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Eutanasia: “L’importante è che il testo arrivi in Parlamento”
Marco Cappato (Radicali) risponde alle prime critiche sulla proposta di legge appena depositata alla Camera dei Deputati
di Alice Pace
“La vera sfida è che la nostra legge sia presa in considerazione in Parlamento”. Questo il commento dei promotori di EutanaSiaLegale, la nuova proposta normativa sul fine vita promossa dall’ Associazione Luca Coscioni e appoggiata dai Radicali Italiani, in risposta alla nostra analisi e alle critiche sugli aspetti formali del testo. Un testo composto da quattro punti che mira a legittimare l’eutanasia, ora vietata in Italia. E a finalmente mettere nero su bianco le regole sul rifiuto dei trattamenti sanitari da parte di quei pazienti che, colpiti da malattie senza via d’uscita, desiderano terminare la propria vita senza accanimento terapeutico e senza sofferenze.
Proprio lo scorso venerdì, dopo una campagna capillare diffusa in tutta Italia, la proposta di legge è arrivata a Montecitorio, ora i documenti dovranno essere controllati dalla Cassazione e valutati dalla Camera dei Deputati. Sono oltre 69mila finora i consensi raccolti tra i cittadini: un numero che supera ampiamente la soglia dei 50mila necessari a presentare una proposta di legge di iniziativa popolare in Parlamento. E che sta ancora crescendo grazie alla permanenza della raccolta firme online.
“Questa proposta di legge sull’eutanasia nasce da un’iniziativa popolare. Spetterà poi al Parlamento discuterla e affinarla”, spiega Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Coscioni e dirigente del movimento dei Radicali Italiani. Rispetto ai dubbi di alcuni esperti sul testo presentato, Cappato precisa: “Molti punti della procedura sono ancora aperti e dovranno essere definiti nel dettaglio: l’importante in questa fase è che siano chiari i principi di fondo, prima di tutto la volontà di stabilire una procedura per ottenere l’eutanasia”. Affrontare i dettagli sarà quindi parte di una seconda fase, possibile solo se il dibattito su EutanaSiaLegale verrà inserito in uno dei prossimi ordini del giorno delle Camere. Sarà quello il momento e il luogo dove stabilire chi possa rivestire un ruolo determinante nelle scelte di fine vita di un paziente che richieda l’eutanasia, e dove sarà possibile quindi ampliare il discorso tenendo in considerazione non solo i coniugi e i parenti stretti, ma anche le unioni civili e le coppie formate da persone dello stesso sesso: “Non c’è da parte nostra alcuna volontà di limitare queste possibilità”, sottolinea Cappato, “Semplicemente non abbiamo ancora aperto il dibattito a questo livello”.
E lo stesso vale per diversi punti che sono al centro del dibattito e che sono di fondamentale importanza per la tutela del malato: la necessità di avvalersi di più medici nel diagnosticare le condizioni di salute dell’interessato, la certificazione che questo non si trovi in una condizione di abbandono, così come le questioni, delicatissime, legate al diritto all’obiezione di coscienza. “Anche coloro che hanno posizioni diverse dalla nostra potranno in quella sede dare suggerimenti e inserire nuovi punti nel dibattito”, prosegue Cappato, “e questo sarebbe chiaramente possibile anche con successivi provvedimenti di governo basati via via pragmaticamente sui risultati dell’applicazione della legge”.
Quello che preme ai promotori della legge e ai membri del movimento Radicale è quindi dare ai cittadini il diritto di scegliere se e come terminare la propria sofferenza e la propria vita nel caso venisse loro diagnosticata una malattia incurabile. Raggiunto questo obiettivo, secondo gli attivisti rimarrebbero certamente molte le sfumature da definire e adeguare, ma il passo più importante sarebbe in ogni caso compiuto: mai in Parlamento (finora) si è discusso concretamente di una proposta per la legittimazione dell’eutanasia in Italia, tantomeno di una legge di iniziativa popolare.
E in questi giorni a riscaldare il dibattito in materia di biodiritto e alla libertà di scelta sulla vita e la salute è anche il tema dell’ aborto, in seguito alla pubblicazione della relazione annuale sull’attuazione della legge 194, che riporta gli ultimi dati sul numero di interruzioni volontarie di gravidanza e gli obiettori di coscienza nel nostro Paese. Dinanzi a un calo del 4,9% delle pratiche di aborto tra 2011 e 2012 e all’aumento del numero di medici obiettori ( +17,3% in trent’anni), Cappato commenta: “I dati confermano che la legge non viene rispettata in molte parti d’Italia. E comunqnue dovrebbero essere le strutture sanitarie a garantire il servizio, non il singolo medico”. Di fatto, l’opzione di esercitare l’obiezione di coscienza in Italia è prevista e tutelata dalla legge: il problema insorge quando il diritto di una donna all’aborto viene effettivamente paralizzato da ritardi e dai disguidi burocratici, e quello che i Radicali chiedono è che lo Stato garantisca sempre la presenza di medici non obiettori disponibili a far rispettare la legge al dettaglio. “Questo per quanto riguarda le pratiche per l’interruzione volontaria di gravidanza” precisa Cappato, “Se parliamo invece della Ru486 – la pillola che consente l’aborto farmacologico, ndr – la questione è ancorqa più grave: molti non la rendono disponibile, e chi non la rende disponibile compie una violazione della legge”. E per violazione si intendono anche quegli ostacoli burocratici, come l’obbligo di degenza ospedaliera per la somministrazione.
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Fonte: WIRED.it
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