Category Archives: vegetarismo_salute_ambiente

Frutta, verdura, pesticidi e sterilità maschile. Legame confermato da studi recenti.

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Mangiare frutta e verdura con elevati residui di pesticidi implica scarsa qualità dello sperma.

Boston, MA – Secondo un nuovo studio condotto da ricercatori della Harvard TH Chan School of Public Health gli uomini che mangiano frutta e verdura, con alti livelli di pesticidi residui , come ad esempio le fragole, spinaci, peperoni, hanno un più basso numero di spermatozoi e una percentuale inferiore di spermatozoi normali rispetto a coloro che mangiano alimenti con più bassi livelli di pesticidi residui. E’ il primo studio a esaminare il legame tra l’esposizione a pesticidi residui da frutta e verdura e la qualità dello sperma.

Lo studio è online dal 30 marzo 2015 sulla rivista Human Reproduction.

A nostra conoscenza, questa è la prima relazione che collega il consumo di pesticidi residui nella frutta e verdura, una via primaria di esposizione per la maggior parte delle persone, ad un esito nocivo sulla salute riproduttiva negli esseri umani”, ha detto Jorge Chavarro, assistente professore di nutrizione ed epidemiologia e senior autore dello studio.

Diversi studi hanno dimostrato che il consumo di frutta e verdura coltivata convenzionalmente si traduce in livelli di pesticidi misurabili nelle urine. Altri studi hanno scoperto associazioni tra l’esposizione professionale e ambientale ai pesticidi e la minore qualità del seme. Ma solo pochi studi hanno messo in relazione il consumo di pesticidi residui negli alimenti con gli effetti sulla salute, e nessuno aveva esaminato questi effetti sulla qualità dello sperma.

I ricercatori hanno utilizzato i dati di 155 uomini inseriti in Environment and Reproductive Health (EARTH) study , e in National Institute of Environmental Health Sciences study finanziato in un centro di fertilità di Boston. I dati inseriti sono di 338 campioni di sperma forniti durante 2007-2012 con tanto di accurate informazioni sulla alimentazione dei soggetti. I ricercatori hanno classificato frutta e verdura a seconda che esse contenevano elevate quantità di pesticidi residui (come peperoni, spinaci, fragole, mele e pere) o con valori da bassi a moderati (come piselli, fagioli, pompelmo, e cipolle), sulla base dei dati del Programma Pesticidi del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti. Hanno poi completato i dati includendo fattori come il fumo e l’indice di massa corporea, noti per influenzare la qualità dello lo sperma e poi hanno valutato negli uomini le connessioni tra l’assunzione dei prodotti con pesticidi residui e la qualità del loro sperma.

I risultati hanno mostrato che gli uomini che mangiavano maggiori quantità di frutta e verdura, con alti livelli di pesticidi residui più di 1,5 porzioni al giorno avevano il 49% di spermatozoi in meno e il 32% in meno di sviluppo di nuovi spermatozoi rispetto agli uomini che avevano mangiato minor quantità (meno di 0,5 porzioni al giorno). Si è quindi riscontrato un tasso inferiore di spermatozoi, il volume eiaculato minore e minore percentuale di spermatozoi normale.

Gli uomini che hanno mangiato la maggior parte di frutta e verdura con un basso o moderato livello di antiparassitari residui avevano una più alta percentuale di spermatozoi normale rispetto a coloro che mangiavano meno frutta e verdura, sempre con livelli bassi o moderati.

Questi risultati non dovrebbero scoraggiare il consumo di frutta e verdura in generale”, ha detto Chavarro. “In realtà, abbiamo scoperto che consumare più frutta e verdura con livelli bassi di pesticidi residui è stato benefico. Questo suggerisce che l’attuazione di strategie mirate ad evitare pesticidi residui, come ad esempio il consumo di prodotti da agricoltura biologica o evitare i prodotti noti per avere grandi quantità di residui, può essere la strada da percorrere.

Altri ricercatori dell’Harvard Chan School sono stati coinvolti nello studio incluso autore principale Yu-Han Chiu, Myriam Afeiche, Audrey Gaskins, Paige Williams, e Russ Hauser.

Il finanziamento per lo studio è arrivato dal National Institute of Environmental Health Sciences, National Institutes of Health concede R01 ES009718, R01 ES022955, P30 ES000002, e P30 DK046200, e Ruth L. Kirschstein Servizio Nazionale delle Ricerche Award T32 DK007703-16.

