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Cambia fornitore: staccati subito dalle aziende che puntano sul nucleare!

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È VERO CHE IL NUCLEARE ABBASSERÀ I COSTI DELLE BOLLETTE?
No, se teniamo conto degli altissimi costi per la realizzazione di nuove centrali, della manutenzione, dello smaltimento delle scorie e degli impianti contaminati, risulta che il costo finale dell’elettricità farà raddoppiare il costo delle bollette degli italiani. Il Governo sta mentendo al Paese per agevolare i piani nucleari di Enel: saranno infatti i cittadini a pagare il ritorno al nucleare attraverso rincari nelle bollette.

ALLORA IL NUCLEARE NON CONVIENE?
Se qualcun altro ti regala la centrale e si occupa delle scorie a gratis, allora il nucleare conviene. La maggior parte del costo dell’elettricità nucleare dipende infatti dal costo iniziale di costruzione dell’impianto e dai costi di gestione delle scorie per migliaia di anni. Questi costi, così come lo smantellamento delle centrali e la bonifica dei siti contaminati, non sono sostenuti dalle aziende, ma dallo Stato, e dunque dai contribuenti che pagano le tasse.

QUANTO COSTA OGGI UN KILOWATTORA?
All’ingrosso, ossia alla Borsa Elettrica, un kilowattora costa oggi circa 5 centesimi di euro. In bolletta, invece, i consumatori lo paghiamo circa 18 centesimi di euro.

QUANTO COSTA UN KILOWATTORA DA NUCLEARE?
Secondo il Dipartimento dell’Energia Americano (DOE) un nuovo reattore nucleare ordinato oggi e che entrerà in funzione nel 2020 produrrà energia a 7 centesimi di euro per kilowattora, più dell’eolico, del carbone, e del gas. Questo ipotizzando che il costo di costruzione di un reattore sia di 2,3 miliardi di euro per 1000 MW, un’ipotesi che tuttavia non è realistica, se guardiamo agli attuali prezzi di mercato.

E ALLORA QUANTO COSTERÀ EFFETTIVAMENTE L’ELETTRICITÀ DA NUCLEARE?
È una bella domanda. Le ultime stime per un reattore EPR nuovo (come quelli che l’Enel vorrebbe costruire in Italia) indicano fino a 4,8 miliardi di euro per 1000 MW. Se prendiamo questo dato, allora un kilowattora da nucleare costerebbe circa 14 centesimi di euro, tre volte quanto il costo pagato oggi alla Borsa Elettrica.

E ALLORA PERCHÉ IL NUCLEARE IN FRANCIA CONVIENE?
Perché la maggior parte dei reattori francesi sono stati realizzati dallo Stato negli anni ‘60-’70, e dopo quarant’anni i costi sonostati ammortizzati. È come per l’idroelettrico in Italia: le centrali idroelettriche realizzate nel secolo scorso producono oggi l’energia elettrica più economica, ma nessuno si metterebbe a costruire una nuova diga adesso, perché avrebbe costi esorbitanti rispetto a fonti fossili e fonti rinnovabili.

E I COSTI DI SMANTELLAMENTO E GESTIONE DELLE SCORIE RADIOATTIVE?
Nel caso della Gran Bretagna, i costi per la gestione delle scorie hanno prodotto un buco nei conti pubblici di 90 miliardi di euro. In Italia lo smantellamento delle vecchie centrali nucleari costerà circa 4 miliardi di euro che stiamo già pagando in bolletta, attraverso la componente “A2”. Molto probabilmente questi soldi non basteranno, e lo Stato dovrà farsi carico di ulteriori spese. Il nucleare è un pericoloso costo per la collettività: le aziende fanno profitti nell’immediato, mentre i cittadini sosterranno i rischi e i costi delle scorie radioattive nel lungo periodo.

ESISTONO ALTERNATIVE PIÙ CONVENIENTI AL NUCLEARE?
Sì, fonti rinnovabili come eolico, solare, geotermico, biomasse sostenibili, e misure di efficienza energetica sono già oggi disponibili e in grado di fornire tutta l’energia di cui abbiamo bisogno in modo conveniente, pulito, sicuro, e per sempre. Studi di Greenpeace mostrano che in Europa le rinnovabili potranno fornire circa il 90% dell’energia elettrica al 2050.
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SCEGLI AZIENDE NON INTERESSATE AL NUCLEARE
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NoPonte: I soldi del Ponte per la sicurezza del territorio

 

 

 

 

Ponte sullo Stretto subito, dice Berlusconi. Ma perché non utilizzare
il miliardo e trecento milioni di euro attribuito dallo Stato alla
“Stretto di Messina” per mettere in sicurezza il territorio dell’area
dello Stretto?
 

