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Multinazionali farmaceutiche e nuovo psicofarmaco per bambini

bambini e psicofarmaci

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Pillole a merenda

di Lorenzo Bagnoli

“Tuo figlio non è vivace. E’ malato”. Dai siti ai fumetti, ecco come le aziende farmaceutiche ci preparano alla guanfacina, l’ultimo rimedio contro l’iperattività.

Nel 2013, arriverà in Italia un nuovo psicofarmaco per bambini “troppo vivaci”: la guanfacina. Le multinazionali, già dall’anno scorso hanno cominciato un battage mediatico con articoli di giornale, servizi televisivi e siti web sull’Adhd, meglio nota come iperattività, una patologia che provoca deficit di attenzione e problemi di autocontrollo. Perché con l’ansia cresce anche la domanda di cure e si prepara il terreno all’ingresso di un nuovo farmaco, in un mercato che vale almeno 3 miliardi di dollari, come rivela Rita Dalla Rosa in “Pillole a merenda”, l’inchiesta in uscita sul numero di novembre di Terre di mezzo – street magazine.

In Italia, la sperimentazione della guanfacina è passata sotto silenzio. Solo in un’interrogazione parlamentare del giugno 2011, l’allora ministro della Salute, Ferruccio Fazio, ha ammesso l’esistenza di “una fase sperimentale della ricerca” su questa molecola, condotta dalla Fondazione Stella Maris di Pisa, istituto dedicato ai disturbi psichiatrici dell’età evolutiva. Un mistero che fa parte delle strategie delle case farmaceutiche quando vogliono aggredire nuovi mercati, in particolare quelli in cui qualche paletto è stato fissato. È il caso dell’Italia, dove grazie al gruppo di farmacovigilanza “Giù le mani dai bambini“, nel 2007 l’Istituto superiore di Sanità ha creato un registro di circa 2mila bambini a cui sono somministrati i medicinali contro l’iperattività. Oltre a loro, però, in Italia ci sono 57mila minori tra 0 e 13 anni in cura con psicofarmaci per altre patologie.

Ma quanto lucrano le farmaceutiche sui disturbi dei minori? Una domanda scottante, che Dalla Rosa affronta anche in un libro uscito nel 2012 per Terre di mezzo Editore, dal titolo “La fabbrica delle malattie“. Eppure, per la stragrande maggioranza dei disturbi del comportamento -ammesso che siano diagnosticabili- le “terapie alternative” ai medicinali esistono. E, soprattutto per i piccoli, si servono più di immaginazione che di principi attivi. “Il potere delle storie è quasi preventivo: diventa un’occasione per vivere molteplici destini che insegnano ad affrontare nuove situazioni”, dice Anselmo Roveda, giornalista, scrittore e caporedattore di Andersen, mensile di letteratura per l’infanzia. Ecco perché leggere aiuta a superare momenti difficili: l’ultimo esempio risale al terremoto in Emilia dello scorso maggio. “Nei campi d’accoglienza sono venuti illustratori e autori per l’infanzia – racconta Roveda -. L’iniziativa si chiamava “Il cantiere della fantasia” ed è stato un’occasione per offrire ai bambini uno strumento d’elaborazione dell’evento, senza che il problema fosse mai nominato”.

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Fonte: Terre di Mezzo

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Approfondimento

ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder) – sindrome da deficit di attenzione e iperattività

Psicofarmaco

 


E’ in arrivo il latte Frankenstein (OGM)

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In arrivo il latte Ogm per allergici

di Luigi Torriani

Un team di ricercatori dell’Università di Auckland, in Nuova Zelanda, ha “progettato” una mucca ogm (chiamata Daisy) in grado di produrre latte digeribile anche da chi è allergico. Vediamo di che si tratta.