‘Frutta e verdura e loro pesticidi residui in relazione alla qualità del seme tra gli uomini di una clinica della fertilità,’ YH Chiu, M.C. Afeiche, A.J. Gaskins, P.L. Williams, JC Petrozza, C. Tanrikut, R. Hauser, e JE Chavarro, Human Reproduction, 30 marzo 2015, doi: 10.1093 / humrep / dev064

Leggi e commenta lo studio sulla rivista: ‘E’ l’esposizione di pesticidi alimentari relative alla qualità dello sperma? Risultati positivi dagli uomini che frequentano una clinica della fertilità, ‘Hagai Levine, Shanna H. Swan, Icahn Scuola di Medicina Mount Sinai

Visita il sito web di Harvard Chan per le ultime notizie, comunicati stampa, e le offerte multimediali.

Per più informazioni:
Marge Dwyer
mhdwyer@hsph.harvard.edu
617.432.8416

Fonte: Harvard T.H. Chan School of Public Health

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Insulto alla scienza: “Carne e verdure? Hanno lo stesso impatto ambientale”

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Carne e impatto ambientale: Assocarni nega l’evidenza | 24/03/2015

Gli allevatori sostengono che carne e vegetali abbiano stessa impronte ecologica, nonostante tutti gli studi scientifici dimostrino il contrario.

[COMUNICATO STAMPA]
CARNE E IMPATTO AMBIENTALE: ASSOCARNI NEGA L’EVIDENZA.
ALLEVATORI SOSTENGONO CHE CARNE E VEGETALI ABBIANO
STESSA IMPRONTA ECOLOGICA, NONOSTANTE TUTTI GLI
STUDI SCIENTIFICI DIMOSTRINO IL CONTRARIO.
NO A INCLUDERE LA POSIZIONE DI ASSOCARNI NELLA “CARTA DI MILANO”,
CON INFORMAZIONI INFONDATE E VIZIATE DAL CONFLITTO DI INTERESSI.
24 marzo 2015

Titoli apparsi di recente sui giornali del tipo “Carne e verdure? Hanno lo stesso impatto ambientale”, basati su presunti “studi”, sostenuti dalle associazioni di allevatori e macellai, sono un vero insulto alla scienza, alla logica e al buonsenso.

Tutti gli studi di impatto ambientale degli ultimi decenni hanno dimostrato che i prodotti di origine animale (carne, pesce, latticini e uova) causano un impatto ambientale molto più elevato di quelli di origine vegetale. Non vi è discussione sul tema, da parte delle comunità scientifica, si tratta di risultati ormai assodati.

Il report del governo statunitense

Ciò è confermato anche dal report appena emesso (febbraio 2015) dal Dietary Guidelines Advisory Committee, il Comitato del dipartimento per la salute e del dipartimento per l’agricoltura del governo degli USA. Il report verrà usato per definire le prossime linee guida governative per una sana alimentazione (che usciranno quest’anno).

In tale report, un capitolo è dedicato alla sostenibilità ambientale delle produzioni alimentari e in esso il comitato trae delle conclusioni sulla base dei risultati di 15 studi pubblicati dal gennaio 2000 al marzo 2014 da gruppi di ogni parte del mondo (USA, Regno Unito, Germania, Olanda, Franca, Spagna, Italia, Australia, Brasile, Nuova Zelanda, ecc.) su riviste scientifiche internazionali, su quasi 90 presi in esame. Uno dei 15 scelti è a firma di un gruppo italiano (Baroni L, Cenci L, Tettamanti M, Berati M Evaluating the environmental impact of various dietary patterns combined with different food production systems, Eur J Clin Nutr. 2007 Feb;61(2):279-86. Epub 2006 Oct 11).

Nelle conclusioni del report si afferma, tra le altre cose, che:

– tutti gli studi erano concordi nel dimostrare che maggiori consumi di cibi animali sono associati a un maggior impatto sull’ambiente, mentre maggiori consumi di cibi vegetali sono associati a un minor impatto.

– Gli studi erano concordi nel sostenere che le diete che promuovono una miglior salute promuovono anche la sostenibilità.

– Gli studi hanno mostrato che diete più sane che seguono le linee guida sono più sostenibili ambientalmente rispetto a quelle tipiche consumate dalla popolazione.

(Fonte: Appendix E-2.37. Part D. Chapter 5: Food Sustainability and Safety)

Ora se un gruppo di macellai – per quando numerosi e danarosi – afferma qualcosa di completamente diverso per aumentare i propri guadagni (o cercare di arginare le perdite), non è certo il caso di dar loro credito.

