Monthly Archives: Febbraio 2021

Il vivere nella “società liquida”

.

.

                             Zygmunt Bauman

.

.

Senza riferimenti solidi, con destini imprecisi viviamo in una “società liquida” teoria partorita dalla grande mente di Zygmunt Bauman. Viviamo in una realtà a noi estranea, lontana e tutta da capire. Se si vuole sopravvivere al crollo delle ideologie, dei partiti, delle memorie, delle certezza del diritto. Se non si vuole soccombere alla dominazione dell’individualismo sfrenato, del consumismo e dell’apparire a tutti i costi bisogna dotarsi di nuovi strumenti, di un nuovo spirito critico capace di analizzare chi siamo e la realtà in cui ci muoviamo sempre più dominata dalla tecnologia.

Cos’è dunque questa società liquida?

Il concetto ci viene illustrato in maniera chiara e semplice da Umberto Eco che lo utilizza nel suo libro: “Pape, Satan Aleppe, cronache di una società liquida

“La società liquida inizia a delinearsi con la corrente detta post-moderna, una sorta di traghetto dalla modernità a un presente ancora senza nome. Per Bauman tra le caratteristiche di questo presente in stato nascente si può annoverare la crisi dello Stato (quale libertà decisionale rimane agli stati nazionali di fronte ai poteri delle forze supernazionali?). Scompare un’entità che garantiva ai singoli la possibilità di risolvere in modo omogeneo i problemi del nostro tempo, e con la sua crisi ecco che si sono profilate le crisi delle ideologie, e dunque dei partiti, e in generale di ogni appello a una comunità di valori che permetteva al singolo di sentirsi parte di qualcosa che ne interpretava i bisogni. Con la crisi del concetto di comunità emerge un individualismo sfrenato, dove nessuno è più compagno di strada ma antagonista di ciascuno, da cui guardarsi.

Questo “soggettivismo” ha minato le basi della modernità, l’ha resa fragile, da cui una situazione dove mancando ogni punto di riferimento tutto si dissolve in una sorta di liquidità. Si perde la certezza del diritto e le uniche soluzioni per l’individuo senza punti di riferimento sono da un lato l’apparire a tutti costi, l’apparire come valore e il consumismo. Però si tratta di un consumismo che non mira al possesso di oggetti di desiderio in cui appagarsi, ma che li rende subito obsoleti, e il singolo passa da un consumo all’altro in una sorta di bulimia senza scopo. Crisi delle ideologie e dei partiti: qualcuno ha detto che questi ultimi sono ormai taxi sui quali salgono un capopopolo o un capobastone che controllano dei voti, scegliendoli con disinvoltura a seconda delle opportunità che consentono, e questo rende persino comprensibili e non più scandalosi i voltagabbana. Non solo i singoli, ma la società stessa vive in un continuo processo di precarizzazione. Che cosa si potrà sostituire a questa liquefazione? Non lo sappiamo ancora e questo interregno durerà abbastanza a lungo.

Bauman osserva come (finita la fede di una salvezza proveniente dall’alto, dallo stato o dalla rivoluzione) sia tipico dell’interregno il movimento d’indignazione. Questi movimenti sanno che cosa non vogliono ma non che cosa vogliono. Essi agiscono, ma nessuno sa più quando e in quale direzione. Neppure loro. C’è un modo per sopravvivere alla liquidità? C’è, ed è rendersi appunto conto che si vive in una società liquida che richiede, per essere capita e forse superata, nuovi strumenti. Ma il guaio è che la politica e gran parte dell’intellighenzia non hanno ancora compreso la portata del fenomeno. Bauman rimane così una vox clamantis in deserto.”

.

.

.

.

.

________________________________________________________
Approfondimento

Zygmunt Bauman

Umberto Eco

Pape, Satan Aleppe, cronache di una società liquida (Umberto Eco)

.

.

.

.

 


La lettera di Pupi Avati alla Rai: “Perché non approfittiamo… per provare a far crescere culturalmente il paese?

.

.

.

.

E piango e rido davanti alla televisione come piangono e ridono i vecchi, che è poi come piangono e ridono i bambini, cercando di fare in modo che mia moglie non se ne accorga. Fra i tanti che se ne sono andati un mio amico, Bruno Longhi, grande clarinettista milanese, che il coronavirus ha portato via senza tener conto della sua bravura, di come suonava Memories of you, meglio di Benny Goodman.