La ricerca sulla mucca ogm Daisy, coordinata da Anower Jabed e pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica PNAS, si propone di risolvere il problema dell’allergia al latte di mucca, che colpisce circa il 2-3% dei bambini nel mondo e che è legata alla presenza nel latte di mucca della beta-lattoglobulina (Blg), una proteina di siero di latte che non è presente nel latte materno e che può causare reazioni allergiche. Gli scienziati sono partiti lavorando su un modello di topo progettato per produrre una forma di proteina Blg ovina nel latte murino. Usando una tecnica chiamata Rna interference, due microRNA (brevi molecole di acido ribonucleico) sono stati quindi introdotti nel topo per interromperne la produzione, il che ha determinato una riduzione del 96% della proteina nel latte prodotto dal topo. A questo punto i ricercatori hanno creato Daisy, un vitello femmina (nato – non è chiaro perché – privo di coda) geneticamente modificato per esprimere gli stessi due micro Rna provati nel topo (questa volta per impedire l’espressione della Blg normalmente presente nel latte di mucca). Dopo aver indotto ormonalmente il vitello ad allattare, sono arrivati i risultati sperati: l’assenza di quantità rilevabili di Blg, unitamente a un livello della proteina caseina addirittura doppio rispetto al normale. Il latte ogm della mucca Daisy sarebbe quindi un latte con caratteristiche nutrizionali uguali o addirittura superiori rispetto al latte normale e normalmente consumabile da chi ha problemi di allergia al latte.

Il punto è che gli ogm in Europa non hanno mai avuto successo (mentre hanno sempre più successo i cibi biologici), e nei Paesi anglosassoni hanno un mercato di ben altre proporzioni ma comunque in crisi. I cittadini europei non si fidano degli organismi geneticamente modificati (e non si fidano ovviamente nemmeno di ulteriori sviluppi della ricerca, come l’hamburger da staminali di mucca e la clonazione animale a fini alimentari), tanto che la multinazionale Basf ha addirittura fermato lo sviluppo di colture ogm in Europa per concentrarsi esclusivamente sul mercato americano. Il guaio (per le multinazionali) è che anche negli Stati Uniti si stanno diffondendo ultimamente non poche perplessità sugli ogm, come mostra il caso emblematico della California.

Nel frattempo in Italia, come è noto, la contrarietà agli ogm raggiunge percentuali bulgare, tutt’altro che scalfite dalle recenti dichiarazioni del ministro Clini. Valga per tutti il comunicato stampa durissimo della Coldiretti a commento delle notizia sulla mucca ogm Daisy: “il latte ipoallergenico e proteico ottenuto direttamente da una mucca geneticamente modificata (ogm) non piace a tre italiani su quattro (71 per cento), che ritengono gli ogm meno salutari dei prodotti tradizionali. Nonostante il rincorrersi di notizie miracolistiche sugli effetti benefici delle nuove modificazioni effettuate su animali e vegetali (dal salmone ad accrescimento rapido al riso ipervitaminico, dalle patate fritte super resistenti ai parassiti fino al latte materno da mucche transgeniche) il livello di scetticismo nel Belpaese rimane per fortuna elevato. La realtà è che gli ogm attualmente in commercio riguardano pochissimi prodotti (mais, soia e cotone), e sono diffusi nell’interesse esclusivo di poche multinazionali senza benefici riscontrabili dai cittadini”.

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Fonte: Universofood

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Università di Harvard: il latte pastorizzato è legato al cancro

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Uno studio dell’Università di Harvard afferma che il latte pastorizzato prodotto a livello industriale è associato nel causare tumori ormoni-dipendenti a causa della mungitura della mucca per tutta la sua gravidanza.

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Molti non ci hanno mai pensato ma la mucca produce latte solo dopo aver partorito il vitello, ovvero quel latte serve a nutrire il piccolo animale nel periodo dello svezzamento dopo il quale la mucca smette di produrre latte perché non è più necessario.

Non appena una mucca ha raggiunto la maturità sessuale, circa all’età di due anni, una mucca “da latte” viene inseminata artificialmente per la prima volta. Una mucca ha un periodo di gestazione di nove mesi. Poco dopo la nascita il vitello al solito viene separato dalla mamma ed allevato in un box. Sia la mamma che il vitello possono mostrare un comportamento turbato anche a distanza di giorni dalla separazione. A decorrere dalla nascita del primo vitello la mucca viene munta due o anche tre volte al giorno. Ma non è il vitello a ricevere il latte, bensì l’umano. Perché la mucca possa “produrre” latte deve partorire un vitello all’anno. Si punta ad avere un vitello l’anno, una lattazione di 305 giorni con una fase di “asciutta” di 60 giorni circa. Mucche “da latte” si trovano pertanto in uno stato di permanente gravidanza quasi tutta la vita.

