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Strage di Castel Volturno – I Kalifoo Ground Music System ricordano…

Castel Volturno 18 settembre 2008

Giuseppe Setola ordina: “Uccidete tutti quelli che trovate là!”

Nell’agguato sono caduti sotto i 150 colpi dei kalashnikov

  • Kwame Antwi Julius Francis: nato nel 1977 in Ghana, era fuggito dal suo Paese nel 2002, attraversando il deserto del Niger e fermandosi in Libia per lavorare come muratore e guadagnare la somma necessaria per pagarsi il viaggio attraverso il Mediterraneo. Francis aveva formalizzato la sua domanda di asilo a Crotone e poi si era trasferito a Castelvolturno, ottenendo dopo diversi anni la “Protezione Umanitaria”. Lavorava come muratore e piastrellista e si era iscritto ad un corso di formazione per apprendere il mestiere di saldatore. Viveva in un appartamento situato sopra la sartoria dove è avvenuta la strage ed era sceso in strada perché Eric, un’altra delle vittime, lo aveva chiamato: aveva un lavoro da offrirgli come muratore.

  • Affun Yeboa Eric: si trovava sul luogo della strage unicamente perché era passato a prendere Francis. Il suo cadavere è stato ritrovato riverso al volante della sua auto, parcheggiata davanti alla sartoria. Aveva chiamato Francis e lo stava aspettando: aveva ancora la cintura di sicurezza allacciata. Eric era in Italia dal 2004, proveniva dal Ghana ed era sprovvisto di permesso di soggiorno. Da poco tempo si era trasferito a Castelvolturno dove aveva iniziato a lavorare come carrozziere.
  • Samuel Kwako: veniva dal Togo,  faceva il muratore ma, come anche Alex, anche lui non rifiutava di lavorare nelle campagne.
  • El Hadji Ababa: veniva dal Togo e viveva in Italia da cinque anni. Gestiva la sartoria “Ob Ob exotic Fashions”. Il suo corpo è stato ritrovato senza vita accasciato sulla macchina per cucire, perché quella sera stava terminando di lavorare per poi consumare il pasto serale del periodo del Ramadan, insieme a due amici che lo avevano raggiunto.
  • Jeemes Alex: cittadino togolese, aveva un permesso di soggiorno per “protezione umanitaria” ottenuto a Siracusa. Lavorava saltuariamente come muratore ma non rifiutava di lavorare nelle campagne. Si trovava nella sartoria perché aveva iniziato a collaborare con El Hadji per la vendita dei vestiti.
  • Christopher Adams: aveva 28 anni ed era ghanese. Era in Italia dal 2002 e aveva ottenuto il permesso di soggiorno per protezione umanitaria. Adams faceva il barbiere a Napoli,  in piazza Garibaldi. La sera della strage era andato nella sartoria per un saluto agli amici.
  • Joseph Ayimbora: anche lui ghanese, è l’unico sopravvissuto alla strage, nonostante le gravi ferite alle gambe ed all’addome. Ha un permesso di soggiorno dal1998, vive con una compagna e con la loro bambina nata in Italia. La collaborazione di Ayimbora, che si è salvato fingendosi morto, con le forze dell’ordine e gli inquirenti è stata determinante per la ricostruzione dei fatti e l’individuazione degli assassini.[21] ( Wikipedia)

 

Una strage.
La strage di San Gennaro.
Cinque ragazzi non ci stanno e cominciano ad alzare il volume dei propri microfoni a colpi di rap; italiano, inglese, francese e dialetti africani, tutto condito da ritmi reggae rigorosamente in levare.
Una posse di neri e di italiani: i Kalifoo Ground Music System. Il nome che hanno scelto ricorda la vita dei clandestini e degli “schiavi a giornata”, in fila ogni giorno per qualche ora di lavoro mal pagata, e i loro testi sono il megafono di un intera comunità.

 

I Kalifoo Ground Music System così raccontano quella terribile notte:

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Regia: Davide Gibilisco
Fotografia: Gennaro Apuzzo
Thanks to: Csa exCanapificio, Movimento migranti e rifugiati di Caserta, Prima Pagina, Studio C7, Maria Cutolo, Alexen Butt

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Marsiglia – Festival del Cinema Arabo: cortometraggio sulla rivoluzione tunisina

Si svolgerà a Marsiglia dal 22 al 31 maggio 2011 la quarta edizione del festival Ecrans des Nouveaux Cinéma(s) Arabes, organizzato dall’Associazione Aflam.

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di Maria Coletti

Anche quest’anno il festival propone i film più recenti, e per lo più inediti in Francia, che, dalla Siria al Marocco, coprono tutto il mondo arabo, anche con la presenza di paesi di cui si vedono pochissimi film, come la Libia o l’Irak.
Nella serata di apertura sarà presentato, alla presenza del regista, il cortometraggio sulla rivoluzione tunisina Dégage di Mohamed Zran, che presenta nel cartellone del festival anche il suo ultimo lungometraggio documentario, Vivre ici. Sempre nell’ambito del documentario, il festival renderà omaggio a un grande documentarista siriano, scomparso recentemente, Omar Amiralay. (leggi tutto)

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Fonte: CINEMAFRICA

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La posizione di Kusturica “in questa storia”

E’ uscita in Italia l’autobiografia di Emir Kusturica, Dove sono io in questa storia (Feltrinelli). In quattrocento pagine discontinue le molte forme di “Kusta”, la ricerca delle origini, il rapporto con Sarajevo.

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…..Emir Kusturica (Foto Kmeron, Flickr)

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di Piero Del Giudice

Emir Kusturica (Sarajevo, 1954), è prima di tutto un grande regista. Il suo cinema è largamente riconosciuto, nel 1981 ha ricevuto il Leone d’oro per l’opera prima con Ti ricordi di Dolly Bell? (sceneggiatura di Abdulah Sidran), nel 1985 la Palma d’oro con Papà in viaggio d’affari (sceneggiatura di Abdulah Sidran), nel 1993 l’Orso d’Argento con Arizona dream, nel 1995 la seconda Palma con Underground, nel 1998 il Leone d’argento con Gatto nero, gatto bianco. Poi è attore. Poi musicante di nessun talento, chitarra elettrica della No smoking orchestra con il figlio Stribor alla batteria. Infine è mediocre scrittore della sua autobiografia, Dove sono io in questa storia. Abbiamo a che fare con un artista che con diversa efficacia si misura con più mezzi espressivi – qui è facile e divertente – e abbiamo a che fare anche con più persone in una medesima – e qui le cose si complicano. In Dove sono io in questa storia tutto è scritto, con franchezza e convinzione.

Kusturica di famiglia musulmana, figlio di Murat – partigiano, fondatore della Jugoslavia, sottosegretario agli Esteri nella Repubblica di Bosnia Erzegovina, ossessivamente ostile a Tito – e di Senka Numankadić, donna di straordinaria poeticità ed energia, il cui racconto non si è spento nella Sarajevo di oggi.

Kusturica di fronte alla madre. Senka piange nel capitolo di apertura alla vigilia del primo giorno di scuola del figlio: “Perché piangi, Senka? A scuola ci devi andare tu o io?”. Senka che chiude l’autobiografia rivolgendo al figlio la domanda delle domande: “Le vicine dicono ‘Il tuo Emir è certamente un uomo di Milošević!’. Di chi sei? Dillo a tua madre”. (leggi tutto)

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Fonte: Osservatorio Balcani e Caucaso

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