L’invenzione degli allevatori: vegetali e carne hanno quasi stessa impronta ecologica

Secondo le recenti dichiarazioni delle associazioni di produttori di carne Assica, Assocarni e UnaItalia, le associazioni di categoria che rappresentano gli allevamenti di bovini, suini e pollame, “tutti gli alimenti hanno quasi la stessa influenza”.

Con la loro Clessidra Ambientale, che vorrebbero inserire nella “Carta di Milano” (il documento ufficiale di Expo 2015 da consegnare al segretario generale dell’Onu il prossimo ottobre), affermano “se si segue il giusto modello alimentare, l’impatto medio settimanale della carne risulta allineato a quello di altri alimenti, per i quali gli impatti unitari sono minori, ma le quantità consumate decisamente maggiori”.

Non stupisce questa mistificazione dei dati: chi li presenta in questa maniera ha un conflitto di interessi enorme; però dovrebbero stare ben attenti ad auspicare che la dieta media degli italiani si avvicini a quella delle linee guida, perché perderebbero molti clienti: i consumi reali di carne, pesce, latticini e uova sono molto maggiori di quelli permessi dalle linee guida!

La loro stessa affermazione, al netto dei giochi di parole propagandistici, dimostra proprio che la carne ha un impatto ambientale molto più alto dei vegetali: in una alimentazione che segua le linee guida, il consumo di carne è basso (molto minore dei livelli attuali di consumo reale), quindi costituisce solo una piccola parte della dieta. Ebbene, nonostante questo, secondo gli stessi allevatori, l’impatto ambientale generato dalla produzione di quella piccola quantità di carne eguaglia quello di tutto il resto della dieta-tipo, vale a dire quantità molto maggiori di verdura, frutta, legumi, pane, pasta, riso e altri cereali, ecc, da cui si ricava la maggior parte dei nutrienti necessari. Il che significa che produrre carne ha un impatto molto maggiore rispetto a produrre vegetali.

Non esiste la “carne sostenibile”

Parlare, come essi fanno, di “carni sostenibili” è una contraddizione in termini: per quanti accorgimenti si possano applicare nelle procedure di allevamento e di coltivazione dei mangimi, il problema è intrinseco, non si può eliminare. Infatti, per ottenere carne, o latticini o uova, bisogna nutrire gli animali con una quantità molto maggiore di vegetali (coltivati appositamente, non si tratta di “scarti” che nessuno utilizzerebbe, come si potrebbe ingenuamente pensare). Eliminare questo passo di trasformazione e coltivare cibi per il diretto consumo umano consente di risparmiare moltissime risorse, e, al contrario, non esiste metodo d’allevamento che possa eliminare il problema dell'”inefficienza” di questa trasformazione.

L’impatto della carne è ben maggiore di quello dei vegetali, anche in una dieta teorica

Oltretutto, secondo gli studi più recenti, i dati divulgati da Assocarni & C. non sono nemmeno corretti: la sola componente animale, anche quando è molto bassa, non pesa sull’ambiente come la restante componente vegetale, ma ben di più. Infatti, uno studio pubblicato di recente sulla rivista scientifica internazionale “Foods” (dello stesso gruppo di autori dell’articolo selezionato dalla commissione statunitense di cui sopra) affronta proprio questo preciso tema: prende in esame 3 diete basate sulle linee guida per una sana alimentazione emanate dal dipartimento per l’agricoltura statunitense (USDA) nel 2010. Una dieta onnivora, una latto-ovo-vegetariana, una vegana. Calcolando l’impatto ambientale totale delle 3 diete, risulta che l’impatto della dieta onnivora è del 463% maggiore rispetto a quella vegan, oltre 4 volte tanto!

Perciò, scegliere se introdurre o meno nella propria alimentazione prodotti animali, fa la differenza, eccome, sull’impronta ecologica del singolo, e tale scelta è l’arma più potente che il singolo cittadino ha a disposizione per abbattere il proprio impatto negativo sull’ambiente.