Più avanzata in gravidanza è una mucca, più ormoni appaiono nel suo latte. Il latte di una mucca in fase tardiva nella gravidanza contiene fino a 33 volte in più un composto di estrogeni (solfato di estrone) rispetto al latte di una mucca dopo la gravidanza, così come livelli molto più elevati di altri ormoni.

Nella maggior parte delle aziende che producono latte troviamo oggi mucche “ad alta prestazione”. Alcune mucche “danno” più di 10.000 litri di latte all’anno, corrispondente a quasi 33 litri al giorno (Wikipedia riporta che alcune arrivano anche a 60-70 litri). Per alimentare un vitellino la mucca dovrebbe dare solo 8 litri. Il problema delle mucche ad “alta produzione” è assai difficile se non impossibile fornire loro tutta quell’energia (cibo) di cui necessitano per la produzione di quelle quantità di latte. Ragion per cui le mucche consumano le proprie riserve fisiche per continuare a produrre latte.

Si scopre che nelle operazioni di alimentazione concentrata animale (CAFO) il modello di allevamento delle mucche negli allevamenti intensivi sforna latte con livelli pericolosamente elevati di estrone solfato, un composto di estrogeni legati al cancro del testicolo, della prostata e della mammella.

Dr. Ganmaa Davaasambuu, Ph.D., e colleghi hanno identificato come il colpevole specifico “il latte proveniente dalle moderne industrie casearie”, facendo riferimento alle operazioni di confinamento dove le mucche vengono munte 300 gg all’anno, includendo il periodo di gravidanza.

Valutando i dati da tutto il mondo,  Dr. Davaasambuu e i suoi colleghi identificarono un chiaro legame tra il consumo di latte con alta concentrazione dell’ormone e alto tasso di tumori ormone-dipendente.

In altre parole, contrariamente a quanto i Centri statunitensi per il Controllo delle Malattie ela Prevenzione (CDC), il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) e la lobby del latte convenzionale vorrebbero far credere, il latte trasformato da allevamenti industriali non è un prodotto di salute, ed è direttamente implicato nel causare il cancro.

Il latte che noi oggi beviamo è abbastanza diverso rispetto a quello che bevevano i nostri antenati , senza apparenti danni per 2000 anni, così afferma il Dr. Davaasambuu nella Gazzetta dell’Università di Harvard.

il latte che si beve oggi non è un cibo perfettamente naturale”.

Nel frattempo il latte crudo, proveniente da mucche allevate con erba, munte a tempo debito è legato al miglioramento della digestione, nella cura di malattie autoimmuni e aumentando l’immunità generale, aiutando nella prevenzione del cancro.

Anche se tutto questo sarà ignorato da parte dei media principali, il latte non è tutto uguale – il modo in cui vengono allevate le mucche, quando vengono munte, e come il suo latte è manipolato e trasformato fa la differenza, se il prodotto finale favorisce la salute o la morte

Il Governo americano cerca di perpetuare ulteriormente la menzogna che tutto il latte è lo stesso con eclatanti proposte di legge 2012.

Di particolare interesse sono le nuove disposizioni nel progetto di legge 2012 che creano incentivi ancora di più per gli agricoltori industriali intensivi che producono tipi di latte con la più bassa qualità , e con molti componenti distruttivi per la salute.

Invece di incentivare la crescita di  mucche al pascolo, che permette loro di nutrirsi di erba, un cibo nativo che i loro sistemi possono elaborare, il governo preferisce incentivare ristretti metodi di confinamento che forzano le mucche a mangiare mais geneticamente modificati (OGM),  e altri mangimi, che le rende malate.

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Fonti:

Dionidream

http://www.naturalnews.com

http://www.anh-usa.org

http://it.wikipedia.org/wiki/Mucca

http://de.animals-angels.eu/Mucche-%22da-latte%22,1158.html

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