Iran: morte di un blogger a Teheran

 

Da: Articolo 21

 

Reporters sans frontières sotto choc per la morte in carcere

di un blogger a Teheran

di RSF

Reporters sans frontières è profondamente scioccata per la morte in
carcere del blogger Omidreza Mirsayafi e chiede l’immediata apertura di
un’inchiesta su questo dramma.

"Consideriamo le autorità
iraniani responsabili della morte di Omidreza Mirsayafi. Lo hanno
arrestato in maniera arbitraria e, durante la detenzione, non gli hanno
concesso le cure mediche necessarie. La morte di Omidreza Mirsayafi
sottolinea nuovamente a che punto il regime iraniano sia feroce – uno
dei più feroci al mondo – per i giornalisti e per i blogger. Chiediamo
la creazione di una commissione indipendente per determinare le cause
della morte di questo giovane."

L’avvocato di Mirsayafi, Mohamed
Ali Dadkhah, è stato informato del decesso del suo cliente da un
medico, Hesem Firozi, anche lui in carcere. Il giovane blogger era
depresso e non sopportava più le condizioni di detenzione. Secondo
quanto ha riferito Hesem Firozi, «la morte di questo giovane blogger è
interamente dovuta ad una mancanza di assistenza». Lo stato psichico di
Omidreza Mirsayafi era infatti ulteriormente peggiorato dopo il rifiuto
da parte dei responsabili della prigione di concedergli un permesso di
uscita.

Lo scorso 7 febbraio, il blogger era stato convocato
dalla 15esima camera del tribunale della rivoluzione di Teheran per
essere interrogato. Dopo l’interrogatorio, il blogger è stato
trasportato in un carcere della città. I suoi avvocati non hanno mai
ricevuto l’ordine di condanna emesso dal tribunale.

Arrestato una
prima volta il 22 aprile 2008, il blogger era stato liberato dopo 41
giorni di detenzione e dopo il pagamento di una cauzione di 100 milioni
di toman (72 000 euro). E’ stato condannato il 2 novembre 2008 in virtù
degli articoli 500 e 514 del codice penale secondo i quali “chiunque
insulti la guida suprema Khomeini, fondatore della Repubblica islamica
d’Iran, o i dirigenti del Paese, sarà condannato ad una pena detentiva
dai sei mesi ai due anni” (art. 514) e “chiunque sia all’origine di
propaganda contro lo Stato è passibile di carcere, dai tre mesi a un
anno (art. 500)”.