Avatar: un film importante e che dà da pensare?

Riporto questo interessante articolo, tratto dal media web inglese "Guardian" e scritto da George Monbiot sull’ultima opera di James Cameron "Avatar". L’articolo è stato tradotto e riportato dal sito "Terranauta" dedicato all’informazione ecologica . Leggetelo con attenzione perché nel film c’è un sottile filo che lega gli umani agli alieni, più precisamente una chiara metafora sul genocidio  iniziato nel 1492 compiuto dagli europei  sui nativi americani.  (madu)

 

 

“Concordo con i critici sul fatto che Avatar è grossolano,
stucchevole e banale. Ma esso ci parla di una verità più importante — e
più pericolosa — di quelle contenute in mille film indipendenti”.

 

Avatar, lo strepitoso film in 3-D di James Cameron, è
profondo e al tempo stesso profondamente insulso. Profondo perché, come
la maggioranza dei film sugli alieni, è una metafora sul contatto fra
culture diverse. Ma in questo caso la metafora è cosciente e precisa:
questa è la storia dello scontro fra gli Europei e le popolazioni native
dell’America. È anche profondamente insulso perché architettare un
lieto fine richiede un impianto narrativo così stupido e prevedibile da
far perdere di vista il pathos intrinseco del film. La sorte dei
nativi americani
è molto più aderente a quel che la storia racconta
in un altro recente film, The Road, nel quale i sopravvissuti
fuggono in preda al terrore, votati come sono all’estinzione.

Ma
questa è una storia che nessuno vuole sentire, poiché rappresenta la
sfida al modo in cui noi scegliamo di essere noi stessi. L’Europa
è stata massicciamente arricchita dai genocidi nelle Americhe; e
sui genocidi si fondano le nazioni americane. Questa è una storia che
non possiamo accettare.

Nel suo libro American Holocaust,
lo studioso statunitense David Stannard documenta i maggiori
episodi di genocidio di cui il mondo abbia mai avuto conoscenza. Nel
1492, nelle Americhe vivevano all’incirca 100 milioni di nativi. Alla
fine del XIX secolo, quasi tutti erano stati sterminati. Molti di loro
erano morti a causa delle malattie. Ma l’estinzione di massa era stata
accuratamente progettata.

Quando gli Spagnoli
arrivarono nelle Americhe, descrissero un mondo che difficilmente
avrebbe potuto essere più diverso dal loro. L’Europa era devastata dalle
guerre, dall’oppressione, dalla schiavitù, dal fanatismo, dalle
malattie e dalle carestie. Le popolazioni che gli Spagnoli incontrarono
erano sane, ben nutrite, pacifiche (con qualche eccezione come gli
Aztechi e gli Inca), democratiche ed egalitarie. Da un capo all’altro
delle Americhe i primi esploratori, compreso Colombo,
sottolinearono la straordinaria ospitalità dei nativi. I
conquistadores
furono affascinati dalle costruzioni mirabili —
strade, canali, edifici — e alle opere artistiche che trovarono laggiù, e
che in alcuni casi superavano di gran lunga qualsiasi cosa essi
avessero mai visto in patria.

Niente di tutto questo li trattenne
dal distruggere tutto e tutti sul loro cammino.

La mattanza ebbe inizio con Colombo. Fu lui a massacrare la
popolazione di Hispaniola (ora Haiti e Repubblica Dominicana) servendosi
di mezzi incredibilmente brutali. I suoi soldati strappavano i bambini
dalle braccia delle madri e ne spaccavano la testa contro le rocce.
Davano in pasto ai loro cani da guerra bambini vivi. Una volta
impiccarono 13 Indiani in onore di Cristo e dei suoi 12 apostoli, «ad
un patibolo lungo, ma abbastanza basso da permettere alle dita dei
piedi di toccare il terreno evitando lo strangolamento […]. Quando gli
indiani furono appesi, ancora vivi, gli spagnoli misero alla prova la
loro forza e le loro spade, li squarciarono in un solo colpo facendo
fuoriuscire le interiora, e c’era chi faceva di peggio. Poi gettarono
intorno della paglia e li bruciarono vivi»
[cit. da Bartolomé de Las
Casas, History of Indies, trad. e cura di Andree Collard,
Harper&Row, New York 1971, p. 94, in: David E. Stannard, Olocausto
americano. La conquista del Nuovo Mond
o, Bollati Boringhieri 2001,
p. 136 — nota mia].
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Fonte: Guardian.co.uk "Mawkish, maybe. But Avatar is a profound, insightful, important film" – George Monbiot