Bavaglio alle Regioni per le centrali nucleari

Interessante articolo sul decreto nucleare. Firmiamo la petizione, riportata nell’articolo e lanciata da Greenpeace! (madu)

Addio alle fonti rinnovabili: tutti i soldi andranno lì. Giro d’affari gigantesco al quale Comuni e Province con l’acqua alla gola non rinunceranno anche se “denuclearizzate”

di Salvatore Giannella

11-02-2010

Può aver compiuto un passo falso, ieri 10 febbraio, il governo di centrodestra che si riempie ogni giorno a parole di federalismo e di sovranità popolare e poi vara un decreto nucleare centralista, vago e contro la maggioranza del popolo italiano, incluso quel “popolo delle partite Iva” che è alla base del suo successo elettorale. Si tratta di un decreto che:

  1. mette un bavaglio alle regioni in cui saranno imposti i siti nucleari;
  2. tace sui nomi delle regioni destinate ad accogliere i siti e le scorie radioattive per secoli, per paura di vedere influenzati negativamente i risultati delle elezioni regionali. Paura legittima, visto che gli italiani, non solo con il referendum del 1987, ma anche dopo, si sono dichiarati contrari e visto che il nucleare al nostro Paese non conviene sotto nessun aspetto perché è una tecnologia vecchia, dannosa per l’ambiente e la salute e insostenibile dal punto di vista economico. Per questo Greenpeace ha aperto una petizione. In soli tre giorni, già 12mila cittadini hanno firmato per chiedere ai loro candidati alle regionali di schierarsi contro il nucleare sul sito www.nuclearlifestyle.it
  3. non dice nulla su quante centrali sono programmate con quanta energia c’è da aspettarsi e a quali costi. L’Italia, avverte una nota di Greenpeace, usa le cifre che Enel presenta alle conferenze stampa invece di informarsi su quelle che il costruttore francese presenta alle gare d’appalto: negli Emirati Arabi il gruppo guidato dalla francese Areva ha offerto 4 reattori EPR come al nostro orizzonte a un costo di 6,5 miliardi di euro l’uno mentre in Italia la propaganda parla di 4 miliardi;
  4. sorvola sui sistemi di sicurezza collegati alle centrali (su questa specifica voce le agenzie di sicurezza di tre Paesi, Francia inclusa, hanno pubblicamente dichiarato non sicuro il sistema di emergenza dell’EPR lo scorso ottobre).

Si tratta di un decreto che, in assenza di un piano con dati certi e non propagandisti, può far aumentare il senso di demotivazione della maggioranza degli italiani. Di quell’altra Italia che, invece, spesso in un totale silenzio mediatico (a differenza del clamore mediatico pro-atomo) ha detto sì al cambiamento nel settore energetico investendo, in linea con gli altri Paesi industrializzati come la Germania, risorse e intelligenze verso il risparmio e una maggiore efficienza energetica e verso le fonti rinnovabili di energia.  (leggi tutto)