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Greenpeace: Amazzonia che macello!

Dobbiamo lottare affinché il polmone del mondo non venga distrutto.  (madu)

 

Fonte: Greenpeace

 

 

Amazzonia, che macello!

 

Lunedì scorso abbiamo pubblicato l’inchiesta scandalo
“Amazzonia, che macello!”. Dopo tre anni di indagine sotto copertura,
abbiamo scoperto che le scarpe Geox, Adidas, Timberland e Clarks, i
divani di pelle Chateaux d’Ax e Ikea, le scatolette di carne Simmenthal
e Montana possono avere un’impronta devastante sull’ultimo polmone del
mondo. 

La foresta amazzonica, infatti, viene distrutta per far
spazio agli allevamenti illegali di bovini. E la carne e la pelle che ne derivano
contaminano le filiere internazionali dell’alimentare, dell’arredamento,
della moda e delle scarpe. 

Distruggere
l’Amazzonia vuol dire soffocare il clima del Pianeta e il nostro
futuro. È il tempo del coraggio e della responsabilità per i governi e
per le aziende che stanno dietro ai marchi globali, se vogliamo vincere
la sfida del cambiamento climatico.

Per salvare il clima, noi dobbiamo salvare l’Amazzonia.
E ogni passo conta.

Facciamo il
primo passo: chiediamo insieme alle aziende di interrompere
immediatamente l’utilizzo di pelle che viene dalla distruzione della
foresta amazzonica.

Se non volete correre il rischio di calpestare l’Amazzonia con le vostre scarpe, scrivete anche voi a Geox, Nike, Timberland, Adidas, Reebok e Clark’s

 

 


Febbre suina: unica soluzione diminuire i consumi di carne

Ancora una volta ci troviamo di fronte ad una causa che dipende, solo ed esclusivamente,  dalla crudeltà della specie umana. (madu)

 

 

 

DA: NEIC (Nutrition Ecology International Center)

3 maggio 2009

Febbre suina:  unica soluzione diminuire i consumi di carne


"E’ una patologia da maltrattamento", afferma il Centro Internazionale di Ecologia della Nutrizione.

L’attuale epidemia a rischio pandemia causata dalla "febbre suina",
che la si voglia chiamare "nuova influenza" o altro, fa parte delle
"patologie da maltrattamento", come vengono definite dal NEIC, il
Centro Internazionale di Ecologia della Nutrizione, in quanto si tratta
di una malattia dovuta ai metodi usati negli allevamenti industriali,
che hanno come scopo solo l’altissimo livello produttivo e il profitto
ed ignorano il benessere degli animali.

Secondo la FAO, la
causa di questi problemi è la sempre maggiore commercializzazione e
intensificazione degli allevamenti. Le condizioni di affollamento e
scarsa igiene degli allevamenti intensivi e la mancanza di pratiche
adeguate per lo smaltimento delle deiezioni causano malattie negli
animali, e ne facilitano la rapida diffusione. [1]

Negli ultimi vent’anni sono state varie le epidemie a livello
nazionale e internazionale, tutte nate negli allevamenti industriali e
tutte a rischio di pandemia. Ci sono già stati focolai di febbre suina
in Asia e in Europa, influenza aviaria in Asia, Europa e in tutto il
mondo, la Sars, epidemie di BSE e di Foot and mouth disease, tutte
hanno avuto ampia pubblicità e creato ansia e paura nei consumatori. In
tutti questi casi, un numero enorme di animali è stato macellato –
nella maggior parte dei casi in modo cruento.


I mercati del bestiame sono un ambiente perfetto per la diffusione
delle epidemie. Animali che spesso sono già stressati ed esausti per il
lungo viaggio, si ritrovano a dover affrontare condizioni disagevoli e
un trattamento crudele. Questo abbassa ancora di più la loro già minima
resistenza alle infezioni.  (leggi tutto)

 


Nucleare: La morte invisibile

A proposito della fantastica ed indispensabile Energia Nucleare. (madu)

 

DA: Rinnovabili.it

 

 

LA MORTE INVISIBILE

Diventa sempre più urgente trovare una soluzione definitiva per lo
smaltimento delle scorie radioattive, il cui accumulo negli ultimi
sessant’anni ha compromesso la vita in intere regioni

Lungo le strade nella provincia russa di Čeljabinsk, negli Urali
meridionali, si notano strani cartelli stradali che esortano chi
transita a chiudere finestrini e prese d’aria. Fino al 1991 questi
luoghi erano severamente vietati agli stranieri (in parte lo sono
ancora) ed erano sconosciuti al resto del mondo. Alcune città della
zona non compaiono neppure nelle mappe geografiche perché ufficialmente
non esistono. L’aria, la terra e le acque apparentemente normali della
provincia di Čeljabinsk contengono la morte. Una morte invisibile fatta
di radiazioni.
È qui che sorgono e sono ancora abitati Čelyabinsk-40, Čelyabinsk-65 e
Čelyabinsk-70, i centri segreti russi dove furono installati, dopo la
Seconda Guerra Mondiale, i maggiori complessi nucleari dell’Unione
Sovietica. Čelyabinsk-40, più nota come Mayak, che in russo significa
faro, è considerato il luogo più contaminato della Terra da rifiuti
radioattivi.
Tuttora sede di un impianto per la produzione di plutonio destinato
alla fabbricazione di bombe atomiche, l’area attorno a Mayak dal 1949
al 1967 è stata oggetto di continui e sistematici rilasci di enormi
quantità di radionuclidi (elementi radioattivi) nell’ambiente,
soprattutto nelle acque del fiume Techa e del lago Karachy (ormai non
più potabili e prive di vita), nonostante se ne conoscessero
perfettamente i pericoli.
In tutti questi anni la popolazione della zona, formata perlopiù da
contadini che vivono in condizioni di estrema povertà e ignoranza, è
stata esposta ad una quantità di radiazioni paragonabile a quella
ricevuta dai superstiti di Hiroshima e Nagasaki. Centinaia di migliaia
di uomini, donne e bambini sono morti e continuano a morire per tumori
e malformazioni congenite, nell’indifferenza delle autorità.
La Russia è una bomba nucleare ad orologeria. Nessuno sa con esattezza
qual è la quantità esatta di scorie radioattive disseminate
nell’ambiente in 40 anni di guerra fredda (si parla di parecchie decine
di milioni di metri cubi tra rifiuti liquidi e solidi). Il problema è
particolarmente grave perché le risorse economiche russe sono
insufficienti ad affrontarlo e mancano adeguati controlli a causa dello
scenario di completo caos nell’amministrazione statale, seguito alla
disgregazione dell’Unione Sovietica.
Gli altri Paesi che hanno sviluppato attività e programmi nucleari però
non sorridono. Negli Stati Uniti, esattamente come in Russia, la
gestione dei rifiuti nucleari è stata in mano ai militari fino a
vent’anni fa. Ciò ha comportato l’assenza di una supervisione civile e
pubblica sulle modalità di smaltimento.
Oggi l’eredità della gestione militare americana, non molto attenta
all’ambiente e alla salute dei cittadini, ammonta a 37 milioni di metri
cubi di scorie radioattive disseminate in vari siti, spesso
semplicemente sepolte sotto terra senza alcuna protezione (sono 10 le
principali aree contaminate).  (leggi tutto)

 

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Approfondimenti:

vai al link: http://ki.noblogs.org/post/2008/07/23/lista-incidenti-nucleari