Va osservato che si sta parlando di una dieta teorica, in cui solo il 19% dei prodotti sono di origine animale (includendo in questa categoria carne, pesce, latticini e uova) mentre il restante 81% è lo stesso per tutte le diete. Se invece si va ad analizzare quel 19% di differenza, si evince che la dieta latto-ovo-vegetariana è 9,2 volte (920%) più impattante di quella vegan, l’onnivora è 17,3 (1730%) volte tanto. Si evince inoltre che la componente di origine animale della dieta è responsabile di circa l’80% dell’impatto totale, in una dieta teorica che segue le linee guida, non la metà, come sostengono gli allevatori. (Fonte: Baroni, L.; Berati, M.; Candilera, M.; Tettamanti, M. Total Environmental Impact of Three Main Dietary Patterns in Relation to the Content of Animal and Plant Food. Foods 2014, 3, 443-460. Per un riassunto divulgativo in italiano: “Carne, latticini, uova, impattano 17 volte di piu’ dei cibi vegetali”).

La dieta reale nei paesi industrializzati, in particolare dell’Italia, è molto più sbilanciata verso il consumo di cibi animali. Infatti, da uno studio pubblicato nel 2007 (lo stesso cui fa riferimento anche il report del comitato statunitense sopra citato) risulta che la dieta onnivora “reale” (vale a dire calcolata sulle statistiche reali di consumo) ha un impatto di due volte e mezza rispetto a quella “teorica” ottenuta seguendo le linee guida. E una dieta onnivora reale impatta quasi 7 volte tanto rispetto a una dieta 100% vegetale reale.

Non permettiamo che questa mistificazione entri nella Carta di Milano

Come NEIC – Centro Internazionale di Ecologia della Nutrizione chiediamo al Ministro delle Politiche Agricole di sventare questa montatura ed evitare la vergogna di inserire in un documento d’intenti con visibilità internazionale qual è la “Carta di Milano” le affermazioni propagandistiche di chi ha interessi economici in gioco.

Né il pubblico né le istituzioni devono essere prese in giro: si tratta di un argomento serio e i dati sul tema devono venire dalla letteratura scientifica, non da associazioni di produttori, specie se presentati con dei giri di parole che fanno credere cose diverse rispetto alle conclusioni reali sostenute dai dati scientifici.

Comunicato di:
NEIC – Centro Internazionale di Ecologia della Nutrizione
http://www.nutritionecology.orginfo@nutritionecology.org

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Con frutta e verdura bio 75% in meno di pesticidi nell’organismo

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Mangiare bio riduce del 65% i livelli di pesticidi nell’organismo

Una dieta a base di frutta e verdura bio riduce i livelli di pesticidi nelle urine del 65%. Sono dati pubblicati da Environmental Health Perspectives e commentati da AIAB (Associazione Nazionale per l’Agricoltura Biologica), in occasione del Convegno dell’Associazione Nazionale Biodinamica, “Oltre expo. Alleanze per il pianeta”.

“Se i dati del consumo di cibi biologici e biodinamici sono in continua crescita – commenta il presidente di Aiab, Vincenzo Vizioli – lo si deve a un aumento di consapevolezza dei consumatori e alla qualità e alla sicurezza dei cibi liberi da pesticidi.

I consumatori, infatti, stanno cambiando abitudini e scelte, mentre le istituzioni e la politica ancora lasciano spazio a tipi di gestione dei campi, come ad esempio il cosiddetto integrato, che assorbono enormi risorse economiche e non portano alcun risultato in termini di beneficio ambientale e di salute dei consumatori”.

Così, mentre sappiamo che l’Italia ha il primato europeo per il maggior utilizzo di pesticidi, crescono le evidenze scientifiche su quanto il consumo di prodotti alimentari biologici riduca in modo significativo l’esposizione alle sostanze tossiche.

Per la prima volta i ricercatori, per rilevare i pesticidi, si sono occupati di associare i test delle urine alla dieta, in base alle abitudini alimentari di volontari selezionati, 4.466 soggetti facenti parte del Multi-Ethnic Study of Atherosclerosis. In particolare, lo studio, dal titolo: “Estimating Pesticide Exposure from Dietary Intake and Organic Food Choices: The Multi-Ethnic Study of Atherosclerosis (MESA)”, si è concentrato sugli organofosfati, tra i pesticidi più utilizzati nell’agricoltura convenzionale, soprattutto per la coltivazione di frutta e verdura. L’US Environmental Protection Agency li ha classificati come altamente o moderatamente tossici. Già a bassi livelli sono sospettati di minacciare il sistema nervoso.

Peraltro, già uno studio pubblicato a luglio 2014 dall’International Journal of Environmental Research, ha rivelato che seguire un’alimentazione bio per una sola settimana può ridurre i livelli di pesticidi negli adulti di circa il 90%.

Per ulteriori informazioni scrivere a ufficiostampa@aiab.it

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Fonte: AIAB (Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica)

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