Nonviolenza – Il potere del popolo

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14/06/2011 Di Erica Chenoweth

Il 25 gennaio 2011, sono scoppiate dimostrazioni di massa in Egitto, al grido di: “Ne abbiamo abbastanza!” e “Svegliatevi, svegliati, figlio del mio paese. Venite Egiziani!” Sebbene ci fossero violenti giri di vite alle manifestazioni, da parte del governo egiziano la maggioranza schiacciante dell’attivismo protestatorio era non violento. Diciotto giorni dopo, il presidente Mubarak, un dittatore che era stato al potere per 30 anni, si è dimesso.

 

In dieci giorni del XXI secolo, rivoluzioni riuscite in nome del “potere del popolo” in Tunisia, Egitto, Libano, Georgia, Ucraina, Nepal e le Maldive hanno costretto a importanti cambiamenti i poteri  radicati puntando sulla resistenza “civile”, un metodo di resistenza nel quale i civili ritirano la loro collaborazione ai regimi oppressivi, spesso usando varie azioni: scioperi, boicottaggi, sit-in, assenze dal lavoro, e altri atti di disobbedienza civile.

 

La resistenza civile non è sempre uguale alla “non violenza” – una pratica che spesso evoca immagini di Gandhi come suo principale sostenitore. Il metodo scelto da Gandhi di usare la resistenza di civile di massa per opporsi al dominio britannico nel subcontinente asiatico meridionale aveva una forte dimensione morale – è una          avversione di principio verso l’uso della violenza. La storia della resistenza civile, però, rivela che molta gente ha contato sulla resistenza civile non per ragioni  morali, ma perché pensavano che sarebbe stata un’alternativa efficace alla violenza per raggiungere i loro scopi.

 

Per scoprire se la resistenza civile è generalmente un’opzione più efficace rispetto alla resistenza violenta, tra il 2006 e il 2008 ho raccolto dati da libri, enciclopedie, notiziari, archivi, insiemi di dati e riviste accademiche Per costituire un nuovo base di dati delle campagne di resistenza di massa non violenta che comportavano richieste di cambiamento di regime o di indipendenza territoriale. Ho guardato dove e quando nascevano queste campagne, alle caratteristiche dei personaggi a cui si opponevano e se esse avevano esito positivo o fallivano. Ho poi paragonato questi      risultati con i dati sui tassi di successo delle proteste violente.

 

I risultati sono stati sorprendenti. Su 323 importanti insurrezioni e movimenti di massa non violenti che si sono verificati dal 1900 al 2006, le campagne non violente erano state due volte più efficaci rispetto alle insurrezioni violente, con esito positivo il 55% delle volte. In effetti, le azioni di massa non violente che hanno avuto esito positivo, si sono verificate in nazioni molto diverse tra loro come: Serbia, Polonia, Madagascar, Sud Africa, Cile, Venezuela, Georgia, Ucraina, Libano e Nepal. (leggi tutto)

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Fonte: Znetitaly

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