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Greenpeace: Vittoria! L’Ue mette al bando il legno illegale

 

 

07 Luglio 2010

International
L’Europa chiude finalmente le porte al legno illegale con una
nuova legge: oggi il Parlamento Europeo ha votato un Regolamento che
metterà al bando il legno di origine illegale da uno dei mercati più
importanti al mondo. Una vittoria per le foreste! 


L’Europa importa enormi volumi di legno illegale prevalentemente da
Paesi che hanno meccanismi di controllo molto deboli e dove imprese
criminali e "mafia del legno" si rendono responsabili di
gravissimi crimini ambientali, frodi a danno dei governi e, in alcuni
casi, finanzia guerre civili.


Questa legge è un segnale di divieto di accesso per tutti i produttori e
commercianti di legno senza scrupoli che finora hanno operato
nei nostri mercati. Finalmente, abbiamo una legislazione che garantisce
un terreno di gioco più giusto e favorevole per tutte le aziende
virtuose e i consumatori che vogliono vendere e comprare, operando
scelte sostenibili.


Oltre al bando sul legno illegale, il regolamento stabilisce rigide
norme
e sanzioni per tutte le aziende che partecipano alla
filiera del legno in Europa. Esso prevede tra l’altro l’obbligo di
garantire la tracciabilità delle merci fino alla singola area geografica
di provenienza e multe ai trasgressori commisurate al danno ambientale
ed economico causato.


Sfortunatamente i Paesi membri si sono opposti alla richiesta di
stabilire un quadro sanzionatorio per tutti i prodotti cartacei (es.
prodotti editoriali prodotti da paesi non Ue) che saranno esentati per
un minimo di cinque anni dagli obblighi previsti dalla legge. Altra
criticità riguarda l’applicazione del regolamento che diventerà
operativo tra due anni. (leggi tutto)

 

Fonte: Greenpeace

 


Le tecnologie più rischiose e con meno benefici? «Il nucleare e gli ogm»

Di tanto in tanto rallentiamo, anzi fermiamoci e regaliamo alla nostra mente momenti di riflessione. (madu)

E’ uno dei risultati più significativi che emergono dal secondo rapporto “La cultura dell’innovazione in Italia”. L’ostilità al nucleare aumenta, per il campione intervistato (fascia d’età 30-44 anni) col grado di istruzione, le condizioni economiche/lavorative, l’integrazione sociale, ed è in crescita rispetto al dato 2009

di Riccardo Mostardini

FIRENZE. «Due aspetti (sono da) sottolineare all’attenzione del mondo politico. Il primo è che questa generazione ha adottato Internet quasi al cento per cento e quindi ben al di là dei limiti ancora forti di connessione in molte zone del Paese. Il secondo è la netta contrarietà al nucleare: il dato non si discosta molto da quello registrato
nell’indagine 2009, ma va tenuto presente che l’ultimo anno ha sancito il ritorno delle centrali nucleari in Italia (per ora sulla carta) accompagnato da una notevole campagna a favore dell’atomo. Il plebiscito di “no” non appare una questione di disinformazione. Anzi, parrebbe il contrario. Le percentuali più alte di contrari corrispondono alle zone più evolute ed informate del Paese. Che spingono invece per un vero piano di energie rinnovabili».

Parole di Riccardo Luna, direttore della rivista “Wired” che, in cooperazione con la fondazione Cotec per l’innovazione tecnologica e con l’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Consiglio nazionale delle ricerche (Irpps-Cnr) di Roma, ha dato alle stampe il secondo Rapporto “La cultura dell’innovazione in Italia”, dalla cui introduzione è tratta la dichiarazione citata in apertura.

Il rapporto, derivante da 4000 interviste (2000 uomini e 2000 donne, metodo “Cati”), investe nelle sue ricerche solo la fascia d’età 30-44 anni, ai cui esponenti sono state rivolte domande riguardo all’approccio tenuto in direzione delle innovazioni di prodotto, di processo e in generale sul rapporto con le nuove tecnologie, comprese le energie rinnovabili, le biotecnologie e gli ogm, la “produzione” energetica da combustione di rifiuti, l’utilizzo dell’energia nucleare. Quella sottoposta ad analisi è ritenuta, si afferma nel rapporto, «un’età molto interessante dal punto di vista della cultura dell’innovazione» e che «offre molti vantaggi in termini di utilizzabilità e confrontabilità territoriale dei dati raccolti perché è piuttosto omogenea al suo interno per quanto riguarda le questioni strettamente connesse ai comportamenti socio-demografici ed anche economici». (leggi tutto)

Fonte: Greenreport


Nestlé, gli oranghi e le foreste.

Ehi, sveglia! Prima di portare alla bocca il tuo delizioso snack vedi cosa è stato distrutto per realizzarlo. (madu)

 

 

Un centinaio di attivisti di Greenpeace travestiti da oranghi, hanno
invaso uffici e stabilimenti di Nestlé in Inghilterra, Germania e Olanda
chiedendo alla multinazionale di non utilizzare olio di palma
proveniente dalla distruzione della foresta indonesiana.
Secondo
l’associazione ambientalista, in prodotti come Kit Kat, la Nestlé
utilizza olio di palma proveniente dalla distruzione delle foreste
torbiere indonesiane, contribuendo, all’estinzione degli ultimi oranghi e
ai cambiamenti climatici.

Nel suo rapporto
Caught Red-Handed: How Nestlé’s Use of Palm Oil is
Having a Devastating Impact on Rainforest, the Climate and Orang-utans
,
Greenpeace presenta le prove dei rapporti commerciali che Nestlè
intrattiene con aziende come Sinar Mas. Sinar Mas è il più grande
produttore di olio di palma in Indonesia e continua a espandere le
proprie piantagioni su foreste torbiere, importantissimi depositi di
carbonio per la stabilizzazione del clima e habitat di importanza
critica per la salvaguardia degli oranghi in estinzione.. (leggi tutto)

 

Fonte: Salva le Foreste