7 modi segreti con cui ci stanno avvelenando
Articolo tradotto da Ivan Ingrillì
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Secret Ways We Are Being Poisoned
Activist Post
"L'informazione è potere! L'informazione deve essere libera!"
Articolo tradotto da Ivan Ingrillì
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Secret Ways We Are Being Poisoned
Activist Post
L’Adnkronos del 20 luglio registra:
In Trentino una giovane donna poco dopo il parto si è vista sottrarre il
figlio appena nato, in esecuzione di una procedura di adottabilità,
perché ha un reddito di 500 euro al mese. Il caso è stato reso noto oggi
dallo psicologo e psicoterapeuta Giuseppe Raspadori, consulente tecnico
di parte del tribunale di Trento, il quale, in una conferenza stampa,
si è espresso in maniera molto critica nei confronti dei criteri con i
quali i giudici dei minori applicano la sospensione della potestà
genitoriale.
Il testo è chiaro, ma merita un commento, anche perché la grande
stampa e i media l’hanno sottovalutato, dando invece rilievo – anche
critico, se si vuole – a un fatto, che appare emblematico al confronto,
all’offerta cioè di una cattedra fatta da don Verzè alla figlia di
Berlusconi appena laureata (laurea triennale, si badi).
Questione di giustizia, ma anche di qualcosa di più. Non solo
iniquità di genere, a danno di una partoriente. Non solo disconoscimento
di ciò che si blatera sulla famiglia, che è tale anche quando la madre è
sola. Non solo rimozione dei diritti del bambino, che debbono essere
tutelati a partire da quello di non essere strappato a una madre che
evidentemente lo voleva e non ha abortito. Qui si fa legge della “logica
di sistema” che avanza nella vita sociale del nostro paese e a cui
dobbiamo opporre ogni resistenza: 500 euro di reddito mensile sono
ritenuti “giusta causa” per togliere un bambino alla madre e darlo in
adozione. Stiano attenti, se hanno figli, i cassintegrati, i licenziati e
quella famiglia ogni cinque che – dice la Svimez – non ha i mezzi per
curarsi.
Bisogna ringraziare lo psicologo consulente del tribunale dei minori
che ha denunciato il fatto, che gli era apparso ancor più grave perché
la decisione fu presa senza interpellare la donna, che non era una
“tossica” né aveva altre pendenze a carico. Lo scandalo appare tanto più
grave quando si viene a sapere che le istanze della madre hanno
prodotto un incontro con il giudice, il quale ha deciso di avviare una
perizia sulle “capacita” genitoriali della madre.
Una beffa, perché in questo modo la ragazza, cui è stato sottratto il
diritto di essere madre dal primo momento, rivedrà il proprio figlio
solo dopo otto mesi, con buona pace della fase primaria
dell’attaccamento e della giustizia per il minore. (leggi tutto)
Fonte: Domani Arcoiris
Liberi! Gli eritrei di Brak rilasciati dopo 17 giorni di prigionia.
MILANO – Finalmente liberi! I 205 eritrei detenuti a Brak dopo la
rivolta di Misratah del 29 giugno, sono tornati in liberta’. Una volta
tanto Gheddafi e’ stato di parola. A mezzanotte di ieri sono stati
trasportati nel centro di detenzione di Sebha, dove questa mattina sono
stati rilasciati con un documento d’identita’ valido in tutta la Libia,
della durata di 3 mesi. Li abbiamo raggiunti telefonicamente, in questo
momento stanno bene, ma sono ancora a Sebha. E si’ perche’ anche se
liberi, nessun autista finora ha accettato di prenderli a bordo. E chi
e’ riuscito a convincere i taxisti si e’ visto fermare ai posti di
blocco fuori citta’ ed e’ stato fatto tornare indietro. Probabilmente ci
vorra’ qualche giorno prima che la comunicazione arrivi alle autorita’
competenti. Intanto pero’ l’OIM, l’UNHCR e il CIR a Tripoli sono stati
informati della situazione e speriamo trovino una soluzione a breve.
L’altro
problema e’ che il documento di soggiorno scade fra tre mesi. In teoria
lo possono rinnovare trovando un contratto di lavoro e rinnovando il
visto su un passaporto, cosi’ e’ stato detto loro, ma il passaporto non
possono certo andarlo a ritirare all’ambasciata eritrea a Tripoli.
Infatti, molti sono disertori dell’esercito e presentandosi alle
autorita’ consolari, rischiano di mettere a repentaglio i familiari
rimasti in Eritrea. Inoltre chi di loro e’ gia’ registrato presso
l’ufficio rifugiati dell’Onu a Tripoli non ha piu’ speranze, dato che la
Libia non avendo mai firmato la Convenzione di Ginevra non riconosce
l’asilo politico a queste persone. Insomma il problema e’ solo rimandato
di tre mesi. Se l’Italia e l’Europa non accolgono queste persone prima
di tre mesi, il documento temporaneo che oggi hanno avuto scadra’ e di
nuovo rischieranno di essere arrestati e rimpatriati.
(leggi tutto)
Fonte: Fortress Europe