il miliardo e trecento milioni di euro attribuito dallo Stato alla
“Stretto di Messina” per mettere in sicurezza il territorio dell’area
dello Stretto?
Nella piattaforma della manifestazione contro il Ponte sullo
Stretto dell’otto agosto avevamo messo al primo punto la richiesta di
utilizzare le risorse economiche destinate alla grande infrastruttura
per la messa in sicurezza sismica ed idrogeologica del territorio. Dopo
la tragedia del primo di ottobre, la richiesta è diventata addirittura
ovvia da parte di larga parte dei cittadini.
E’ per questo che dal momento del disastro stiamo assistendo a
continui pronunciamenti finalizzati a giustificare l’impiego di soldi
pubblici per il Ponte anche in presenza di evidenti altre priorità.
I sostenitori del Ponte (ministro Matteoli in testa) sostengono che il
Ponte lo si costruirà con i soldi dei privati e, quindi, non è
possibile utilizzare quelle risorse per la tutela del territorio. «A
dicembre e gennaio – ha confermato Berlusconi- cominceremo la
realizzazione di un’altra infrastruttura fondamentale…il Ponte sullo
Stretto…».
I cantieri che dicono di voler avviare riguardano le opere
collaterali e compensative. Per queste il Cipe ha previsto l’utilizzo
di 1,3 miliardi di euro che dovranno essere stanziati, a detta del
ministro stesso, di finanziaria in finanziaria. Questi sono soldi
pubblici e non si capisce per quale motivo non potrebbero essere
utilizzati per una grande opera davvero utile per l’area dello Stretto
come la messa in sicurezza del territorio e degli abitanti. Se una casa
non ha servizi e non ha il tetto, si pensa per prima cosa a comprare un
bel biliardo o forse sarebbe meglio pensare ai servizi ed al tetto?
Si tratta solo di una scelta politica. Il ministro ha anche detto
che se le opere propedeutiche al Ponte previste, se fossero state già
realizzate, avrebbero mitigato i danni subiti a causa delle recenti
frane. Lo ha confermato anche il sottosegretario Urso, che ha
addirittura dichiarato che il Ponte sullo Stretto è importante anche
per la sicurezza del territorio. E per quale motivo nuove strade, nuovi
viadotti, chilometri e chilometri di gallerie in pieno centro
cittadino, una nuova stazione ferroviaria in una delle zone più
abitate, enormi quantità di materiali di scavo da collocare in
discariche dovrebbero ridurre e non aggravare il rischio idrogeologico?
Ma sui soldi dei privati il ministro farebbe bene ad essere più chiaro.
Dovrebbe dire, piuttosto, che sarebbero le banche a raccogliere
il capitale da investire. Ma visto che il Ponte non sarebbe
profittevole, perché anche gli scenari più pessimistici proposti
dagli advisor sarebbero oggi paradiso (e, infatti, i transiti nello
Stretto sono in calo) chi pagherebbe il crack finanziario? Sarà lo
Stato, cioè i contribuenti, a pagare (come sempre) o saranno i
risparmiatori che avranno acquistato titoli collegati al Ponte che
resteranno col cerino in mano?
Fonte: terrelibere.org