il Manifesto: fateci uscire

Contro una pulizia etnica dell’informazione. Per il pluralismo e la libertà d’informazione. (madu)

 

 

Fateci uscire

Una nuova emergenza bussa alle nostre porte. Ha
qualcosa di simile alle tante dei nostri 37 anni di vita, perché sempre
di bilanci in rosso si tratta. Ma è molto diversa da tutte le altre che
l’hanno preceduta, perché stavolta non si tratta di raccogliere qualche
soldo per sopravvivere ma di trovare le risorse per una battaglia di
libertà che non riguarda solo noi.

Quello che ci assumiamo e a cui vi chiediamo di
partecipare è un compito tutto politico. I tagli ai finanziamenti per
l’editoria cooperativa e politica non sono misurabili «solo» in euro,
in bilanci che precipitano nel rosso, in giornalisti e poligrafici che
rischiano la disoccupazione. Sono lo specchio fedele di una «cultura»
politica che, dall’alto di un oligopolio informativo, trasforma i
diritti in concessioni, i cittadini in sudditi. Non sarà più lo stato
(con le sue leggi) a sostenere giornali, radio, tv che non hanno un
padrone né scopi di lucro. Sarà il governo (con i suoi regolamenti) a
elargire qualcosa, se qualcosa ci sarà al fondo del bilancio annuale.
Il meccanismo «tecnico» di questa controrivoluzione lo abbiamo spiegato
tante volte in queste settimane (e continueremo a ricordarlo), ma il
senso politico-culturale dell’operazione è una sorta di pulizia etnica
dell’informazione, il considerare la comunicazione giornalistica una
merce come tante altre. Ed è la filosofia che ha colpito in questi
ultimi anni tanti altri beni comuni, dal lavoro all’acqua.

Noi ci batteremo con tutte le nostre forze e
pubblicamente contro questa stretta: porteremo questo obiettivo in
tutte le manifestazioni dell’autunno appena iniziato, stringeremo la
cinghia come abbiamo imparato a fare in 37 anni di vita difficile ma
libera, incalzeremo la politica e le istituzioni perché ne va della
democrazia, spenderemo l’unico nostro patrimonio, cioè il nostro
lavoro, per fornire il supporto giornalistico a questa battaglia di
civiltà. E ci apriremo all’esterno ancor di più di quanto abbiamo fatto
fino a oggi per raccogliere forze e saperi nuovi e capire come essere
più utili a chi si oppone ai poteri che ci vogliono morti.

Faremo tutto questo, come sempre e più di sempre.
Ma oggi siamo di nuovo qui a chiedere aiuto ai nostri lettori e a tutti
coloro che considerano un bene essenziale il pluralismo e la libertà
d’informazione. A chiedervi di sostituire ciò che questo governo ci
nega con uno sforzo collettivo. In un panorama politico e culturale
disastrato, di fronte alla lunga sconfitta che in un ventennio ha
smantellato la stessa idea di «sinistra», non ci rassegneremo alla
scomparsa. Perché, a differenza del protagonista di «Buio a
mezzogiorno» di Arthur Koestler, non crediamo che «morire in silenzio»
sia una lodevole testimonianza finale. Se questo governo e i poteri che
rappresenta vogliono chiuderci, noi vogliamo riaprire. Con tutti voi,
perché altrimenti è impossibile.

 

 

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