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Film: “La vita di Adèle” – Palma d’Oro a Cannes 2013

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La vita di Adèle

di Abdellatif Kechiche

(Francia – 2013)

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di Marcello Polizzi

Una delle grandi potenzialità del cinema è quella di analizzare la realtà nei dettagli, frantumandola, spezzettandola. La macchina da presa, sostituendosi agli occhi, è capace di zoomare sui particolari, rompendo quella visione d’insieme che è l’unica che possediamo.

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Lo sa bene Abdel Kechiche che nel suo ultimo lavoro La vita di Adèle, porta questo processo all’estreme conseguenze. Il regista racconta l’iniziazione alla vita di Adèle (Adèle Exarchopoulos) e ci immerge nella vita di Adèle. Quest’ultima non è più solo protagonista ma diventa il fulcro totalizzante dell’intera pellicola. Kechiche non vuole solo che lo spettatore guardi Adèle, ma che la viva. Ed in effetti succede proprio questo. Tutto viene tagliato fuori dall’immagine in cui rimane solo la ragazza, con il suo viso, la sua bocca, i suoi capelli e il suo corpo. Il film tende a cercare un estremo realismo e lo trova in un senso del vero che va oltre il reale. Non ci troviamo di fronte all’oggettività, ma ad una realtà fortemente soggettiva. Il mondo che vediamo è quello interiore di Adèle (confuso, convulso, fremente), enfatizzato dai primissimi piani, dai tagli e da un montaggio sfrenato e disordinato. Gli stati d’animo influenzano il ritmo, che cambia col passaggio dalla prima alla seconda parte del film (i due capitoli).

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La storia della protagonista è uguale a tante altre. La vita di Adèle cambia nel momento in cui conosce Emma (Lèa Seydoux) e se ne innamora. Il rapporto amoroso tra le due ragazze diventa quindi il centro del racconto. Ma è proprio dal modo in cui Kechiche approccia a questa universalità che la pellicola trae il suo punto di forza. Egli punta ad un coinvolgimento emotivo dello spettatore. Quale esperienza può essere più coinvolgente e sconvolgente della fase dell’innamoramento, della scoperta dell’amore, più che dell’amore stesso? Mirabilmente il regista trasmette questa sensazione, soprattutto attraverso l’intensa interpretazione delle due attrici, dalle quali riesce ad ottenere una grande forza espressiva, in una sfida impegnativa e coraggiosa, non solo per le lunghe scene di sesso. Si passa attraverso l’intera gamma delle emozioni, dalla felicità sino al dolore più profondo, passando per il desiderio, l’incertezza, la gelosia, la rabbia, attraverso un percorso che porterà Adèle a mettersi in gioco e a conoscere se stessa.

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Questo meccanismo ci riporta così dal soggettivo all’oggettivo. Le esperienze di Adèle scavano nel nostro bagaglio di esperienze, giungendo inevitabilmente a sovrapporsi. Riusciamo così a riconoscerci in una sorta di nostra oggettività, nonostante non vi sia nessun sentimento più soggettivo dell’amore. In tal caso non ha più importanza nemmeno che ci troviamo di fronte ad un amore omosessuale, tanto che il regista relega sullo sfondo le problematiche legate a questo tema (la scoperta dell’omosessualità e la conseguente accettazione sociale).

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Ma perché tutto ciò si compia, affinché lo spettatore possa sentirsi coinvolto dalla vicenda, c’è bisogno che nasca una vera e propria empatia, che a quanto pare non scatta per forza. La vita di Adèle ha difatti spaccato la critica perché la sua visione può emozionare o al contrario disturbare, ma di sicuro non lascia spazio a posizioni intermedie.

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Trailer Ufficiale Italiano

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Approfondimento

Sito Ufficiale

Sito Ufficiale Italiano

Scheda del film (en)

Festival de Cannes 2013

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Cannes 2013: due premi al film scandalo “Lo sconosciuto del lago”

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Lo sconosciuto del lago

di Alain Guiraudie  –  Francia (2013)

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di  Marcello Polizzi

Lo sconosciuto del lago di Alain Guiraudie è un film* forte, che immobilizza lo spettatore, lo costringe a calarsi nel luogo dell’azione, a prender parte a quel giro di vite che si ripete con una routine quasi estenuante, spingendolo fino al limite della sopportazione. Ma così come Franck è spinto da un irrefrenabile desiderio, così lo spettatore viene letteralmente catturato dalle immagini che scorrono sullo schermo, impossibilitato a sottrarsi a tale visione.