Nella piattaforma della manifestazione contro il Ponte sullo
Stretto dell’otto agosto avevamo messo al primo punto la richiesta di
utilizzare le risorse economiche destinate alla grande infrastruttura

per la messa in sicurezza sismica ed idrogeologica del territorio. Dopo
la tragedia del primo di ottobre, la richiesta è diventata addirittura
ovvia da parte di larga parte dei cittadini.

E’ per questo che dal momento del disastro stiamo assistendo a
continui pronunciamenti finalizzati a giustificare l’impiego di soldi
pubblici per il Ponte anche in presenza di evidenti altre priorità
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I sostenitori del Ponte (ministro Matteoli in testa) sostengono che il
Ponte lo si costruirà con i soldi dei privati e, quindi, non è
possibile utilizzare quelle risorse per la tutela del territorio. «A
dicembre e gennaio – ha confermato Berlusconi- cominceremo la
realizzazione di un’altra infrastruttura fondamentale…il Ponte sullo
Stretto…».

I cantieri che dicono di voler avviare riguardano le opere
collaterali e compensative. Per queste il Cipe ha previsto l’utilizzo
di 1,3 miliardi di euro che dovranno essere stanziati,
a detta del
ministro stesso, di finanziaria in finanziaria. Questi sono soldi
pubblici e non si capisce per quale motivo non potrebbero essere
utilizzati per una grande opera davvero utile per l’area dello Stretto
come la messa in sicurezza del territorio e degli abitanti. Se una casa
non ha servizi e non ha il tetto, si pensa per prima cosa a comprare un
bel biliardo o forse sarebbe meglio pensare ai servizi ed al tetto?

Si tratta solo di una scelta politica. Il ministro ha anche detto
che se le opere propedeutiche al Ponte previste, se fossero state già
realizzate, avrebbero mitigato i danni subiti
a causa delle recenti
frane. Lo ha confermato anche il sottosegretario Urso, che ha
addirittura dichiarato che il Ponte sullo Stretto è importante anche
per la sicurezza del territorio. E per quale motivo nuove strade, nuovi
viadotti, chilometri e chilometri di gallerie in pieno centro
cittadino, una nuova stazione ferroviaria in una delle zone più
abitate, enormi quantità di materiali di scavo da collocare in
discariche dovrebbero ridurre e non aggravare il rischio idrogeologico?
Ma sui soldi dei privati il ministro farebbe bene ad essere più chiaro.

Dovrebbe dire, piuttosto, che sarebbero le banche a raccogliere
il capitale da investire. Ma visto che il Ponte non sarebbe
profittevole, perché anche gli scenari più pessimistici
proposti
dagli advisor sarebbero oggi paradiso (e, infatti, i transiti nello
Stretto sono in calo) chi pagherebbe il crack finanziario? Sarà lo
Stato, cioè i contribuenti, a pagare (come sempre) o saranno i
risparmiatori che avranno acquistato titoli collegati al Ponte che
resteranno col cerino in mano?

 

Fonte: terrelibere.org

 

 


Nucleare: Indietro tutta!

Greenpeace diffonde le ‘mappe nucleari’ per l’Italia

Roma, Italia
Dopo l’appello delle associazioni ambientaliste, si è scatenato un vero e proprio “effetto domino” tra le Regioni per fermare la Legge 99/2009 sul nucleare. Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria e Basilicata hanno fatto ricorso alla Corte Costituzionale.


Oltre a queste, Sardegna e Veneto hanno detto no al nucleare con ordini del giorno o dichiarazioni del presidente. Anche la Sicilia aveva manifestato l’intenzione di impugnare comunque la legge, ma non si ha ancora notizia di una delibera in tal senso.


La delega nucleare al Governo prevista dalla Legge 99/2009 cerca di imporre la localizzazione delle centrali, schiacciando le competenze delle Regioni e ignorando le scelte dei cittadini. Per questo Greenpeace, Legambiente e WWF, con una lettera dell’11 settembre scorso inviata ai Governatori e a tutti gli assessori competenti, hanno chiesto l’impugnazione di fronte alla Corte Costituzionale della norma contenuta nella legge 99/2009.


È evidente come il nucleare trovi un muro quando passa dai proclami al territorio. In totale 11 Regioni, ovvero il 56 per cento del territorio italiano, non vogliono il nucleare sul proprio territorio.


Il Governo deve tener conto di quanto sta succedendo nel Paese e fare marcia indietro rispetto a una prospettiva, quella del nucleare, costosa e insicura, oltre che inutile rispetto ai problemi energetici italiani.

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