E’ il primo periodo della mia vita in cui anziché abbracciare vorrei essere abbracciato. Mi manca persino quella specie di bacio notturno con il quale auguro la buonanotte a mia moglie e che lei giustamente mi ha vietato. Dormo di più la mattina, nel silenzio profondo, cimiteriale di una città morta, appartengo anagraficamente alla categoria di quelli più svelti a morire.

Ma in questo sterminato silenzio, che è sacro e misterioso e che ci fa comprendere la nostra pochezza, la nostra vigliaccheria, ci commuove la consapevolezza dei tanti che stanno mettendo a repentaglio le loro vite per salvarci.

E questo stesso silenzio sarebbe opportuno per i tanti che destituiti di ogni competenza specifica continuano a sproloquiare saltapicchiando da un programma all’altro privi di ogni pudore, di ogni senso del limite. Coloro che con tanta solerzia, con tanta supponenza, ci hanno accompagnato nel corso degli ultimi decenni appartengono al Prima del Coronavirus, quando era possibile il cazzeggio. Ora, se usciremo da questa esperienza, dovremo farne tesoro, dovremo trovare un senso a quello che è accaduto, soccorrendo le tante famiglie di chi ha pagato con la vita, aiutando a superare le difficoltà enormi, spesso insormontabili, nelle quali si troveranno i più, impegnandoci tutti a sostituire il dire con il fare, come accadde dopo la liberazione.

Quello che provo somiglia a quando al cinematografo negli anni cinquanta si rompeva la pellicola e accadeva che venivi scaraventato fuori da quella storia che era stata capace di sottrarti allo squallore del tuo quotidiano. Rottura accolta da un boato di delusione simultaneo all’accensione improvvisa di luci fastidiose. Me ne restavo seduto, stretto in me stesso, cercando di tenermi dentro il film, “ dimmi quando ricomincia“ dicevo a mia madre tenendo gli occhi chiusi e pregando perché quelli su in cabina si sbrigassero a riattaccare la pellicola. Perché fossi restituito al più presto a quel magico altrove. Ecco questo tempo che sto vivendo che non somiglia a niente, è un pezzo della mia vita che vivo con gli occhi chiusi, in attesa di poterli riaprire.

E quel mondo che si sta allontanando, che non tornerà più ad esserci, che non piaceva a nessuno, del quale tutti si lamentavano, eppure temo che di quel mondo proveremo una crescente nostalgia.

E allora mi chiedo perché in questo tempo sospeso, fra il reale e l’irreale, come in assenza di gravità, i media e soprattutto la televisione e soprattutto la Rai, in un momento in cui il Dio Mercato al quale dobbiamo la generale acquiescenza alll’Auditel, non approfitti di questa tregua sabbatica di settimane, di mesi, per sconvolgere totalmente i suoi palinsesti dando al paese l’opportunità di crescere culturalmente.

Perché non si sconvolgono i palinsesti programmando finalmente i grandi film, i grandi concerti di musica classica, di jazz, di pop, i documentari sulla vita e le opere dei grandi pittori, dei grandi scultori, dei grandi architetti, la lettura dei testi dei grandi scrittori, la prosa, la poesia, la danza, insomma perché non diamo la possibilità a milioni di utenti di scoprire che c’è altro, al di là dello sterile cicaleccio dei salotti frequentati da vip o dai soliti opinionisti.

Perché non proporre quel tipo di programmazione che fa rizzare i capelli ai pubblicitari! Perché non approfittiamo di questa così speciale opportunità per provare a far crescere culturalmente il paese stravolgendo davvero i vecchi parametri, contando sull’effetto terapeutico della bellezza? Il mio appello va al presidente, al direttore generale, al Consiglio di amministrazione della Rai affinché mettano mano a un progetto così ambizioso e tuttavia così economico.

Progetto che ci faccia trovare, quando in cabina finalmente saranno stati in grado di aggiustare la pellicola, migliori, più consapevoli di come eravamo quando all’improvviso si interruppe la proiezione. E potremo allora riaprire gli occhi.”

.

Pupi Avati

.

.

.

.

________________________________________________________
Approfondimento

Pupi Avati

Filmografia di Pupi Avati

.

.

.

.