­smo ogni pila­stro della demo­cra­zia si è con­torto e se ne è svuo­tata l’essenza distor­cen­done la forma.

Sna­tu­rati i par­titi poli­tici devian­done la fun­zione, con la tra­sfor­ma­zione della rap­pre­sen­tanza poli­tica in inve­sti­tura del capo, ogni fram­mento di sovra­nità popo­lare sarà assor­bito dalla per­so­na­liz­za­zione del potere che potrà ras­si­cu­rare così il moloc della gover­na­bi­lità per la sta­bi­lità e la con­ti­nuità dell’esistente.

La con­tro­ri­vo­lu­zione del capi­tale, ini­ziata in Occi­dente quarant’anni fa si com­pie nel più fra­gile degli stati d’Europa, l’Italia, che espone un sistema poli­tico pri­va­tiz­zato e la Costi­tu­zione con­te­stata. Delle due ipo­tesi che Asor Rosa pro­spetta come l’effettivo dise­gno poli­tico di Renzi, credo che la seconda sia la più pro­ba­bile. È già tutta nel pro­getto isti­tu­zio­nale che ha pro­po­sto e che per­se­gue con osten­tata intran­si­genza. Anche con moti­vata sicurezza.

C’è una inva­rianza nella sto­ria d’Italia, è quella del tra­sfor­mi­smo con voca­zione per l’autoritarismo. Solo nel Par­la­mento ita­liano fu pra­ti­cato l’uno ed è pro­prio in Ita­lia che sboc­ciò quella forma di governo auto­ri­ta­rio che, dif­fu­sasi nella prima metà del secolo scorso in tutta Europa, fu poi debel­lata, a metà di quel secolo, con la vit­to­ria della demo­cra­zia. A pro­po­sito di regime auto­ri­ta­rio va rife­rita una con­sta­ta­zione. L’anno scorso, nella com­mis­sione dei «saggi», chia­mati a indi­care la forma di governo da sosti­tuire a quella vigente, fu mesco­lato un intru­glio e lo si chiamò governo «par­la­men­tare del primo mini­stro». L’aggettivo «par­la­men­tare» era appic­ci­cato con lo sputo. La con­trad­di­zione interna alla for­mula si sta­gliava con un’evidenza solare. Non ci si accorse, o non si sapeva, che pro­prio col nome di «governo del primo mini­stro» fu defi­nita la forma di governo instau­rata dal fasci­smo. Renzi la sta ammo­der­nando, con l’autoritarismo elettivo.

Già per com­bat­tere que­sti dise­gni via via che si attuino, è incon­te­sta­bile la neces­sità di un par­tito. Credo che prima ancora di deci­dere da come farlo nascere, se dall’alto, dal basso, dai fian­chi, sia neces­sa­rio un pro­gramma. La cui qua­lità è deci­siva. Deve essere netto, chiaro, uni­voco, imme­dia­ta­mente com­pren­si­bile. Deve espli­ci­tare chi è, dov’è il nemico, defi­nen­dolo come tale e chia­man­dolo per nome. Dovrà dire quindi che il nemico è il neo­li­be­ri­smo, la forma con­tem­po­ra­nea del capi­ta­li­smo, respon­sa­bile sicuro del pre­ca­riato per­ma­nente, della disoc­cu­pa­zione sta­gnante, della mise­ria cre­scente. Quel neo­li­be­ri­smo che si pone come impe­ra­tivo delle poli­ti­che degli stati d’Europa per­ché è non sol­tanto il prin­ci­pio fon­dante di que­sta Europa, ma ne è anche l’obiettivo, ne è il pre­sente e vuole e potrebbe esserne il futuro. È scritto nel Trat­tato sul fun­zio­na­mento dell’Ue come suo vin­colo, sia fun­zio­nale che di scopo. Lo si legge agli arti­coli 119 e 120. È l’economia di mer­cato aperta ed in libera con­cor­renza. Si dovrà dire subito che è a quell’altezza sovra­na­zio­nale che si com­batte il neo­li­be­ri­smo, ove si è col­lo­cato e da dove si dif­fonde negli stati per domi­nare effi­ca­ce­mente, diret­ta­mente e media­ta­mente, tutti i rap­porti umani del Continente.

Vengo al concreto.

Una entità a sem­bianza di stato, come l’Ue, non può dele­gare il potere ai mer­cati affer­man­done l’autoregolazione. Deve rias­su­merlo tutto intero per eser­ci­tarlo sui mer­cati. Non può attri­buire ad un organo ese­cu­tivo dei trat­tati vin­co­lato solo ad essi, l’iniziativa esclu­siva di ogni atto nor­ma­tivo, di ogni poli­tica dell’Ue. Non può camuf­fare la quota di sovra­nità eser­ci­tata dai governi degli stati-membri nella indi­stin­gui­bile com­po­si­zione della col­le­gia­lità per immu­niz­zarli dalla respon­sa­bi­lità poli­tica nei con­fronti dei rispet­tivi par­la­menti e dei rispet­tivi popoli. Quella col­le­gia­lità che elude le domande della demo­cra­zia e com­prime i diritti sociali, garan­tendo i pro­fitti. Renzi pro­pone fles­si­bi­lità delle norme dei trat­tati. Chiac­chiere. Non le vuole cam­biare. Le accetta. Accetta il fiscal com­pact, l’architettura isti­tu­zio­nale dell’Ue, il suo prin­ci­pio fon­dante. Accetta il defi­cit demo­cra­tico for­male e sostan­ziale di que­sta Europa.

Il tema che pongo non esau­ri­sce certo il pro­gramma del par­tito da imma­gi­nare per rispon­dere alle domande attuali della demo­cra­zia e della civiltà umana. Ne potrebbe essere il noc­ciolo? Ne discutiamo?

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Fonte: il Manifesto

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