Facciamo in modo che la notizia circoli e partecipiamo tutti inviando e-mail di protesta. (madu)
Nell’ottobre del
2007 è stato
incarcerato, nella provincia di Balkh
(nel nord dell’Afghanistan), il giovane
giornalista Parwiz Kambakhsh.
Parwiz è stato accusato di blasfemia per aver
distribuito un articolo, stampato da Internet,
nel quale si parlava dei diritti delle donne
nell’Islam.
Inizialmente condannato a morte
dall’oscurantista consiglio dei religiosi
di Balkh, Parwiz ha aspettato per un anno, in
galera, la sentenza della corte d’appello e ora
la sua esecuzione è stata trasformata in 20
anni di reclusione. I suoi avvocati vogliono
ricorrere alla corte suprema, ma senza una
mobilitazione internazionale a favore di Parwiz
la condanna sarà probabilmente confermata.
Le infamanti accuse nei confronti di Parwiz da
parte dei tribunali afghani dimostrano come in
Afghanistan, a sette anni dall’invasione
militare americana, la libertà di stampa sia
totalmente negata e come non sia in vigore
una giustizia che possa definirsi tale.
Un altro esempio è quello di Naseer Fayyaz, un
altro coraggioso giornalista, che per aver
criticato il governo è stato minacciato di morte
e perseguitato dai servizi
segreti afghani (KHAD), finché si è trovato
costretto a lasciare il Paese.
In Afghanistan
quella in vigore è solo la legge del più
forte, e chiunque osi opporsi ai
fondamentalisti al potere e alle autorità
religiose viene punito con condanne esemplari,
minacciato, costretto ad allontanarsi dal paese,
ucciso, indagato dai servizi segreti.
Durante la
legislatura di centrodestra (2005-2006), il
governo italiano – secondo le direttive
varate dopo le conferenze di Bonn (2001) e di
Londra (2006) – ha messo in piedi un
costosissimo programma giustizia (71
milioni di euro, spesi dai contribuenti
italiani) al quale hanno lavorato centinaia di
esperti italiani, e con cui si sarebbe dovuto
ricostruire il sistema giuridico afghano.
L’assurda
condanna di Parwiz Kambakhsh dimostra quanto
il programma giustizia promosso dal nostro
governo sia stato fallimentare, soprattutto
a fronte dell’enorme spesa sostenuta. È anche
un’ulteriore disfatta per Karzai e per i governi
occidentali che hanno vestito dei noti criminali
di guerra in giacca e cravatta definendoli
democratici e portandoli al potere.
Chiediamo
che tutti i sinceri democratici, coloro che
credono che non esista una giustizia di serie A,
per gli occidentali, e una di serie B, per tutti
gli altri, alzino la loro voce mobilitandosi
in tutti i modi possibili e a tutti i livelli,
per assicurare la libertà a Parwiz Kambakhsh
e la libertà di espressione e la
legalità a tutti i giornalisti e democratici
afghani.