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Storia di un sogno (Story of a dream)

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Una storia romantica…le sensazioni, le emozioni, i pensieri, le parole, i versi, tutto solo per lei. Una storia delicata e sofferta tra speranze ed illusioni. Una storia impossibile vissuta in totale solitudine, nell’ombra, senza far rumore. Una storia irreale…la storia di un sogno.

La storia di un sogno che al risveglio ha lasciato un indelebile segno nell’anima.

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A romantic story… the sensations, the emotions, the thoughts, the words, the verses, all just for her. A delicate and painful story between hopes and illusions. An impossible story lived in total solitude, in the shadows, without making noise. An unreal story … the story of a dream.

The story of a dream that left an indelible mark on the soul upon awakening.

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(एक सपने की कहानी – Bharadwaj Sabhal – aprile 2016)

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Benigni e «Fratelli d’Italia», dubbi su una lezione di storia

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di  Alberto Mario Banti

Roberto Benigni a Sanremo: ma certo, quello che voleva bene a Berlinguer! Quello che – con gentile soavità – insieme a Troisi scherzava su Fratelli d’Italia … Che trasformazione! Sorprendente! Eh sì, giacché giovedì 17 febbraio «sul palco dell’Ariston», come si dice in queste circostanze, non ha fatto solo l’esegesi dell’Inno di Mameli. Ha fatto di più. Ha fatto un’apologia appassionata dei valori politici e morali proposti dall’Inno. E – come ha detto qualcuno – ci ha anche impartito una lezione di storia. Una «memorabile» lezione di storia, se volessimo usare il lessico del comico.
Bene. E che cosa abbiamo imparato da questa lezione di storia? Che noi italiani e italiane del 2011 discendiamo addirittura dai Romani, i quali si sono distinti per aver posseduto un esercito bellissimo, che incuteva paura a tutti. Che discendiamo anche dai combattenti della Lega lombarda (1176); dai palermitani che si sono ribellati agli angioini nel Vespro del lunedì di Pasqua del 1282; da Francesco Ferrucci, morto nel 1530 nella difesa di Firenze; e da Balilla, ragazzino che nel 1746 avvia una rivolta a Genova contro gli austriaci. Interessante. Da storico, francamente non lo sapevo. Cioè non sapevo che tutte queste persone, che ritenevo avessero combattuto per tutt’altri motivi, in realtà avessero combattuto già per la costruzione della nazione italiana. Pensavo che questa fosse la versione distorta della storia nazionale offerta dai leader e dagli intellettuali nazionalisti dell’Ottocento. E che un secolo di ricerca storica avesse mostrato l’infondatezza di tale pretesa. E invece, vedi un po’ che si va a scoprire in una sola serata televisiva.Ma c’è dell’altro. Abbiamo scoperto che tutti questi «italiani» erano buoni, sfruttati e oppressi da stranieri violenti, selvaggi e stupratori – stranieri che di volta in volta erano tedeschi, francesi, austriaci o spagnoli. E anche questa è una nozione interessante, una di quelle che cancellano in un colpo solo i sentimenti di apertura all’Europa e al mondo che hanno positivamente caratterizzato l’azione politica degli ultimi quarant’anni. (leggi tutto)

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Fonte:  il Manifesto

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