Schifani e il palazzo abitato dai boss

 

Schifani e il palazzo abitato dai boss

 

 

di Marco Lillo
 
C’è un palazzo a Palermo, vicino allo
stadio della Favorita, che spiega meglio di un trattato la mafia e
l’antimafia. I suoi nove piani sono un monumento alla prevaricazione
dei forti sui deboli, dei corrotti sugli onesti. Sono stati costruiti
in spregio a ogni norma con la complicità della politica, calpestando
con la ruspa i diritti di due donne inermi.

Ogni muro, ogni mattone, profuma di mafia. Chi ha eseguito
i lavori e chi li ha diretti, chi ha fornito il calcestruzzo e chi ha
fatto gli scavi, chi ha guadagnato vendendo gli appartamenti e talvolta
anche chi li ha comprati, è legato da vincoli di sangue o di cosca con
i padrini più blasonati di Palermo: Madonia, Bontate, Pullarà, Guastella, Lo Piccolo. Il capo dei lavori, Salvatore Savoca,
è stato strangolato perché non voleva dividere il boccone di cemento
con un clan più forte del suo: i Madonia. L’assessore che ha dato la
licenza è stato condannato per le mazzette ricevute in cambio della
concessione. Il costruttore Pietro Lo Sicco è stato condannato per
mafia e corruzione ed è in galera. Il palazzo è stato confiscato e le
vittime, Rosa e Savina Pilliu, hanno ricevuto in affitto dallo Stato
l’appartamento nel quale dormiva Giovanni Brusca, l’uomo che ha schiacciato il telecomando della strage di Capaci.

Sembrerebbe una storia semplice nella quale è persino
troppo facile scegliere da che parte stare. E invece la storia di
Piazza Leoni dimostra che la vita è fatta di scelte, mai scontate.
Questo palazzo incrocia il destino di due uomini famosi e distanti tra
loro: Renato Schifani e Paolo Borsellino. Il primo (prima che le
procure e i tribunali accertassero le responsabilità del costruttore
corruttore e mafioso) ha messo a disposizione la sua scienza per
sostenere il torto del più forte. Il secondo, nei giorni più duri della
sua vita, ha trovato il tempo per ascoltare le ragioni dei deboli. Quel
palazzo è ancora in piedi grazie anche ai consigli legali, ai ricorsi e
alle richieste di sanatoria dello studio legale Schifani-Pinelli del
quale il presidente del senato è stato partner con l’amico Nunzio
Pinelli negli anni chiave di questa vicenda, prima di lasciare il posto
al figlio Roberto. Mentre Schifani combatteva in Tribunale per Lo
Sicco, il giudice Paolo Borsellino, trascorreva le ore più preziose
della sua vita per ascoltare le signorine Pilliu.  (leggi tutto)