Ci ritroviamo così sulle rive del lago, unico luogo della pellicola, a guardare uomini che vi si recano per incontri omosessuali. Seguiamo la m.d.p. nel bosco, sorta di limbo atemporale dalle forti connotazioni mitiche, dove si consumano i rapporti, dove si cerca quel desiderio o forse quell’amore che potrebbe dare un senso più profondo alla propria esistenza.

E’ così per Franck (Pierre de Ladonchamps), che in quella meta d’incontri occasionali, scopre inaspettatamente i sentimenti più autentici: l’amore per Michel (Christophe Paou) e l’amicizia per Henri (Patrick d’Assumçao).

A poco alla volta i protagonisti si svelano, si raccontano e l’intreccio delle rispettive personalità diviene il punto di forza della narrazione. Nei dialoghi tra Franck ed Henri assistiamo ad alcuni tra i momenti più interessanti del film attraverso il disvelamento dei loro aspetti più intimi e profondi. Entrambi, nonostante lo facciano per motivazioni differenti, si recano al lago ogni giorno. Henri è in cerca solo di riposo e di tranquillità dopo la dolorosa rottura del suo matrimonio. Ma ad accomunarli è la stessa fragilità, i medesimi dubbi e paure. L’uno e l’altro sono forse alla ricerca di un rifugio, che in parte, sembrano aver momentaneamente trovato nella loro amicizia. Ma se questo può bastare ad Henri, di certo non basta a Franck. Ciò che lo rapisce è la passione e il desiderio verso Michel, il suo vero rifugio. Franck sembra ormai vivere nell’attesa di quei momenti di sesso consumati con Michel nel bosco.

Questo rapporto amoroso è il vero motore del film. Il sesso, appassionato e viscerale, con il suo diretto erotismo, invade lo schermo e diventa la potenza visiva dell’intera pellicola. E’ un’esperienza totalizzante, un baccanale che rende Franck cieco, che cancella ciò che egli ha visto (Franck, nascosto nel bosco, vede Michel annegare il suo precedente compagno) e lo spinge, contro ogni logica, verso una persona non certo rassicurante.

Guiraudie impregna la sua pellicola di una corporalità totale, come poche volte è stata mostrata al cinema. Il regista mostra i corpi nudi (distanti dalla grazia innocente e poetica dei corpi pasoliniani) presi a contorcersi ed avvinghiarsi, in un atto sessuale carnale e primitivo. Gli uomini appaiono come animali immersi nella natura circostante, elemento fondamentale della narrazione. Una natura violenta e impassibile, i cui rumori costituiscono la sola colonna sonora di una pellicola priva di musica. Una natura indifferente, di herzoghiana memoria, che lascia i protagonisti nella loro profonda solitudine.

Sì, perché forse il sesso non basta a sfuggire alla solitudine. Henri è solo perché probabilmente la moglie si era stancata dei ménage à trois assieme ad altri uomini; Michel uccide i suoi amanti quando essi vogliono da lui qualcosa in più dei rapporti sessuali che egli può offrir loro; ma soprattutto Franck sarà spinto da una profonda solitudine verso i pericoli del desiderio.

Dal momento in cui Franck assiste all’omicidio compiuto da Michel, la pellicola si carica di una tensione sottesa che avrà un crescendo col passare dei minuti. Il regista crea un’atmosfera molto vicina al thriller o al noir, sebbene basti la figura grottesca del commissario a sfuggire da tale generalizzazione. Ignorando i consigli di Henri, Franck non allontana Michel, anzi se ne innamora e cerca sempre più attenzioni, convinto di aver trovato finalmente l’amore che probabilmente desiderava.

Ma al desiderio, subentrerà la paura che calerà Franck in un abisso, fin dentro al buio della magnifica dissolvenza finale, in cui, come svegliato d’improvviso da un incubo, comincia a chiamare Michel. Franck chiama colui da cui stava scappando, forse perché, nonostante la paura, la solitudine è ancor più spaventosa da sopportare.

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Trailer del film

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Approfondimento

Note di Regia – di Alain Guiraudie

“Lo sconosciuto del lago” – Incontro con Alain Guiraudie

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(*) Il film è stato premiato alla 66^ edizione del Festival di Cannes per la miglior Regia nella sezione Un Certain Regard

e  con la Queer Palm

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